PROFESSIONE TRADUTTORE: TRADURRE FANTASCIENZA IN ITALIA NEL 2019 .

INTERVISTA COLLETTIVA SULLO STATO DEL FANTASTICO IN ITALIA DAL PUNTO DI VISTA DI CHI TRADUCE I LIBRI CHE POI NOI LEGGEREMO.

Di solito quando si parla di editoria-di tutta l'editoria non solo quella di genere- nel nostro paese (ma non solo) di solito ci si sofferma solo su due o tre categorie: gli autori (ovviamente e giustamente), gli editori e gli autori delle copertine e spesso tutto il resto viene, se non proprio trascurato, messo in secondo e terzo piano.
Provate però un attimo a pensare a quante e a quali diverse figure professionali servono per realizzare un libro o una qualsiasi altra pubblicazione.
Provate a riflettere a quanto lavoro c 'è sotto.
I traduttori per esempio.

Persone il cui compito è quello di trasporre i testi da altre lingue ed adattarle alla nostra.
Quanto conosciamo del loro lavoro?

Ho quindi chiesto aiuto su Facebook ai miei contatti per realizzare una intervista collettiva, l'idea era (oltre a voler tentare un focus sui traduttori) era  quella di restituire a chi legge un quadro quanto più possibile sfaccettato e completo di quelli che sono gli aspetti di una attività importantissima ma non sempre adeguatamente valorizzata.
Hanno risposto in quattro, alcuni  hanno risposto a tutte le domande, altri ad una parte, cosa peraltro prevista dagli accordi presi.
Come tutte le analisi non può ovviamente dirsi completa, consideriamola un punto di partenza per poter continuare ad approfondire il discorso anche in futuro.

Certo, come ogni cosa  l'analisi è migliorabile, di conseguenza i traduttori e le traduttrici che lo vorranno potranno partecipare nei commenti di questo post (quindi.....sentitevi liberi di dire la vostra!)

Pubblico le risposte nell'ordine di arrivo.
Ringrazio con estrema gratitudine nell'ordine:  Ferdinando (Wanni) Temporin (WT),  Lia Tomasich (LT);  Chiara Reali (CR) , Marco Passarello (MP)
Senza di loro il presente post non esisterebbe.


INTERVISTA!

Nick: Cosa vi ha portato ad intraprendere questa attività? Con quale opera ed autore straniero avete cominciato? Con quali lingue straniere lavorate abitualmente?

Ferdinando (Wanni) Temporin (WT):  Ho iniziato per fare un favore ad un'amica, innamorata della saga dei Dorsai e che non conosceva l'inglese: il primo testo che ho tradotto è stato Lulungomeena di Gordon R. Dickson.

Lia Tomasich (LT): La passione per le lingue, che ho sviluppato sin da piccola. Non so se qualcuno si ricorda “Il francese giocando” o “L’inglese giocando” dei Fratelli Fabbri Editori. Erano fascicoli periodici che si acquistavano in edicola, dedicati ai più piccoli, e che comprendevano anche un disco a 33 giri. Mi piacevano da matti. Poi, dopo il liceo classico ho frequentato la SSIT, la gloriosa scuola per traduttori e interpreti di via Mercadante a Roma. All’epoca, c’erano solo le sedi SSIT nelle principali città italiane se si voleva diventare traduttore o interprete. Non nasco come traduttrice letteraria. Ho preso un indirizzo più “pratico”, dedicandomi alla traduzione tecnica. Ho lavorato per trent’anni nella localizzazione software e solo nel 2015 ho iniziato a esplorare il campo della traduzione letteraria di genere. Ora me ne occupo a tempo pieno, mi appassiona molto e mi dà molte soddisfazioni.
Il primo romanzo che ho affrontato è stato La città del cratere di Alastair Reynolds, per Urania. Lavoro solo con l’inglese. Con il francese ho sempre avuto meno possibilità.

Chiara Reali (CR) :  Nel mio caso più che cosa, chi: non so se avrei mai avuto davvero il coraggio di tradurre un libro da sola se Giorgio Raffaelli di Zona 42 non mi avesse proposto di esordire con la traduzione di Desolation Road di Ian McDonald.
Traduco dall’inglese all’italiano.

