Quest'intervista esce in contemporanea (o quasi !) su Nocturnia e su TrueFantasy
Desidero ringraziare tre persone: la prima è lo scrittore italo americano. Paul si è dimostrato una persona di una simpatia e di una gentilezza rara, di quelle che è un vero piacere conoscere e non lo sto dicendo tanto per dire. Di Filippo ha reso ancora più preziosa questa conversazione grazie al suo umorismo e ci tengo a sottolineare anche la sua ecletticità.
La seconda persona è l'appassionato siciliano Alessandro Iascy , il blogmaster di TrueFantasy, che mi ha messo in contatto con lo scrittore.
E la terza è la mia compagna di vita Venusia, che con la sua pazienza ha revisionato alcuni punti della traduzione dall'inglese all'italiano.
Eventuali errori sono però imputabili solo alla mia persona.
Ci sarebbe però un ultimo ringraziamento che intendo fare.
Cioè a tutti voi lettori di questo blog!
Senza di voi Nocturnia non esisterebbe.
Questo sarà l'ultimo post del 2015 il blog si ferma per Natale . Ci rivediamo nel 2016!
Buona lettura!!! Attendo i vostri commenti!
(For english version, please scroll down )
Nick: Benvenuto su Nocturnia, Paul è grazie per aver accettato questa intervista.
Paul Di Filippo: Sono molto felice di questa conversazione, e mi auguro di potermi fare tanti nuovi amici nel mio secondo paese preferito ( dopo gli Stati Uniti ovviamente) l'Italia!
Nick: Come prima domanda ti chiedo di raccontarci dei tuoi inizi e del momento in cui hai deciso di diventare uno scrittore.
Paul Di Filippo: Quando ho terminato gli studi alla High School (1) avevo diciassette anni, ed ero già pieno di sogni sul diventare uno scrittore di fantascienza, perché avevo scritto saggi divertenti e parodie per il giornale della mia scuola. Certo, mi piaceva leggere libri più di ogni altra cosa, un requisito necessario, credo. Così ho ritardato l'iscrizione al college, e ha deciso di andare fuori in qualche posto esotico, come avevano fatto Jack London o Herman Melville. Ma non ero così coraggioso da immaginare il trasferimento in un paese straniero, così ho scelto le Hawaii! Sempre negli Stati Uniti, ma opportunamente "straniere" Mi sono trasferito lì con una valigia piena di libri e di pochi vestiti, e la mia macchina da scrivere portatile. Inutile dire che non ero pronto per una tale ambiziosa carriera. Non ero prodigio come Chip Delany! Dopo un mezzo anno in cui non ero riuscito a scrivere nulla di consequenziale, sono tornato di nuovo a casa nel Rhode Island e mi sono iscritto al college. Dopo aver lasciato l'università, ho trovato un lavoro come programmatore. Dopo alcuni anni di questa vita, ho realizzato che dovevo perseguire il mio sogno di scrittore fino a quel momento sempre ritardato, era arrivato il momento dell' ora o mai più. Questo avveniva nel 1982 (anche se non ho davvero iniziato a vendere fino a tre anni dopo). Ho lasciato il mio lavoro, mi sono immerso dentro, e non mi sono mai guardato indietro preso dai rimpianti da allora!
Nick: Sei nato nel Rhode Island e vivi a Providence, questo nella mente di molti fa nascere associazioni con Lovecraft, uno scrittore sicuramente molto diverso da te, di cui però dimostri di apprezzare l'influenza e l'eredità letteraria. Cosa apprezzai in particolare della sua narrativa e quanto (se Lo ha fatto ) ritieni ti abbia influenzato?
Di Filippo: Ho scoperto gli scritti di HPL al liceo, perché all'epoca vennero ristampati in edizione brossurata da Ballantine, e li ho divorati tutti. Mi è piaciuto tutto, ma non pensavo di basare miei scritti su Lovecraft. Ho apprezzato anche molti altri generi e stili per pensare di concentrarmi su uno solo tra questi. Questo è un fondamento della mia carriera ancora ancora vero anche oggi! Quando ho cominciato a visitare Providence e quando poi mi ci sono trasferito, ho iniziato ad assaporare le pietre di paragone fisiche della sua vita. Appena ho iniziato a scrivere professionalmente, ho così aggiunto piccoli riferimenti su HPL, all'interno di alcune delle mie storie ma non ho mai effettuato un omaggio in piena regola. Recentemente, in occasione della NecronomiCon, la meravigliosa convention locale, ho riletto molto del suo lavoro per la prima volta da decenni, e sono stato sorpreso di scoprire quanto bene avevano contenuto e accompagnato il mio entusiasmo adolescenziale. Forse sono finalmente pronto per la mia storia tributo a HPL!
Nick: Più in generale, quali sono stati gli scrittori che ti hanno maggiormente influenzato come lettore prima ancora che come scrittore ( sbaglio se dico che mi sembra di notare influenze di Ballard, Malzberg e di Farmer?) e cosa ti ha avvicinato alla fantascienza e alla narrativa fantastica in generale?
Di Filippo: *Quei tre scrittori che hai nominato mi hanno influenzato moltissimo. Permettimi di darti alcuni paragrafi che ho recentemente usato per iniziare una recensione di A. Bertram Chandler.
Nel 1985, all'età di trent'anni, ho deciso di aprire un database di tutti i libri che possedevo. Avevo appena intrapreso il mio sogno di diventare uno scrittore professionista di fantascienza. Penso che forse quella transizione avesse costituito un motivo inconscio per la valutazione e la catalogazione della mia biblioteca. Ma la ragione principale di cui ho ricordo era che così potevo portare in giro una stampa dei libri in mio possesso quando andavo a fare acquisti in modo da evitare di comprare tanti duplicati maledetti di titoli dimenticati che possedevo, ma non avevo letto e che non ricordavo. A quel tempo, i miei libri, forse 2000 o giù di lì, furono infatti suddivisi sulle mensole in letti e da leggere. Non avevo un sofisticato software per l'indicizzazione, 1985, ricordi? -quindi Ho semplicemente iniziato prendendo i libri e digitando i loro dati in un file di word-processing, catalogando manualmente in ordine alfabetico autore per autore.
Per qualche motivo, ho deciso di fare due file separati: letti e non letti. Avrei potuto catalogare per titoli, ma non l'ho fatto.
Ora i numeri della mia biblioteca contano circa 14.000 libri, e io continuo a registrare i dati di ogni nuova voce.
Col senno di poi, sono felice di aver diviso le mie proprietà libresche in due categorie, perché uno di questi file rappresenta un'istantanea risalente al 1985 di tutto ciò che avevo acquistato e letto nel periodo intercorrente tra i miei circa dodici anni fino almeno ai trenta anni. La roba formativa, prima del tentativo di diventare un professionista. Vedo vaste fasce di Van Vogt, Ellison, Asimov, Moorcock, Philip K Dick, James Graham Ballard, Simak, Heinlein, Andre Norton, Poul Anderson, Gordon Dickson, Brian Aldiss, e tanti altri titani del settore, molti dei quali divorati da adolescente, quando il tempo di leggere sembrava infinito.*
Nick: Leggendo le tue opere si nota che una costante della tua narrativa è da un lato il profondo eclettismo (sei stato associato sia allo steampunk che al cyberpunk) dall'altro dal rifiuto costante dell'appartenenza ad un unico genere letterario: la tua fantascienza, la tua narrativa è un misto di diversi generi (ucronia; steampunk; cyberpunk; weird ....), che unisci con una robusta dose di satira, di aspirazione all'utopia e di umorismo nero. E' una ricostruzione sbagliata la mia?
Di Filippo: Questo è molto vero. Io sono una"farfalla letteraria", svolazzante da un fiore all'altro. semplicemente adoro così tanti tipi diversi di fantascienza che non riesco a scegliere una qualsiasi singolo tipo. Mi annoierei !
Ma penso che questo eclettismo preveda interessanti ibridi e fusioni. Dobbiamo mescolare i genomi letterari in modo da non sviluppare individui malaticci e prose deboli di mente a causa della consanguineità! Tuttavia, i lettori spesso adorano stereotipare un autore (o un attore o un musicista o pittore o politico) e si aspettano solo la singola cosa coerente da loro, restandone delusi quando le aspettative non sono soddisfatte. Quindi forse ho sabotato la mia carriera, proprio quando avrei potuto essere il prossimo George RR Martin
Di Filippo: Questo è molto vero. Io sono una"farfalla letteraria", svolazzante da un fiore all'altro. semplicemente adoro così tanti tipi diversi di fantascienza che non riesco a scegliere una qualsiasi singolo tipo. Mi annoierei !
Ma penso che questo eclettismo preveda interessanti ibridi e fusioni. Dobbiamo mescolare i genomi letterari in modo da non sviluppare individui malaticci e prose deboli di mente a causa della consanguineità! Tuttavia, i lettori spesso adorano stereotipare un autore (o un attore o un musicista o pittore o politico) e si aspettano solo la singola cosa coerente da loro, restandone delusi quando le aspettative non sono soddisfatte. Quindi forse ho sabotato la mia carriera, proprio quando avrei potuto essere il prossimo George RR Martin
Nick: Una seconda costante della tua produzione letterarie è quella delle raccolte tematiche . The Steampunk Trilogy (1995) esplora l'epoca vittoriana; Neutrino Drag (2004) la fantascienza umoristica; mentre invece Ribofunk (1996) è una variante del Cyberpunk basata sulla biologia; così come Strange Trades (2001) rappresenta una critica al capitalismo. E'stata una tua scelta cosciente questa? E se si cosa ti affascina delle collezioni tematiche?