Marco Passarello (MP) : Avendo frequentato il liceo classico, già da ragazzo tradurre mi veniva piuttosto naturale. Ancora al liceo feci la mia prima traduzione su commissione: mi avevano subappaltato una traduzione dall’inglese da allegare al gioco “Dungeons & Dragons” per un negozio di Verona (qualcuno mi ha detto che quella traduzione, probabilmente piena di errori, ha assunto un valore quasi mitologico per i primi appassionati di D&D). Nei primi anni dell’università mi inventai il ruolo di traduttore tecnico dall’inglese per le riviste tecniche dell’editoriale Jackson, per guadagnare qualche soldo mentre studiavo ingegneria. L’inglese lo sapevo poco (al liceo avevo studiato tedesco, essendo cresciuto a Bolzano!), e si può dire che imparai l’inglese perché facevo traduzioni, non viceversa! Fu questo lavoro come traduttore ad aprirmi inaspettatamente la porta della carriera giornalistica, visto che poi la Jackson mi propose un posto di redattore. La prima traduzione professionale di narrativa la feci per l’editore Fernandel: due racconti noir di Chaz Brenchley e Jason Starr per l’antologia Cuore Nero.


 Nick: Nel momento in cui avete iniziato pensavate che sarebbe diventata un'attività duratura?

WT:  No, sempre considerata una cosa fatta per passione.

CR: Lo speravo, ma neanche troppo, tant’è che per un po’ ho continuato a fare altro.

MP:  No. Per me la traduzione, sia tecnica, sia letteraria, è sempre stata un lavoro temporaneo per guadagnare qualche spicciolo o per arrotondare un altro stipendio. Non mi sono mai considerato un traduttore a tempo pieno, sebbene alcuni anni fa, in un momento di crisi della mia carriera giornalistica, avessi cominciato a pensarci.

Nick: Prima di intraprendere questo lavoro cosa conoscevate della narrativa di genere?

WT: Leggevo e conoscevo la Fantascienza in italiano a partire dagli anni 60 e in inglese dagli anni 80.

LT: Sono una lettrice di vari generi e ho scritto dei racconti, anche questi di generi diversi.

CR: Pochissimo! Anche se in realtà, col senno di poi, mi sono resa conto che molti dei miei libri del cuore ci ricadevano in pieno, anche se qualcuno aveva… tolto l’etichetta.

MP:  La mia passione per la narrativa di genere, e in particolare per la fantascienza, risale all’adolescenza, ben prima che imparassi l’inglese. Quando ho cominciato a tradurre avevo già letto tantissima fantascienza, una buona dose di fantasy e diversi titoli di altri generi.

Nick:  Quali sono gli autori e le opere che vi hanno dato maggiori soddisfazioni? E quali invece hanno rappresentato le maggiori sfide e difficoltà? Se volete potete raccontare anche qualche aneddoto che considerate particolarmente significativo.

WT: Mi è piaciuto moltissimo tradurre i racconti di K. K. Rusch,  ho trovato difficoltoso (per la lunghezza) Santiago di Mike Resnick. Per 'Oggi sono Paul' di Shoemaker ho chiesto delucidazioni direttamente all'autore riguardo ad alcuni termini da lui usati.

CR: Selezione naturale di Tricia Sullivan e La città dell’orca di Sam J. Miller. In entrambi i casi la soddisfazione è amplificata dall’avere avuto la possibilità di conoscere gli autori e di parlare con loro del mio lavoro sui testi. Il testo più difficile, per me, è sempre quello che devi ancora tradurre (anche perché gli amici della Zona sembrano divertirsi a complicarmi la vita!). Ogni volta che inizio un nuovo libro mi sembra quasi di essermi dimenticata come si fa il mio lavoro, ma so che è solo questione di entrarci, di sentirne la voce. E poi, va be’, vogliamo parlare di McDonald? Non solo ha un vocabolario che definire ricco è dire poco, si inventa un sacco di parole! Quando ho tradotto Ares Express gli ho dovuto chiedere cosa significasse un termine che non ero riuscita a trovare da nessuna parte. Be’, non se lo ricordava neanche lui!

MP:  Le maggiori soddisfazioni me le ha date indubbiamente la trilogia di Virga di Karl Schroeder pubblicata da Zona 42. Non solo perché si tratta dell’opera di narrativa più lunga e complessa che ho tradotto, ma anche perché mi è capitato diverse volte che appassionati venissero a complimentarsi per la qualità della traduzione. Si tratta anche dell’opera che ha rappresentato la sfida maggiore, viste le complicate descrizioni di ambienti la cui fisica è completamente diversa da quella cui siamo abituati. Peraltro in un caso, trovandomi in dubbio su una stanza la cui descrizione mi sembrava autocontraddittoria, scrissi a Schroeder che mi rispose: “Non ricordo ma non è importante. Scrivi semplicemente che è una stanza di forma strana”.

Nick:  Pregi e difetti del lavoro di traduttore.

CR: È un lavoro solitario: ed è un pregio, perché mi piace lavorare da sola, ed è un difetto, perché per riuscire a crescere il confronto con colleghe e colleghi è fondamentale.

MP:  Il pregio principale è l’assoluta autonomia: si può lavorare quando e dove si vuole, con i ritmi che si preferiscono, senza limitazioni di sorta. E poi, se ti piace la letteratura, si ha il piacere di essere i primi a leggere un testo, e di dargli la forma che i lettori italiani conosceranno. I difetti: è un lavoro malpagato, soprattutto in Italia; e per giunta si è in balia di editori che pagano in ritardo o addirittura non pagano.

Nick:  Aspetto economico: si può mantenersi solo col lavoro di traduttore oppure no?

LT: No. Non perché non ci sia lavoro, ma semplicemente perché non è pagato come dovrebbe. L’impegno di tempo, ricerca e cura che mette in campo il traduttore è considerevole. A volte, non basta una giornata per fare una cartella. Ci sono casi in cui ci si trova a fare le ricerche più impensate che vanno dall’architettura alla fisica, alla matematica, alla geologia. Una volta, ho dovuto chiedere l’aiuto di due miei amici matematici per trovare il modo giusto di riportare correttamente nella forma scritta alcune formule matematiche (integrali con logaritmi, derivate, ecc.). Era un dialogo in cui la comandante sottoponeva a un test la sua astronave senziente. Complicato, ma alla fine appagante.

CR: Da un paio d’anni ci sto riuscendo. Diciamo che sì, si può, ma bisogna essere capaci di fare i salti mortali.

MP: Si può, ma è difficile. Se non si ha un partner con un lavoro stabile, i ritardi nei pagamenti possono mettere in serie difficoltà, e comunque le paghe medie degli editori sono tali che per guadagnare a sufficienza occorre prendersi enormi carichi di lavoro, e mettersi di fronte all’alternativa se ammazzarsi di fatica o lavorare senza la cura che il lavoro richiederebbe.

 Nick:  Tempi di lavoro e scadenze di consegna: dite la vostra.

LT: Non accetto lavori con termini di consegna per me impossibili. Per un romanzo mi servono almeno tre mesi, meglio tre mesi e mezzo, perché alla fine voglio rileggere la traduzione. Poi dipende anche dal numero di battute.

CR: Credo di essere un po’ uno stereotipo: lavoro bene con una tazza di caffè in mano, un gatto sulle gambe e il fiato della scadenza sul collo. Detto questo, sarebbe bello se ci fosse più tempo non tanto per la fase di traduzione, quanto per quella di revisione. Che, quando è fatta bene, arricchisce tutte le persone che ci lavorano.

MP:  In realtà è raro che gli editori impongano scadenze di per loro difficili. Il problema è che per guadagnare a sufficienza occorre accumulare lavoro da più committenti, quindi si finisce per accettare troppo lavoro e trovarsi in difficoltà.

LT:
Nick: Quali saranno le lingue con cui si lavorerà di più nel futuro?


LT: Il cinese, credo. Ma anche il russo.

CR: Sinceramente non saprei. Di certo credo – temo – che nel futuro prossimo la lingua dell’editoria, almeno qui in Italia, continuerà a essere l’inglese.

MP:  Non credo che il predominio dell’inglese verrà scalfito, ma credo di fare una facile profezia se dico che il cinese crescerà.

Nick: Secondo voi la figura del traduttore è considerata e valorizzata adeguatamente nel nostro paese oppure no? E secondo il vostro parere cosa andrebbe cambiata o semplicemente migliorata?