Di Filippo: Sì, le miei prime raccolte di racconti furono deliberatamente assemblate in maniera tematica. Quando ho trovato il mio primo editore specializzato in libri, Four Walls Eight Windows, mi sono ritrovato con un grosso arretrato di racconti non-ristampati che ho potuto utilizzare in questo modo. Forse perché non avevo prodotto molti romanzi, mi sono servite come opere semi-unificate che assomigliavano a un romanzo. Ma le mie nuovissime collezioni contengono campioni delle mie numerose voci, fuori dalla necessità, forse, dal momento che non lascio passare molto tempo tra le collezioni, nelle quali posso produrre un volume di valore con i pezzi tematicamente collegati.
Penso che una collezione tematica si distingua meglio nella memoria del lettore, e magari crei un impressione più forte e renda la lettura un'esperienza leggermente più divertente rispetto a una raccolta comunque meravigliosa ma disomogenea. Forse il mio mentore in questo campo è stato Harlan Ellison con volumi come le Deathbird Stories
Nick: Una Terza costante è l'uso che fai dei personaggi; in molti casi ti piace utilizzare come personaggi degli scrittori famosi (l'antologia Lost Pages del 1998) in altri casi impieghi personaggi creati da altri (come Solomon Kane nel racconto "Fenomeni Osservabili" nella raccolta L'Imperatore di Gondwana). Quanto ti affascina plasmare personaggi già esistiti o creati da altri?
Di Filippo: Spero che il mio utilizzo di personaggi reali e personaggi di fantasia creato da altri trascenda la mera "fan fiction" e si avvicini al livello di un Alan Moore. Spero anche che non sia un modo pigro di prendere in prestito la magia creata da altri scrittori. Ma se la narrativa, soprattutto narrativa di genere - è davvero un grande dialogo culturale, come qualcuno ha ipotizzato, allora io sto semplicemente utilizzando le invenzioni di altri come piattaforme di lancio da cui partire per offrire le mie percezioni e valutazioni e pensieri su questioni inizialmente sollevate da tali eroi come ho fatto con Solomon Kane, e da figure pubbliche come ho fatto con Anna Frank, nella mia storia "Anne."
Di Filippo: Sì, le miei prime raccolte di racconti furono deliberatamente assemblate in maniera tematica. Quando ho trovato il mio primo editore specializzato in libri, Four Walls Eight Windows, mi sono ritrovato con un grosso arretrato di racconti non-ristampati che ho potuto utilizzare in questo modo. Forse perché non avevo prodotto molti romanzi, mi sono servite come opere semi-unificate che assomigliavano a un romanzo. Ma le mie nuovissime collezioni contengono campioni delle mie numerose voci, fuori dalla necessità, forse, dal momento che non lascio passare molto tempo tra le collezioni, nelle quali posso produrre un volume di valore con i pezzi tematicamente collegati.
Penso che una collezione tematica si distingua meglio nella memoria del lettore, e magari crei un impressione più forte e renda la lettura un'esperienza leggermente più divertente rispetto a una raccolta comunque meravigliosa ma disomogenea. Forse il mio mentore in questo campo è stato Harlan Ellison con volumi come le Deathbird Stories
Di Filippo: Spero che il mio utilizzo di personaggi reali e personaggi di fantasia creato da altri trascenda la mera "fan fiction" e si avvicini al livello di un Alan Moore. Spero anche che non sia un modo pigro di prendere in prestito la magia creata da altri scrittori. Ma se la narrativa, soprattutto narrativa di genere - è davvero un grande dialogo culturale, come qualcuno ha ipotizzato, allora io sto semplicemente utilizzando le invenzioni di altri come piattaforme di lancio da cui partire per offrire le mie percezioni e valutazioni e pensieri su questioni inizialmente sollevate da tali eroi come ho fatto con Solomon Kane, e da figure pubbliche come ho fatto con Anna Frank, nella mia storia "Anne."
Nick: Invece quando crei invece personaggi tuoi, si ha come l'impressione che tu ti diverta invece a maltrattarli. Per la seconda volta ti chiedo se è una ricostruzione sbagliata la mia?
Di Filippo: Beh, l'essenza di ogni narrazione coinvolgente, il motore che guida le nostre storie più primordiali, sembra essere conflitto, difficoltà, miseria e le sfide! Come ha detto recentemente Umberto Eco, "La narrativa dovrebbe parlare dei perdenti!" Detto questo, penso che sia molto meno dura per i miei personaggi rispetto a quelli di molti altri scrittori. Prova ad immaginare a immaginare cosa debba essere vivere in un libro di Stephen King! Sono fondamentalmente una persona ottimista e felice, così cerco di dare ai miei protagonisti un finale e un destino ottimista, anche se prima di arrivarci devono passare attraverso l'inferno !
Di Filippo: Beh, l'essenza di ogni narrazione coinvolgente, il motore che guida le nostre storie più primordiali, sembra essere conflitto, difficoltà, miseria e le sfide! Come ha detto recentemente Umberto Eco, "La narrativa dovrebbe parlare dei perdenti!" Detto questo, penso che sia molto meno dura per i miei personaggi rispetto a quelli di molti altri scrittori. Prova ad immaginare a immaginare cosa debba essere vivere in un libro di Stephen King! Sono fondamentalmente una persona ottimista e felice, così cerco di dare ai miei protagonisti un finale e un destino ottimista, anche se prima di arrivarci devono passare attraverso l'inferno !
Nick: Torniamo ai tuoi inizi come scrittore: Nel 1985 vendi i tuoi primi racconti "Rescuing Andy" a T.E.D Klein per la rivista Twilight Zone e "Stone Lives" ad Ed Ferman per Fantasy & Science Fiction . Ti chiedo quindi di tornare alla memoria a quei giorni e descriverci le sensazioni che hai provato quando hai visto i due racconti venduti e pubblicati.
Di Filippo: Provai immenso orgoglio e gioia, e una stretta fragile sulle realtà editoriali. All'epoca pensai che il mio cammino verso la fama e fortuna fosse ormai ben consolidato grazie a queste due storie molto ben accolte. Sicuramente i grandi editori mi avrebbero buttare soldi a ceste. Ahimè, dopo 30 anni,, tendo a credere, di aver compiuto un sacco di lavoro prezioso, ma senza raggiungere una vera stabilità economica. Ma alla fine, chi se ne frega! Quei sogni giovanili rimangono la stella polare che mi guida !
Di Filippo: Provai immenso orgoglio e gioia, e una stretta fragile sulle realtà editoriali. All'epoca pensai che il mio cammino verso la fama e fortuna fosse ormai ben consolidato grazie a queste due storie molto ben accolte. Sicuramente i grandi editori mi avrebbero buttare soldi a ceste. Ahimè, dopo 30 anni,, tendo a credere, di aver compiuto un sacco di lavoro prezioso, ma senza raggiungere una vera stabilità economica. Ma alla fine, chi se ne frega! Quei sogni giovanili rimangono la stella polare che mi guida !
Nick: Dieci anni dopo. nel 1995 arriva " La Trilogia Steampunk". (Se non erro sei stato uno dei primi ad utilizzare la parola "steampunk" in un titolo, giusto?) Con questa tua opera hai contribuito a portare al successo il genere creato da Blaylock; Powers e K.W Jeter. All'epoca immaginavi che sarebbe diventato quel fenomeno di moda che è oggi? E più in generale cosa apprezzi e cosa non apprezzi nello steampunk?
Di Filippo: Non avevo idea del futuro dello steampunk quando ho impiegato il termine come parte del titolo, ed effettivamente, si tratta della prima volta che se ne faceva un tale uso. Essendo io un appassionato di storia e di romanzi storici, ho solo pensato di essere davanti ad una nicchia più fruttifera che la fantascienza e fantasy avrebbero potuto colonizzare. Ora, naturalmente, la prosa steampunk è diventata la coda di un immenso cane fatto di cosplay, musica, fabbricanti di berretti, e arte visuale. Sono molto orgoglioso di aver fatto parte delle radici di questo fenomeno inarrestabile. L'età vittoriana continua a fare i miracoli e impartire lezioni a tutti noi.
Nick: Come dicevamo però Sei stato associato anche al cyberpunk, dal momento che il tuo racconto "Stone Lives" è apparso anche su Mirrorshades. A distanza di anni qual'è la tua opinione sul cyberpunk: è stata una rivoluzione ormai compiuta oppure il genere ha ancora qualcosa da dire?
Di Filippo: Il Cyberpunk è stato uno dei movimenti più importanti e produttivi della fantascienza moderna, e sono orgoglioso di averne fatto parte. Io uso ancora le tecniche e gli insegnamenti del cyberpunk nei miei scritti oggi, sia pure in forme più sofisticate. Il cyberpunk ha fatto un ottimo lavoro per comprendere e raffigurare il mondo in cui oggi viviamo. Tutti i successivi movimenti del settore da allora sono sembrati un po forzati, limitati e artificiali. Il cyberpunk potrebbe essere considerato come l'ultima grande ed autentica, tendenza unificante della SF, dato che il settore è ora troppo frammentato perché una qualsiasi cosa possa comprenderlo e attraversarlo in tutte le sue parti.
Nick: Un 'altra tua antologia molto importante è "Ribofunk", uscita nel 1996 n cui dai la sensazione di distaccarti un po dalle atmosfere e dalle tematiche del cyberpunk. Possiamo dire che "Ribofunk" sia un po la tua risposta ad alcuni limiti o difetti della visione artistica del cyberpunk? E sopratutto ti va di parlare ai tuoi lettori italiani di come sono nati sia il termine che l'antologia?
Di Filippo: Sì, nel bel mezzo del massimo splendore del cyberpunk, ho cominciato a notare che veniva posta troppa enfasi sul silicio, e non abbastanza sui sistemi organici. Ho messo insieme un manifesto di massima sul futuro dell'ingegneria genetica nella narrativa, che ho spedito in giro e che all'epoca è stato pubblicato in un paio di zines. Poi, dopo aver aperto la mia enorme boccaccia, ho dovuto creare alcune buone storie che potessero giustificare la mia ideologia programmatica! Ho scritto le storie a intervalli casuali senza grandi globali"archi narrativi". Poi, quando ho avuto abbastanza materiale per un libro, io li ho raccolti. Uno o due racconti, pubblicati successivamente a quella raccolta, rimangono al di fuori del volume, e dovrebbero essere incorporati in una nuova edizione. In sostanza, il mio obiettivo era quello di mostrare come gli esseri umani e tutte le forme di vita organiche sono il più grande esempio di tecnologia che si possa immaginare, al di là di qualsiasi cosa meccanica.
Di Filippo: Probabilmente tendo a delineare di più per le opere più lunghe. Ma il processo di scrittura giorno per giorno rimane la stesso. Provo a realizzare 500-1000 buone parole che non dovrò buttare via il giorno dopo, per far avanzare la storia secondo la mia visione. Per quanto riguarda l'ispirazione, la trovo dappertutto, dai libri e dalla vita al tempo stesso. Ad esempio, un giorno stavo camminando attraverso il campus della nostra locale Università, la Brown University, e ho visto delle matricole alla giornata di orientamento sul prato a giocare al gioco del Twister, come parte dei riti ufficiali di accoglienza. Mi sono detto, "Ma questo è un asilo o un istituto superiore?"
In quel momento, ho ideato un romanzo per una storia alternativa in cui il mondo del 2015 sarebbe stato molto differente.
L'ispirazione è ovunque, basta rimanere di mentalità aperta, ed essere attenti e curiosi.
Nick: Recentemente hai dato il via ad una collaborazione con lo scrittore italiano Claudio Chillemi. Il primi due frutti di questa collaborazione , cioè i racconti"The Via Panisperna Boys in 'Operation Harmony" è "The Horror at Gancio Rosso" sono stati pubblicati sia negli Usa che in Italia ( il primo sull'edizione americana e poi in quella italiana di F& SF ed il secondo per la Acheron ) Sono molto incuriosito da questa collaborazione. Ci puoi raccontare com'è nata, come si è sviluppata, e qualche aneddoto sulla scelta dei protagonisti dei rispettivi racconti (Ettore Majorana e Joe Petrosino) ?
Di Filippo: Sono stato molto fortunato ad essere invitato alla STICCON nel 2012, dove ho fatto la conoscenza di Claudio e di tanti altri meravigliosi amici italiani. Claudio ed io ci siamo trovati subito reciprocamente simpatici (2), e quando poi lui ha suggerito che collaborassimo, ero ansioso di farlo. In entrambi i casi, Claudio ha fornito i personaggi e concetti originali, che io ho elaborato. Ad esempio, io conoscevo Majorana, ma non sapevo nulla di Petrosino prima delle grandi idee di Claudio.
Di Filippo: Uno dei libri maggiormente fondamentali che abbia letto da adolescente è stato In Search of Wonder di Damon Knight. Fu allora che mi resi conto che l'analisi percettiva della letteratura che amavo avrebbe potuto contribuire a migliorarla. Poi, dopo Knight, ho scoperto i saggi di James Blish. Da allora ho dedicato buona parte del mio tempo e delle mie energie per cercare di portare avanti i loro progetti di critica della SF dal punto di vista di un insider innamorato che vuole solo vedere il genere migliorare sempre di più. Penso che tale lavoro sia essenziale per ogni reale progresso.
Nick: molti critici la fantascienza sarebbe un genere ormai morto: tu cosa diresti a loro per convincerli del contrario? E più in generale che futuro e quali sfide attendono ancora la fantascienza?
Di Filippo: La fantascienza è stato spinta verso la parte bassa delle vendite e del successo di pubblico a causa della popolarità di produzioni fantasy, come i romanzi di George RR Martin. Ma rimane l'unica borsa degli strumenti che abbiamo per anticipare il futuro e per immaginare modi alternativi di vita che potrebbero un giorno effettivamente posti in essere. E' un valore inestimabile ed anche divertente in un modo che la pura fantasy non può corrispondere, dal momento che il lettore può credere leggendo, "io o i miei figli un giorno potremmo abitare in un tale regno." Però voi non potrete mai vivere nella Terra di Mezzo, mentre si potrebbe verificare la stessa situazione vissuta dall'eroe di The Martian.
Di Filippo: Devo completare diverse opere brevi entro la fine dell'anno, tra cui il mio primo racconto che coinvolge Sherlock Holmes. Poi, come esempio del mio comportamento "a farfalla", potrei tentare di scrivere un romanzo giallo, chiamato Big-Get Even. Qualcosa sulla falsariga di un libro di Donald Westlake, in parte divertente,in parte serio.
Note:
(2) In originale Paul utilizza la parola italiana " simpatico"
ADDENDUM DEL 16/12/2015: la mia intervista è stata citata su SF Signal!
http://www.sfsignal.com/archives/2015/12/sffh-link-post-force-awakens-premiere-expanse-adaptation-childhoods-end-reviews/
E so' soddisfazioni!
INTERVIEW WITH PAUL DI FILIPPO. - THE ENGLISH VERSION !
Welcome!
I today I propose to you an interview with the great science fiction author Paul Di Filippo!
I would like to thank Paul Di Filippo for his availability and his kindness.
A wonderful person and a wonderful writer.
The interview comes out in Italian and in English both of which Nocturnia on TrueFantasy (to thank the italian fans Alessandro Iascy , who put me in contact with Paul Di Filippo)
I wish you all a good read !!!
Nick: Welcome on Nocturnia, thank you Paul for accepting this interview.
Paul Di Filippo: I am very happy to be having this conversation, and hopefully making new friends in my second-favorite country (after the USA), Italy!
Nick: As a first question I ask you to tell us about your beginnings and the moment when you decided to become a writer.
Di Filippo: When I graduated from high school at age seventeen, I already had dreams of becoming a fiction writer, having written amusing essays and parodies for my school newspaper. Of course, I loved reading books more than anything else, a necessary prerequisite, I think. So I delayed college, and decided to strike out for some exotic place, like Jack London or Herman Melville did. But I was not so brave as to imagine relocating to a foreign country, so I chose Hawaii! Still in the USA, but suitably “foreign!” I moved there with a suitcase full of books and a few clothes, and my portable manual typewriter. Needless to say, I was not ready for any such ambitious career. I was no Chip Delany prodigy! After half a year of writing nothing consequential, I was back home in Rhode Island and enrolled in college. After leaving the university, I got a job as a programmer. After a few years of that, I realized I must pursue my delayed dream of writing now or never. This was in 1982 (although I did not really start making sales until three years later). I quit my job, plunged in, and have never looked back in regret since!
Nick: You Are born and live in Rhode Island in Providence and this, in many minds, raises associations with Lovecraft, a writer certainly very different from you, which, however, you prove to appreciate the influence and literary heritage. What do you like in particular of his fiction and how much (even if he did) do you feel have influenced you?
Di Filippo: I encountered HPL’s writing in high school, when it was newly issued in Ballantine paperbacks, and I devoured all of it. I loved it all, but I did not think to base my own writings on Lovecraft. I liked too many other genres and modes to settle down on any one type. This is still true of my career today! As I began to explore Providence and eventually live here, I came to relish the physical touchstones of his life as well. As I began writing professionally, I added little HPL references to some stories of mine, but have never done a full-blown homage. Recently, in connection with the wonderful local convention, NecronomiCon, I reread much of his work for the first time in decades, and was amazed to see how well it held up and matched my teenage enthusiasm. Perhaps I am finally ready for my full-scale tribute story to HPL!
Nick: More Generally, what were the writers who have influenced you as a player more than as a writer (Am I wrong when I say that I seem to notice influences of Ballard, Malzberg and Farmer?) And what did drawn you to science fiction and fantastic fiction in general?
Di Filippo: Those three writers you name were all highly influential on me. Let me give you a few paragraphs which I recently used to open a review of A. Bertram Chandler.
In 1985, at the age of thirty, I decided to start a database of all the books I owned. I was freshly embarked on my dream of becoming a professional SF writer. I think maybe that transition formed a subconscious reason for assessing and cataloguing my library. But the main reason I recall was so that I could carry around a printout of my holdings when I went book-shopping and avoid buying so many damn duplicates of forgotten titles I owned but hadn’t read and remembered.
At this time, my books—maybe 2000 or so—were indeed divided into read and unread shelves. I had no sophisticated software for indexing—1985, remember?—so I just started grabbing books and typing their data into a word-processing file, alphabetizing manually by author as I went.
For some reason, I decided to make two separate files: the read and the unread. I could have collated the titles, but I did not.
Now my library numbers about 14,000 books, and I still capture the data on each new entry.