LT: No, la figura del traduttore non è molto valorizzata. Nel settore tecnico poi, la professionalità è stata annullata quasi del tutto, svilita da incompetenza, qualità scadente e bassi compensi, ma questo avviene a livello internazionale. Purtroppo, è quello che chiede il mercato. Nel settore editoriale invece la professionalità c’è, la qualità richiesta è alta. Purtroppo, non lo sono molto i compensi.

CR: Per niente! E non solo da parte di lettrici e lettori, ma anche da parte delle case editrici. Ormai non mi stupisco quasi più se, cercando informazioni su un libro, magari proprio sul sito della CE che lo pubblica, non mi riesce nemmeno di trovare il nome di chi l’ha tradotto! Ma cambiare si può: nella mia esperienza con la Zona, per esempio, ho notato con piacere che l’attenzione data dalla casa editrice alla traduzione (che è un’attenzione da lettori, in un certo senso, da chi pubblica i libri che vorrebbe leggere, come li vorrebbe leggere) finisce per “contagiare” anche chi legge.

MP:  È stato fatto qualche passo avanti, per esempio alcuni editori (non tutti!) indicano il traduttore in copertina, a volte addirittura sul frontespizio. Ma il problema principale resta quello delle tariffe troppo basse. Fatta eccezione per alcuni testi di prestigio, la maggior parte degli editori paga tariffe semplicemente inadeguate per un lavoro fatto con cura. La conseguenza è che vengono pubblicate traduzioni sciatte e imprecise, e il pubblico si abitua a questo basso standard. Da questo punto di vista la situazione è addirittura peggiorata.

Nick: Qual è lo stato della narrativa e dell'editoria del fantastico in Italia secondo voi? Nel bene e nel male.

CR:   Nel bene e nel male mi sembra che ci sia fermento, che qualcosa si muova – sull’onda anche dell’entusiasmo delle “grandi”: vedremo, col tempo, se porterà a qualcosa.

MP: Da un lato mi sembra che la qualità degli autori sia cresciuta tantissimo in questi ultimi anni. I giovani che si affacciano sulla scena mi sembrano molto più consapevoli, in grado di evitare ingenuità e di scrivere racconti che non sfigurerebbero nemmeno sul mercato internazionale. Dall’altro però mi sembra che la facilità con cui oggi è possibile distribuire ebook o stampare piccole tirature abbia fatto ritornare la fantascienza italiana in un “ghetto” che non comunica col resto dell’editoria. Fantascienza e grandi editori si ignorano, e credo che le colpe siano equamente distribuite da ambedue le parti.

Nick: Più in particolare che anno è stato per voi il 2019? Su quali romanzi o racconti avete lavorato? E secondo voi in generale-quali sono state le opere e gli autori e le iniziative editoriali più importanti venute fuori?

LT: Questo per me è stato l’anno della trilogia Luna di Ian McDonald, uscita per la collana Oscar fantastica in Titan Edition. Un grande divertimento e anche una grande soddisfazione.

CR: È stato un anno difficile (non come traduttrice ma proprio come Chiara), il che mi ha portata a lavorare meno di quanto avrei dovuto/voluto. Ho tradotto un paio di libri per Il Castoro (uno YA e un middle grade), il libro di Miller per la Zona, e sto lavorando a una chicca che dovrebbe uscire a gennaio… Ho anche seguito meno le uscite in libreria: tra l’altro, parte del mio lavoro è guardare non tanto a quello che succede qui, quanto a quello che viene pubblicato all’estero, nella speranza di trovare titoli interessanti da proporre, per esempio.

MP: Da quando sono rientrato a far parte di una redazione (TGR RAI) non ho più il tempo, e nemmeno la necessità, di fare il traduttore. Considero la traduzione un capitolo chiuso della mia attività lavorativa, a meno che qualcuno mi proponga qualcosa da fare per diletto e con scadenze molto lontane. In generale per me il 2019 è stato un anno splendido, perché ho esordito come curatore con l’antologia Fanta-Scienza, che mi sta dando grandi soddisfazioni. Scoprire che Bruce Sterling ne ha fatto pubblico elogio a Lucca Comics è stata una di quelle soddisfazioni che si ricordano per sempre.