In retrospect, I am glad I divided my holdings into two categories, because one of these files represents a 1985 snapshot of all I had purchased and read from about age twelve to age thirty. The formative stuff, prior to trying to become a professional. I see vast swathes of Van Vogt, Ellison, Asimov, Moorcock, PKD, JGB, Simak, Heinlein, Andre Norton, Poul Anderson, Gordon Dickson, Brian Aldiss, and so many other titans of the field, many swallowed whole as a teenager, when time to read seemed infinite.
Nick: Reading your works, you notice that a constant in your narrative is on the one hand the profound eclecticism (you have been associated with both the steampunk to cyberpunk) other by constant rejection of belonging to a single genre: your science fiction, your narrative is a mixture of different kinds (ucronia; steampunk, cyberpunk, weird ....), which combine with a strong dose of satire, utopian aspiration and black humor. Is my rebuilding wrong?
Di Filippo: This is very true. I am a “literary butterfly,” flitting from one flower to another. I just adore so many different kinds of fiction that I cannot settle on any single mode. I would be bored!
But I think this eclecticism provides for interesting hybrids and fusions. We must mix up the literary genomes so that we do not develop weaklings and feeble-minded prose through inbreeding! However, readers often like to typecast an author (or actor or musician or painter or politician) and expect just the single consistent thing from them, becoming disappointed when expectations are unfulfilled. So maybe I have sabotaged my career, just when I could have been the next George R R Martin!
Nick: A second constant of your literary production is about the thematic collections. The Steampunk Trilogy (1995) explores the Victorian Age; Neutrino Drag (2004), the comic science fiction; Ribofunk (1996) a variant of cyberpunk based on biology; Strange Trades (2001), a critique of capitalism. Was a conscious choice of yours this? And if, what does appeal of thematic collections?
Di Filippo: Yes, my early story collections were deliberately assembled around themes. When I got my first book publisher, Four Walls Eight Windows, I had a big backlog of un-reprinted tales that I could mine in this fashion. Maybe because I had not produced many novels, they served me as semi-unified works that resembled a novel. But my newest collections contain samples of all my many voices, out of necessity perhaps, since I do not let much time pass between collections, wherein I could manufacture a volume’s worth of thematically linked pieces.
I think a thematic collection stands out better in the reader’s memory, and maybe makes a stronger impression and slightly more fun reading experience than a scattershot book, however wonderful. Maybe my mentor in this arena is Harlan Ellison with such volumes as Deathbird Stories.
Nick: Third Constant use of the characters: in many cases you like to use famous writers as characters (the anthology Lost Pages of 1998) in other cases uses characters created by others (such as Solomon Kane in the story "Observable Things" in your collection The Emperor of Gondwanaland). What does fascinate you shaping the characters already existed or created by others?
Di Filippo: I hope that my usage of real personages and fictional characters created by others transcends mere “fan fiction” and approaches the level of an Alan Moore. I also hope it is not a lazy way of borrowing the magic created by other writers. But if fiction—especially genre fiction--is indeed one big cultural dialogue, as some have postulated, then I am using the inventions from others as launching pads from which to offer my perceptions and feedback and thoughts about the issues intitially raised by such heroes as Solomon Kane, and such public figures as Anne Frank, in my story “Anne.”
Nick: When you're creating your characters, instead, it seems that you have fun to mistreat them. For the second time I ask you if is a wrong reconstruction that mine
Di Filippo: Well, the essence of any engaging narrative, the engine that drives our most primal tales, seems to be conflict and trouble and misery and challenges! As Umberto Eco recently said, “Fiction should be about losers!” Having said that, I think I am less harsh to my characters than many other writers. Can you imagine living in a Stephen King book! I am basically an optimist and happy person, so I try to give my protagonists an upbeat ending and fate, even if they have to go through hell to get there!
Nick: Let's go back to your beginnings as a writer: In 1985 you sell your first stories "Rescuing Andy" to T.E.D. Klein for the magazine Twilight Zone and "Stone Lives" to Ed Ferman and for Fantasy & Science Fiction. I ask you then to return to the memory of those days and describe the feelings that you felt when you saw the two stories published and sold.
Di Filippo: I had immense pride and joy, and a frail grasp on publishing realities. I thought my path to fame and fortune was now well-established with these two well-received stories. Surely big publishers would throw money at me in baskets. Alas, after 30 years, I have accomplished a lot of valuable work, I tend to believe, but without achieving any real economic stability. But in the end, who cares! Those youthful dreams remain a Pole Star to steer by!
Nick: Ten years later. In 1995 comes "The Steampunk Trilogy". (If I remember correctly you were one of the first to use the word "steampunk" in the title, right?) With your work you have helped lead to the success of the kind created by Blaylock; Powers and K.W Jeter. At that time did you imagined that it would become the fashion phenomenon that it is today? And more generally, what do you value and what does not appreciate about steampunk?
Di Filippo: I had no idea of steampunk’s future when I employed it as part of my book’s title—indeed, the first such usage. Being a fan of history and historical novels, I merely thought that here was one more fruitful niche that science fiction and fantasy could colonize. Now, of course, prose steampunk is the tail on an immense dog of cosplay, music, maker-hood, and visual art. I am very proud to have been part of the roots of this unstoppable phenomenon. The Victorian Age continues to hold miracles and lessons for us all.
Nick: as we're saying, you were also associated with the cyberpunk, because your story "Stone Lives" also appeared on Mirrorshades. Years later, what is your opinion on the cyberpunk: a revolution now finished, or has the genre still something to say?
Di Filippo: Cyberpunk was one of the most valuable and productive movements in modern science fiction, and I am proud to have been a part of it. I still use the techniques and lessons of cyberpunk in my writings today, albeit in more sophisticated forms. Cyberpunk did an amazing job of understanding and depicting the world we now live in. All the subsequent movements in the genre since then have seemed somewhat contrived, limited and artificial. Cyberpunk might go down as the last big unified, authentic trend in SF, since the field is now too fractured for any one thing to encompass and sweep through it all.
Nick: An other anthology of yours very important is "Ribofunk" released in 1996 in which you seem detach from the feeling of some atmospheres and themes of cyberpunk. Can we say that "Ribofunk" is a bit your response to some limits or defects about the artistic cyberpunk vision? And above all, do you want to talk to your italian readers how are born the term and the anthology?
Di Filippo: Yes, in the midst of cyberpunk’s heyday, I began to notice that too much emphasis was placed on silicon, and not enough on organic systems. I cobbled together a rough manifesto about the future of genetic engineering in fiction, which I mailed out and which was reproduced in a couple of zines at the time. Then, having opened my big mouth, I had to come up with some good stories that justified my programmatic ideology! I wrote the stories with no great overarching “narrative arc” at random intervals. Then, when I had enough for a book, I collected them. One or two, published since, remain outside that volume, and should be incorporated in a new edition. Basically, my goal was to show how humans and organic lifeforms are the greatest technology imaginable, beyond anything mechanical.
Nick: Let's come now to your novels: One of your most popular works in Italy is the diptych of "Linear City", in which you describe a fascinating world but scientifically implausible. How important is for you the worldbuilding in your fiction? And what does matter most to the success of a good story: the scenery, the worldbuilding, the characters or the writing style?
Di Filippo: Worldbuilding is something only the genres of fantastika (to use John Clute’s term) can really do right. A mimetic writer might succeed very well in constructing a simulacrum on the page of New York or Paris or the court of Henry VIII, but he will only be transcribing reality—admittedly through his visionary lens and sensibility. It borders on mere journalism. But in the genres of fantastika you can invent any new exotic world you can imagine. Having said that, I will side with M. John Harrison who has maintained that worldbuilding can become a fetish, and hinder the storytelling. So I would say, characters, style and prose first, worldbuilding second.
Nick: Writing your novels do you apply the same process and the same rules of writing that uses for your stories? And where do you find inspiration for your stories?
Di Filippo: I might tend to outline more for longer works. But the day-to-day process of writing remains the same. Try to accomplish 500-1000 good words that you don’t have to throw away tomorrow, which advances the story according to my vision. As for inspiration, it comes from everywhere, books and life together. For instance, I was walking across the campus of our university here, Brown University, and I saw freshmen at orientation day on the lawn playing the game of Twister, as part of the official welcoming rites. I said to myself, “Is this kindergarten or higher education?” From there, I conceived of an alternate history novel where the world of 2015 would be much different.
Inspiration is everywhere if you remain open-minded and alert and curious!
Nick: Recently You have embarked on a partnership with the Italian writer Claudio Chillemi. The first two fruits of this cooperation , the stories "The Via Panisperna Boys in 'Operation Harmony" and "The Horror at Gancio Rosso" were published both in the US and in Italy (the first on an issue of the F & SF and the second on volume by the Acheron Books) I am very intrigued by this collaboration. Can you tell us how does it born, how developed, and some anecdotes on the choice of the protagonists (the respective stories (Ettore Majorana and Joe Petrosino)?
Di Filippo: I was very lucky to be invited to Sticcon in 2012, where I made the acquaintance of Claudio and many other wonderful Italian friends. Claudio and I were immediately simpatico, and when he later suggested that we collaborate, I was eager to do so. In both case, Claudio came up with the original characters and conceits, and I elaborated. For instance, I knew Majorana, but nothing of Petrosino prior to Claudio’s great ideas.
Nick: I waited until almost the end of the interview to bring this question, because they do it often : what is the contribution or the influence of your Italian heritage within the stories you write?
Di Filippo: My Italian heritage is thus: on my mother’s side, her Grandparents were the immigrant generation. On my father’s side, his Parents were the new arrivals to the USA. So I could never know that great-grandparent generation, they were gone when I was born, but I did get much Italian culture from my paternal grandfather, with whom we lived as a young family. Alas, neither side maintained any records or oral traditions of our roots in Italy! They just wanted to forget and become “good Americans.” So I have had to assemble much of my appreciation for Italian culture as an adult. Aside from the stories written with Claudio, I have not utilized my roots too much in my fiction. But my story, “The Mill” reflects the real life work done by my Italian ancestors in the textile mills of New England, a trade that I too followed during the summers of my college years.
But it is never too late to add more such cultural touchstones to my new work!
Nick: You Are also a great literary critic, in this capacity you worked and works for several american and english magazines and (IASFM; F & SF; Interzone) How important is literary criticism for the development of science fiction as a genre? And above all how important is that in making a critic is who knows the industry well as a writer?
Di Filippo: One of the most pivotal books I read as a teenager was Damon Knight’s In Search of Wonder. It was then that I realized that perceptive analysis of the literature I loved could help to improve it. Then, after Knight, I discovered the essays of James Blish. I have since dedicated a good part of my time and energy to trying to carry forward their programs of criticizing SF from the viewpoint of a loving insider who only wants the genre to get better and better. I think such work is essential for any real progress.
Nick: Many critics think that science fiction is a dead genre: what would you say to them to convince them otherwise? And more generally what future and what challenges does still await the science fiction?
Di Filippo: Science fiction has been pushed to the rear in sales and public profile by the popularity of fantasy, such as the novels of George RR Martin. But it remains the only reall toolkit we have for antcipating the future and envisioning alternate ways of life that might actually come into being. It is invaluable and also entertaining in a way that pure fantasy cannot match, since the reader can believe while reading, “I or my children might one day inhabit such a realm.” You will never live in Middle Earth, but you might be in the same fix as the hero of The Martian.
Nick: Projects Future: what are you working on now and what we'll expect from Paul Di Filippo in the near future?
Di Filippo: I must complete several short stories by the end of the year, including my first tale involving Sherlock Holmes. Then, as part of my “butterfly” behavior, I might attempt a crime novel, to be called The Big Get-Even. Something along the lines of a Donald Westlake book, part funny, part serious.
Maybe I will even make the hero Italian-American!
Di Filippo: Non avevo idea del futuro dello steampunk quando ho impiegato il termine come parte del titolo, ed effettivamente, si tratta della prima volta che se ne faceva un tale uso. Essendo io un appassionato di storia e di romanzi storici, ho solo pensato di essere davanti ad una nicchia più fruttifera che la fantascienza e fantasy avrebbero potuto colonizzare. Ora, naturalmente, la prosa steampunk è diventata la coda di un immenso cane fatto di cosplay, musica, fabbricanti di berretti, e arte visuale. Sono molto orgoglioso di aver fatto parte delle radici di questo fenomeno inarrestabile. L'età vittoriana continua a fare i miracoli e impartire lezioni a tutti noi.
Nick: Come dicevamo però Sei stato associato anche al cyberpunk, dal momento che il tuo racconto "Stone Lives" è apparso anche su Mirrorshades. A distanza di anni qual'è la tua opinione sul cyberpunk: è stata una rivoluzione ormai compiuta oppure il genere ha ancora qualcosa da dire?
Di Filippo: Il Cyberpunk è stato uno dei movimenti più importanti e produttivi della fantascienza moderna, e sono orgoglioso di averne fatto parte. Io uso ancora le tecniche e gli insegnamenti del cyberpunk nei miei scritti oggi, sia pure in forme più sofisticate. Il cyberpunk ha fatto un ottimo lavoro per comprendere e raffigurare il mondo in cui oggi viviamo. Tutti i successivi movimenti del settore da allora sono sembrati un po forzati, limitati e artificiali. Il cyberpunk potrebbe essere considerato come l'ultima grande ed autentica, tendenza unificante della SF, dato che il settore è ora troppo frammentato perché una qualsiasi cosa possa comprenderlo e attraversarlo in tutte le sue parti.
Nick: Un 'altra tua antologia molto importante è "Ribofunk", uscita nel 1996 n cui dai la sensazione di distaccarti un po dalle atmosfere e dalle tematiche del cyberpunk. Possiamo dire che "Ribofunk" sia un po la tua risposta ad alcuni limiti o difetti della visione artistica del cyberpunk? E sopratutto ti va di parlare ai tuoi lettori italiani di come sono nati sia il termine che l'antologia?
Di Filippo: Sì, nel bel mezzo del massimo splendore del cyberpunk, ho cominciato a notare che veniva posta troppa enfasi sul silicio, e non abbastanza sui sistemi organici. Ho messo insieme un manifesto di massima sul futuro dell'ingegneria genetica nella narrativa, che ho spedito in giro e che all'epoca è stato pubblicato in un paio di zines. Poi, dopo aver aperto la mia enorme boccaccia, ho dovuto creare alcune buone storie che potessero giustificare la mia ideologia programmatica! Ho scritto le storie a intervalli casuali senza grandi globali"archi narrativi". Poi, quando ho avuto abbastanza materiale per un libro, io li ho raccolti. Uno o due racconti, pubblicati successivamente a quella raccolta, rimangono al di fuori del volume, e dovrebbero essere incorporati in una nuova edizione. In sostanza, il mio obiettivo era quello di mostrare come gli esseri umani e tutte le forme di vita organiche sono il più grande esempio di tecnologia che si possa immaginare, al di là di qualsiasi cosa meccanica.
Nick: Veniamo adesso ai tuoi romanzi . Una delle tue opere più popolari in Italia è il dittico della "Città Lineare", in cui descrivi un mondo affascinante ma poco plausibile scientificamente. Quanto è importante per te il worldbuilding nella tua narrativa? E cosa conta di più per la riuscita di una buona storia: lo scenario, i worldbuilding, i personaggi o lo stile di scrittura?
Di Filippo: Worldbuilding è qualcosa che solo i generi della tipologia del fantastika (per usare un termine di John Clute) possono davvero fare bene. Uno scrittore mimetico potrebbe riuscire molto bene nella costruzione di un simulacro su pagina di New York o di Parigi o della corte di Enrico VIII, ma sarà solo un trascrivere la realtà adattandola attraverso il suo occhio visionario e la sua sensibilità. Confina con il mero giornalismo. Ma nei generi di fantastika si possono inventare ogni nuovo mondo esotico che si possa immaginare. Detto questo, io mi schiero assieme con M. John Harrison, che ha sostenuto che il worldbuilding può diventare un feticcio, e ostacolare la narrazione. Quindi direi, i personaggi, lo stile e la prosa vengono per primi, il worldbuilding per secondo.
Nick: Nello scriverei tuoi romanzi applichi lo stesso processo e le stesse regole di scrittura che impieghi per i tuoi racconti? E dove trovi l'ispirazione per le tue storie?
Di Filippo: Worldbuilding è qualcosa che solo i generi della tipologia del fantastika (per usare un termine di John Clute) possono davvero fare bene. Uno scrittore mimetico potrebbe riuscire molto bene nella costruzione di un simulacro su pagina di New York o di Parigi o della corte di Enrico VIII, ma sarà solo un trascrivere la realtà adattandola attraverso il suo occhio visionario e la sua sensibilità. Confina con il mero giornalismo. Ma nei generi di fantastika si possono inventare ogni nuovo mondo esotico che si possa immaginare. Detto questo, io mi schiero assieme con M. John Harrison, che ha sostenuto che il worldbuilding può diventare un feticcio, e ostacolare la narrazione. Quindi direi, i personaggi, lo stile e la prosa vengono per primi, il worldbuilding per secondo.
Nick: Nello scriverei tuoi romanzi applichi lo stesso processo e le stesse regole di scrittura che impieghi per i tuoi racconti? E dove trovi l'ispirazione per le tue storie?
Di Filippo: Probabilmente tendo a delineare di più per le opere più lunghe. Ma il processo di scrittura giorno per giorno rimane la stesso. Provo a realizzare 500-1000 buone parole che non dovrò buttare via il giorno dopo, per far avanzare la storia secondo la mia visione. Per quanto riguarda l'ispirazione, la trovo dappertutto, dai libri e dalla vita al tempo stesso. Ad esempio, un giorno stavo camminando attraverso il campus della nostra locale Università, la Brown University, e ho visto delle matricole alla giornata di orientamento sul prato a giocare al gioco del Twister, come parte dei riti ufficiali di accoglienza. Mi sono detto, "Ma questo è un asilo o un istituto superiore?"
In quel momento, ho ideato un romanzo per una storia alternativa in cui il mondo del 2015 sarebbe stato molto differente.
L'ispirazione è ovunque, basta rimanere di mentalità aperta, ed essere attenti e curiosi.
Nick: Recentemente hai dato il via ad una collaborazione con lo scrittore italiano Claudio Chillemi. Il primi due frutti di questa collaborazione , cioè i racconti"The Via Panisperna Boys in 'Operation Harmony" è "The Horror at Gancio Rosso" sono stati pubblicati sia negli Usa che in Italia ( il primo sull'edizione americana e poi in quella italiana di F& SF ed il secondo per la Acheron ) Sono molto incuriosito da questa collaborazione. Ci puoi raccontare com'è nata, come si è sviluppata, e qualche aneddoto sulla scelta dei protagonisti dei rispettivi racconti (Ettore Majorana e Joe Petrosino) ?
Di Filippo: Sono stato molto fortunato ad essere invitato alla STICCON nel 2012, dove ho fatto la conoscenza di Claudio e di tanti altri meravigliosi amici italiani. Claudio ed io ci siamo trovati subito reciprocamente simpatici (2), e quando poi lui ha suggerito che collaborassimo, ero ansioso di farlo. In entrambi i casi, Claudio ha fornito i personaggi e concetti originali, che io ho elaborato. Ad esempio, io conoscevo Majorana, ma non sapevo nulla di Petrosino prima delle grandi idee di Claudio.
Nick: Ho aspettato fino a quasi la fine dell'intervista per porti questa domanda, visto che te la fanno abbastanza spesso: qual'è l'apporto o l'influenza delle tue origini italiane all'interno delle storie che scrivi?
Di Filippo: La mia eredità italiana è dunque questa: da parte di mia madre, i suoi nonni erano la generazione di immigrati. Da parte di mio padre, i suoi genitori erano i nuovi arrivati negli Stati Uniti. Così non ho potuto mai conoscere la generazione del bisnonno, dal momento che se n'erano andati quando sono nato, ma ho conosciuto molto la cultura italiana tramite mio nonno paterno, con il quale abbiamo vissuto come una giovane famiglia. Ahimè, nessuna delle due parti ha mantenuto tutti i ricordi o le tradizioni orali delle nostre radici in Italia! Hanno subito voluto dimenticare per diventare dei "buoni americani". Così ho dovuto raccogliere gran parte della mia conoscenza della cultura italiana da adulto. A parte le storie scritte con Claudio, non ho utilizzato le mie radici troppo nei miei romanzi. Ma la mia storia, "The Mill" riflette il vero lavoro svolto dai miei antenati italiani nella loro vita nelle fabbriche tessili del New England, un mestiere che ho praticato molto anche io durante le estati dei miei anni al college.
Ma non è mai troppo tardi per aggiungere nuove pietre di paragone culturali ai miei prossimi lavori!
Nick: Sei anche un ottimo critico letterario, in questa veste hai lavorato e lavori per diverse riviste americane ed inglesi ( IASFM; F &SF; Interzone) Quanto è importante la critica letteraria per lo sviluppo della fantascienza come genere? E sopratutto quanto è importante che a farla sia un critico che conosce il settore anche come scrittore?
Di Filippo: La mia eredità italiana è dunque questa: da parte di mia madre, i suoi nonni erano la generazione di immigrati. Da parte di mio padre, i suoi genitori erano i nuovi arrivati negli Stati Uniti. Così non ho potuto mai conoscere la generazione del bisnonno, dal momento che se n'erano andati quando sono nato, ma ho conosciuto molto la cultura italiana tramite mio nonno paterno, con il quale abbiamo vissuto come una giovane famiglia. Ahimè, nessuna delle due parti ha mantenuto tutti i ricordi o le tradizioni orali delle nostre radici in Italia! Hanno subito voluto dimenticare per diventare dei "buoni americani". Così ho dovuto raccogliere gran parte della mia conoscenza della cultura italiana da adulto. A parte le storie scritte con Claudio, non ho utilizzato le mie radici troppo nei miei romanzi. Ma la mia storia, "The Mill" riflette il vero lavoro svolto dai miei antenati italiani nella loro vita nelle fabbriche tessili del New England, un mestiere che ho praticato molto anche io durante le estati dei miei anni al college.
Ma non è mai troppo tardi per aggiungere nuove pietre di paragone culturali ai miei prossimi lavori!
The Horror at Gancio Rosso |
Di Filippo: Uno dei libri maggiormente fondamentali che abbia letto da adolescente è stato In Search of Wonder di Damon Knight. Fu allora che mi resi conto che l'analisi percettiva della letteratura che amavo avrebbe potuto contribuire a migliorarla. Poi, dopo Knight, ho scoperto i saggi di James Blish. Da allora ho dedicato buona parte del mio tempo e delle mie energie per cercare di portare avanti i loro progetti di critica della SF dal punto di vista di un insider innamorato che vuole solo vedere il genere migliorare sempre di più. Penso che tale lavoro sia essenziale per ogni reale progresso.
Nick: molti critici la fantascienza sarebbe un genere ormai morto: tu cosa diresti a loro per convincerli del contrario? E più in generale che futuro e quali sfide attendono ancora la fantascienza?
Di Filippo: La fantascienza è stato spinta verso la parte bassa delle vendite e del successo di pubblico a causa della popolarità di produzioni fantasy, come i romanzi di George RR Martin. Ma rimane l'unica borsa degli strumenti che abbiamo per anticipare il futuro e per immaginare modi alternativi di vita che potrebbero un giorno effettivamente posti in essere. E' un valore inestimabile ed anche divertente in un modo che la pura fantasy non può corrispondere, dal momento che il lettore può credere leggendo, "io o i miei figli un giorno potremmo abitare in un tale regno." Però voi non potrete mai vivere nella Terra di Mezzo, mentre si potrebbe verificare la stessa situazione vissuta dall'eroe di The Martian.
Nick: Progetti futuri: a cosa stai lavorando adesso e cosa dobbiamo aspettarci da Paul Di Filippo nel prossimo futuro?
Di Filippo: Devo completare diverse opere brevi entro la fine dell'anno, tra cui il mio primo racconto che coinvolge Sherlock Holmes. Poi, come esempio del mio comportamento "a farfalla", potrei tentare di scrivere un romanzo giallo, chiamato Big-Get Even. Qualcosa sulla falsariga di un libro di Donald Westlake, in parte divertente,in parte serio.
Forse potrei anche metterci un eroe italo-americano!
Note:
1) High School: la nostra Scuola Superiore
ADDENDUM DEL 16/12/2015: la mia intervista è stata citata su SF Signal!
http://www.sfsignal.com/archives/2015/12/sffh-link-post-force-awakens-premiere-expanse-adaptation-childhoods-end-reviews/
E so' soddisfazioni!
INTERVIEW WITH PAUL DI FILIPPO. - THE ENGLISH VERSION !
Welcome!
I today I propose to you an interview with the great science fiction author Paul Di Filippo!
I would like to thank Paul Di Filippo for his availability and his kindness.
A wonderful person and a wonderful writer.
The interview comes out in Italian and in English both of which Nocturnia on TrueFantasy (to thank the italian fans Alessandro Iascy , who put me in contact with Paul Di Filippo)
I wish you all a good read !!!
Nick: Welcome on Nocturnia, thank you Paul for accepting this interview.
Paul Di Filippo: I am very happy to be having this conversation, and hopefully making new friends in my second-favorite country (after the USA), Italy!
Nick: As a first question I ask you to tell us about your beginnings and the moment when you decided to become a writer.
Di Filippo: When I graduated from high school at age seventeen, I already had dreams of becoming a fiction writer, having written amusing essays and parodies for my school newspaper. Of course, I loved reading books more than anything else, a necessary prerequisite, I think. So I delayed college, and decided to strike out for some exotic place, like Jack London or Herman Melville did. But I was not so brave as to imagine relocating to a foreign country, so I chose Hawaii! Still in the USA, but suitably “foreign!” I moved there with a suitcase full of books and a few clothes, and my portable manual typewriter. Needless to say, I was not ready for any such ambitious career. I was no Chip Delany prodigy! After half a year of writing nothing consequential, I was back home in Rhode Island and enrolled in college. After leaving the university, I got a job as a programmer. After a few years of that, I realized I must pursue my delayed dream of writing now or never. This was in 1982 (although I did not really start making sales until three years later). I quit my job, plunged in, and have never looked back in regret since!
Nick: You Are born and live in Rhode Island in Providence and this, in many minds, raises associations with Lovecraft, a writer certainly very different from you, which, however, you prove to appreciate the influence and literary heritage. What do you like in particular of his fiction and how much (even if he did) do you feel have influenced you?
Di Filippo: I encountered HPL’s writing in high school, when it was newly issued in Ballantine paperbacks, and I devoured all of it. I loved it all, but I did not think to base my own writings on Lovecraft. I liked too many other genres and modes to settle down on any one type. This is still true of my career today! As I began to explore Providence and eventually live here, I came to relish the physical touchstones of his life as well. As I began writing professionally, I added little HPL references to some stories of mine, but have never done a full-blown homage. Recently, in connection with the wonderful local convention, NecronomiCon, I reread much of his work for the first time in decades, and was amazed to see how well it held up and matched my teenage enthusiasm. Perhaps I am finally ready for my full-scale tribute story to HPL!
Nick: More Generally, what were the writers who have influenced you as a player more than as a writer (Am I wrong when I say that I seem to notice influences of Ballard, Malzberg and Farmer?) And what did drawn you to science fiction and fantastic fiction in general?
Di Filippo: Those three writers you name were all highly influential on me. Let me give you a few paragraphs which I recently used to open a review of A. Bertram Chandler.
In 1985, at the age of thirty, I decided to start a database of all the books I owned. I was freshly embarked on my dream of becoming a professional SF writer. I think maybe that transition formed a subconscious reason for assessing and cataloguing my library. But the main reason I recall was so that I could carry around a printout of my holdings when I went book-shopping and avoid buying so many damn duplicates of forgotten titles I owned but hadn’t read and remembered.
At this time, my books—maybe 2000 or so—were indeed divided into read and unread shelves. I had no sophisticated software for indexing—1985, remember?—so I just started grabbing books and typing their data into a word-processing file, alphabetizing manually by author as I went.
For some reason, I decided to make two separate files: the read and the unread. I could have collated the titles, but I did not.
Now my library numbers about 14,000 books, and I still capture the data on each new entry.
In retrospect, I am glad I divided my holdings into two categories, because one of these files represents a 1985 snapshot of all I had purchased and read from about age twelve to age thirty. The formative stuff, prior to trying to become a professional. I see vast swathes of Van Vogt, Ellison, Asimov, Moorcock, PKD, JGB, Simak, Heinlein, Andre Norton, Poul Anderson, Gordon Dickson, Brian Aldiss, and so many other titans of the field, many swallowed whole as a teenager, when time to read seemed infinite.
Nick: Reading your works, you notice that a constant in your narrative is on the one hand the profound eclecticism (you have been associated with both the steampunk to cyberpunk) other by constant rejection of belonging to a single genre: your science fiction, your narrative is a mixture of different kinds (ucronia; steampunk, cyberpunk, weird ....), which combine with a strong dose of satire, utopian aspiration and black humor. Is my rebuilding wrong?
Di Filippo: This is very true. I am a “literary butterfly,” flitting from one flower to another. I just adore so many different kinds of fiction that I cannot settle on any single mode. I would be bored!
But I think this eclecticism provides for interesting hybrids and fusions. We must mix up the literary genomes so that we do not develop weaklings and feeble-minded prose through inbreeding! However, readers often like to typecast an author (or actor or musician or painter or politician) and expect just the single consistent thing from them, becoming disappointed when expectations are unfulfilled. So maybe I have sabotaged my career, just when I could have been the next George R R Martin!
Nick: A second constant of your literary production is about the thematic collections. The Steampunk Trilogy (1995) explores the Victorian Age; Neutrino Drag (2004), the comic science fiction; Ribofunk (1996) a variant of cyberpunk based on biology; Strange Trades (2001), a critique of capitalism. Was a conscious choice of yours this? And if, what does appeal of thematic collections?
Di Filippo: Yes, my early story collections were deliberately assembled around themes. When I got my first book publisher, Four Walls Eight Windows, I had a big backlog of un-reprinted tales that I could mine in this fashion. Maybe because I had not produced many novels, they served me as semi-unified works that resembled a novel. But my newest collections contain samples of all my many voices, out of necessity perhaps, since I do not let much time pass between collections, wherein I could manufacture a volume’s worth of thematically linked pieces.
I think a thematic collection stands out better in the reader’s memory, and maybe makes a stronger impression and slightly more fun reading experience than a scattershot book, however wonderful. Maybe my mentor in this arena is Harlan Ellison with such volumes as Deathbird Stories.
Nick: Third Constant use of the characters: in many cases you like to use famous writers as characters (the anthology Lost Pages of 1998) in other cases uses characters created by others (such as Solomon Kane in the story "Observable Things" in your collection The Emperor of Gondwanaland). What does fascinate you shaping the characters already existed or created by others?
Di Filippo: I hope that my usage of real personages and fictional characters created by others transcends mere “fan fiction” and approaches the level of an Alan Moore. I also hope it is not a lazy way of borrowing the magic created by other writers. But if fiction—especially genre fiction--is indeed one big cultural dialogue, as some have postulated, then I am using the inventions from others as launching pads from which to offer my perceptions and feedback and thoughts about the issues intitially raised by such heroes as Solomon Kane, and such public figures as Anne Frank, in my story “Anne.”
Nick: When you're creating your characters, instead, it seems that you have fun to mistreat them. For the second time I ask you if is a wrong reconstruction that mine
Di Filippo: Well, the essence of any engaging narrative, the engine that drives our most primal tales, seems to be conflict and trouble and misery and challenges! As Umberto Eco recently said, “Fiction should be about losers!” Having said that, I think I am less harsh to my characters than many other writers. Can you imagine living in a Stephen King book! I am basically an optimist and happy person, so I try to give my protagonists an upbeat ending and fate, even if they have to go through hell to get there!
Nick: Let's go back to your beginnings as a writer: In 1985 you sell your first stories "Rescuing Andy" to T.E.D. Klein for the magazine Twilight Zone and "Stone Lives" to Ed Ferman and for Fantasy & Science Fiction. I ask you then to return to the memory of those days and describe the feelings that you felt when you saw the two stories published and sold.
Di Filippo: I had immense pride and joy, and a frail grasp on publishing realities. I thought my path to fame and fortune was now well-established with these two well-received stories. Surely big publishers would throw money at me in baskets. Alas, after 30 years, I have accomplished a lot of valuable work, I tend to believe, but without achieving any real economic stability. But in the end, who cares! Those youthful dreams remain a Pole Star to steer by!
Nick: Ten years later. In 1995 comes "The Steampunk Trilogy". (If I remember correctly you were one of the first to use the word "steampunk" in the title, right?) With your work you have helped lead to the success of the kind created by Blaylock; Powers and K.W Jeter. At that time did you imagined that it would become the fashion phenomenon that it is today? And more generally, what do you value and what does not appreciate about steampunk?
Di Filippo: I had no idea of steampunk’s future when I employed it as part of my book’s title—indeed, the first such usage. Being a fan of history and historical novels, I merely thought that here was one more fruitful niche that science fiction and fantasy could colonize. Now, of course, prose steampunk is the tail on an immense dog of cosplay, music, maker-hood, and visual art. I am very proud to have been part of the roots of this unstoppable phenomenon. The Victorian Age continues to hold miracles and lessons for us all.
Nick: as we're saying, you were also associated with the cyberpunk, because your story "Stone Lives" also appeared on Mirrorshades. Years later, what is your opinion on the cyberpunk: a revolution now finished, or has the genre still something to say?
Di Filippo: Cyberpunk was one of the most valuable and productive movements in modern science fiction, and I am proud to have been a part of it. I still use the techniques and lessons of cyberpunk in my writings today, albeit in more sophisticated forms. Cyberpunk did an amazing job of understanding and depicting the world we now live in. All the subsequent movements in the genre since then have seemed somewhat contrived, limited and artificial. Cyberpunk might go down as the last big unified, authentic trend in SF, since the field is now too fractured for any one thing to encompass and sweep through it all.
Nick: An other anthology of yours very important is "Ribofunk" released in 1996 in which you seem detach from the feeling of some atmospheres and themes of cyberpunk. Can we say that "Ribofunk" is a bit your response to some limits or defects about the artistic cyberpunk vision? And above all, do you want to talk to your italian readers how are born the term and the anthology?
Di Filippo: Yes, in the midst of cyberpunk’s heyday, I began to notice that too much emphasis was placed on silicon, and not enough on organic systems. I cobbled together a rough manifesto about the future of genetic engineering in fiction, which I mailed out and which was reproduced in a couple of zines at the time. Then, having opened my big mouth, I had to come up with some good stories that justified my programmatic ideology! I wrote the stories with no great overarching “narrative arc” at random intervals. Then, when I had enough for a book, I collected them. One or two, published since, remain outside that volume, and should be incorporated in a new edition. Basically, my goal was to show how humans and organic lifeforms are the greatest technology imaginable, beyond anything mechanical.
Nick: Let's come now to your novels: One of your most popular works in Italy is the diptych of "Linear City", in which you describe a fascinating world but scientifically implausible. How important is for you the worldbuilding in your fiction? And what does matter most to the success of a good story: the scenery, the worldbuilding, the characters or the writing style?
Di Filippo: Worldbuilding is something only the genres of fantastika (to use John Clute’s term) can really do right. A mimetic writer might succeed very well in constructing a simulacrum on the page of New York or Paris or the court of Henry VIII, but he will only be transcribing reality—admittedly through his visionary lens and sensibility. It borders on mere journalism. But in the genres of fantastika you can invent any new exotic world you can imagine. Having said that, I will side with M. John Harrison who has maintained that worldbuilding can become a fetish, and hinder the storytelling. So I would say, characters, style and prose first, worldbuilding second.
Nick: Writing your novels do you apply the same process and the same rules of writing that uses for your stories? And where do you find inspiration for your stories?
Di Filippo: I might tend to outline more for longer works. But the day-to-day process of writing remains the same. Try to accomplish 500-1000 good words that you don’t have to throw away tomorrow, which advances the story according to my vision. As for inspiration, it comes from everywhere, books and life together. For instance, I was walking across the campus of our university here, Brown University, and I saw freshmen at orientation day on the lawn playing the game of Twister, as part of the official welcoming rites. I said to myself, “Is this kindergarten or higher education?” From there, I conceived of an alternate history novel where the world of 2015 would be much different.
Inspiration is everywhere if you remain open-minded and alert and curious!
Nick: Recently You have embarked on a partnership with the Italian writer Claudio Chillemi. The first two fruits of this cooperation , the stories "The Via Panisperna Boys in 'Operation Harmony" and "The Horror at Gancio Rosso" were published both in the US and in Italy (the first on an issue of the F & SF and the second on volume by the Acheron Books) I am very intrigued by this collaboration. Can you tell us how does it born, how developed, and some anecdotes on the choice of the protagonists (the respective stories (Ettore Majorana and Joe Petrosino)?
Di Filippo: I was very lucky to be invited to Sticcon in 2012, where I made the acquaintance of Claudio and many other wonderful Italian friends. Claudio and I were immediately simpatico, and when he later suggested that we collaborate, I was eager to do so. In both case, Claudio came up with the original characters and conceits, and I elaborated. For instance, I knew Majorana, but nothing of Petrosino prior to Claudio’s great ideas.
Nick: I waited until almost the end of the interview to bring this question, because they do it often : what is the contribution or the influence of your Italian heritage within the stories you write?
Di Filippo: My Italian heritage is thus: on my mother’s side, her Grandparents were the immigrant generation. On my father’s side, his Parents were the new arrivals to the USA. So I could never know that great-grandparent generation, they were gone when I was born, but I did get much Italian culture from my paternal grandfather, with whom we lived as a young family. Alas, neither side maintained any records or oral traditions of our roots in Italy! They just wanted to forget and become “good Americans.” So I have had to assemble much of my appreciation for Italian culture as an adult. Aside from the stories written with Claudio, I have not utilized my roots too much in my fiction. But my story, “The Mill” reflects the real life work done by my Italian ancestors in the textile mills of New England, a trade that I too followed during the summers of my college years.
But it is never too late to add more such cultural touchstones to my new work!
Nick: You Are also a great literary critic, in this capacity you worked and works for several american and english magazines and (IASFM; F & SF; Interzone) How important is literary criticism for the development of science fiction as a genre? And above all how important is that in making a critic is who knows the industry well as a writer?
Di Filippo: One of the most pivotal books I read as a teenager was Damon Knight’s In Search of Wonder. It was then that I realized that perceptive analysis of the literature I loved could help to improve it. Then, after Knight, I discovered the essays of James Blish. I have since dedicated a good part of my time and energy to trying to carry forward their programs of criticizing SF from the viewpoint of a loving insider who only wants the genre to get better and better. I think such work is essential for any real progress.
Nick: Many critics think that science fiction is a dead genre: what would you say to them to convince them otherwise? And more generally what future and what challenges does still await the science fiction?
Di Filippo: Science fiction has been pushed to the rear in sales and public profile by the popularity of fantasy, such as the novels of George RR Martin. But it remains the only reall toolkit we have for antcipating the future and envisioning alternate ways of life that might actually come into being. It is invaluable and also entertaining in a way that pure fantasy cannot match, since the reader can believe while reading, “I or my children might one day inhabit such a realm.” You will never live in Middle Earth, but you might be in the same fix as the hero of The Martian.
Nick: Projects Future: what are you working on now and what we'll expect from Paul Di Filippo in the near future?
Di Filippo: I must complete several short stories by the end of the year, including my first tale involving Sherlock Holmes. Then, as part of my “butterfly” behavior, I might attempt a crime novel, to be called The Big Get-Even. Something along the lines of a Donald Westlake book, part funny, part serious.
Maybe I will even make the hero Italian-American!
35 commenti:
Intervista straordinaria.
Una delle tue migliori ad oggi.
Ottima intervista nei riguardi dell'ennesimo autore che non conoscevo, e che sarebbe meglio conoscere.
@ Iguana Jo
E con questa chiudiamo il 2015 nocturniano in bellezza! :)
Complimentissimi, stupenda intervista ;-)
@ Pirkaf
Sempre felice di farti conoscere nuovi autori. ;)
@ Lucius Etruscus
Grazie davvero! ;-)
Con intervistati così è facile risaltare.
L'entusiasmo è molto italiano, almeno questo lo ha ereditato dai suoi genitori. E complimenti al blogger per l'ennesima intervista a tema ;-)
@ Ariano Geta
L'entusiasmo è una delle qualità di Di Filippo che traspaiono da questa intervista, non l'unica ma di sicuro una delle più evidenti.
Grande intervista a un autore dotato di due doti non poi così comuni come si pensa: sfrenata fantasia fantastica e altissima professionalità. Samuel M
Azz, mi fai paura, bravissimo. Se ti fermi ti faccio gli auguri di buone feste.
Providence? Praticamente un predestrinato! ^_^
Davero simpatico l'aneddoto della catalogazione con un word processor... invidio la sua infinita pazienza. Una volta ci avevo provato anch'io (in excel) ma mi ero stufato dopo dieci righe...
Ultimo post? Davvero? Allora inizio a farti gli auguri già da adesso. Te li farò ancora più avanti in maniera un pochino più decente!
Bellalee!
@Samuel Marolla
Sfrenata fantasia ed altissima professionalità, sono in effetti due doti rarissime e che è difficile far combaciare tra loro, invidio molto gente come Paul che ci riesce benissimo.
@ massimiliano riccardi
Si, questo è l'ultimo post "serio" del 2015, pubblicherò solo un' ultima cosa per gli auguri. Però cominciamo pure a farceli adesso....così ci anticipiamo per bene....
@ Obsidian Mirror
Io ho catalogato tutta la mia collezione in una serie di quaderni, ho cominciato ventidue anni fa: libri, riviste, fumetti, vhs ed adesso anche i dvd, però all'epoca avevo molta meno roba, di conseguenza ora ogni volta che aggiungo qualche nuovo acquisto alla mia collezione, non devo far altro che inserirlo nella catalogazione. Però se dovessi cominciare oggi non so se riuscirei ad avere la stessa pazienza....
In quanto agli auguri, consideriamolo un anticipo in vista del Natale. ;)
Interessante, anche se per me l'unico vero colpo di fulmine rimane quello con Cristiana Astori.
Condivido e diffondo il verbo come sempre ;-)
P.S. I tuoi bottoni di condivisione di twitter e fb a me continuano a non funzionare. Agli altri?
@ Ivano Landi
Sei sempre quello delle buone notizie, eh?
Ahahahahhahhah. ;)
Scherzo, grazie per la segnalazione! Nel mio caso vedo che Facebook funziona tranquillamente, mentre Twitter molto meno. Comunque parlerò con Gian De Steja che ha curato la grafica del blog e vedrò di chiedergli di dare un'occhiata alla cosa.
Quindi potremmo dire che è lui l'inventore del termine steampunk?
Intervista fantastica che conferma ciò che già mi aveva colpito nel T.A. *__*
Di Filippo pare avere idee chiare e interessanti sulla contaminazione dei generi, mi piace quando si definisce un literary butterfly; trovo che ci sia un grande bisogno di atteggiamenti il più possibile aperti e recettivi sia da parte di chi scrive che di chi legge. Forse questo è il solo modo per vincere i pregiudizi e le ghettizzazioni nella letteratura.
Complimentissimi Nick *__*
In ritardo, come sempre, ma hai fatto un ottimo lavoro. Mi sono goduto l'intervista (quasi) come i libri di Di Filippo. Direi che a questo punto ti sei strameritato un po' di riposo.
@ Marco Lazzara
No Marco, il termine Steampunk è stato inventato da K.W. Jeter per definire il tipo di storie che stavano creando lui ed i suoi amici Blaylock e Powers, esistevano già storie di quel tipo, ad esempio varie opere di Michael Moorcock, ma mancava una definizione. Quello che si intendeva è nel libro di Di Filippo che era la prima volta che il termine "steampunk" veniva impiegato in copertina. Inoltre il libro "The Steampunk Trilogy" è stato responsabile della seconda fase del successo e della diffusione del genere dopo la prima fase -appunto- dei vari Jeter; Blaylock e Powers.
@ Glò
Di Filippo si è dimostrato, non solo una persona con le idee chiare ma anche uno scrittore in gradi di dare il suo meglio in tutti i campi, anche grazie alla sua apertura mentale e al suo essere una " literary butterfly".
Grazie a te per i complimenti!
@ Massimo Citi
Direi che il 2015 termina alla grande, adesso sto preparando un paio di interviste da mandare prima del definitivo riposo natalizio.
fantastica è dir poco! Bravissimo!!
@ Donata Ginevra
Grazie! :)
La classica intervista papiro. Sempre belle ^^
@ Michele il menestrello pignolo
Grazie davvero! ^^
Grandissimo, Nick!!! Bellissima intervista, tra l'altro non sapevo dell'esordio su "Twilight Zone", grave lacuna da parte mia, devo assolutamente recuperare il racconto. Minchia, umile e disponibilissimo Di Filippo, un grande. Non si fa mancare nemmeno una "stoccatina" al vecchio (in senso amichevole) Martin, sul monopolio del mercato. Complimenti e auguri, Nick. Buon Natale!!! A presto!
@ Belushi
Grazie fratello!!! Si, in effetti Di Filippo ha esordito sulla rivista "twilight Zone", tra parentesi prima di raccogliere informazioni per l'intervista lo ignoravo anche io.
Le stoccate amichevoli a Martin sono una delle cose più divertenti dell'intervista.
Buon Natale anche a te!
Bell'intervista Nick!
E buona feste a te e alla tua famiglia :D
@ Camilla P.
Grazie!
Ricambio con vero piacere!
Ma sai mio caro Nick che tu ti meriti questo ed altro, sai quanto vali e quanto sei apprezzato vero? Te lo ripeto perchè spesso tu penso lo dimentichi.
Caro dolce amico mio con i follower persi , mentre io ne ho più di 50 che volano nello spazio, ma penso ad altre cose più pastose e molto più gravi che mi impediscono di essere felice.
Sii felice Nick, goditi il meritato riposo e noi siamo qui a aspettarti come sempre più di sempre..
Divertiti! Noi ci siamo!
@ Nella Crosiglia
Goditi anche tu le ferie amica mia.
Ci sentiamo presto!
Un abbraccio!
Ottima intervista, ancora una volta! Io ero incuriosito appunto dalla collaborazione con Chillemi. Di Filippo è uno scrittore abbastanza versatile!
@ Salomon Xeno
Quello della collaborazione tra i due scrittori era un aspetto che interessava anche a me, è raro che un artista americano collabori con uno europeo, figuriamoci nello specifico con uno italiano. Inoltre è vero che Di Filippo è un autore molto versatile, uno dei più versatili che io abbia mai conosciuto.
Probabilmente è una delle interviste migliori che abbia mai fatto.
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