Nick: Che previsioni fate per il futuro e cosa invece desiderate possa succedere (sia in generale che per la vostra attività personale)

WT:  Ho sempre fatto il traduttore nel mio tempo libero, non l'ho mai considerato un lavoro, infatti ho smesso appena la voglia mi è venuta meno e la fatica tanta (sono troppo perfezionista).

LT: Vorrei continuare a tradurre romanzi, come faccio ora. E magari, riuscire ad avere il tempo per scriverne uno mio, chissà.

CR:  So già a quali testi mi dedicherò nei prossimi mesi, e quello che succederà dopo è sempre una sorpresa, e mi va bene così. Non sono brava a fare previsioni. Il mio desiderio, al momento, sarebbe quello di tradurre fuori dal genere, per vedere l’effetto che fa. E magari di ricominciare a scrivere.

MP: Sono ottimista e penso che per la narrativa fantastica italiana ci saranno dei progressi. Io spero che, come alcuni profetizzano, Netflix o qualche altro network trasformi in serie TV una storia italiana e attiri nuovo interesse sulla fantascienza italiana. Per quanto riguarda me, spero di riuscire a terminare il romanzo cui sto lavorando da tempo.


BONUS CARD: LE BIOGRAFIE.

Ferdinando (Wanni) Temporin è nato a Rovigo (Veneto - Italia) nel 1946. Diplomato geometra nel 1966. Lingua scolastica: francese. Lavorato in cantieri, autostradali-ferroviari-industriali e civili, prima in Italia dal 1966 al 1972 poi in Sud Africa fino al 1982 dove, per forza di cose, ho appreso prima la lingua franca dei bantu (fanagalo) e poi l'inglese. Ritornato in Italia nel 1982 continuando a lavorare in diverse imprese di costruzioni. La mia prima traduzione è stata di un libretto dal francese che trattava del tracciamento delle curve circolari e di transizione stradali (finito poi nelle librerie dell'impresa e andato smarrito). Prima traduzione dall'inglese: Lulungomena di Gordon R. Dickson. Poi tramite Sandro Pergameno e la Delos ho iniziato una breve collaborazione traducendo: 'Fratello della Nave' di Aliette De Bodard, 'Veritas' di Robert Reed, 'La Stanza delle Anime Perdute' e 'Settore Venice' della K. K. Rusch. Per Edizioni Della Vigna ho tradotto 'Oggi sono Paul' di Martin L. Shoemaker e co-traduttore con Luigi Petruzzelli di 'Santiago' di Mike Resnick. Smesso di tradurre perchè non volevo che diventasse un lavoro, avendolo fatto solamente per passione. L'inglese l'ho imparato in Sud Africa leggendo prima i giornali e poi i libri (il primo è stato 'Dune'). Collezionista di fantascienza dal lontano 1960 e felice possessore di circa 6000 libri in italiano e 650 in inglese. Iscritto a Uraniamania e World SF Italia.

Dopo il liceo classico, Lia Tomasich ha conseguito il diploma di interprete traduttore presso la Scuola Superiore per Interpreti Traduttori di Roma nelle lingue inglese e francese. Per circa trent’anni si è occupata di traduzione tecnica. Nel 1994 ha fondato insieme a tre colleghi una società di localizzazione software. Nel 2014, ha iniziato a tradurre narrativa per le case editrici: Delos Digital (Sherlockiana), Future Fiction di Francesco Verso e Mondadori (Urania e Oscar Fantastica). Vincitrice del Premio Gialloluna Neronotte 2017 con il racconto Il martello di Charun, pubblicato in appendice su Il Giallo Mondadori.

Chiara Reali vive a Milano. Scrive in rete dal 2005 e ha pubblicato racconti su Linus, ‘tina, e nelle antologie Tu sei Lei. Otto scrittrici italiane (Minimum Fax) e Propulsioni d’improbabilità (Zona 42).
Per Nero ha collaborato alla traduzione de Le Visionarie. Per Zona 42 ha tradotto i romanzi di Ian McDonald, Jon Courtenay Grimwood, Tricia Sullivan e Nnedi Okorafor.


Marco Passarello vive a Bolzano, dove è cresciuto e dove lavora come giornalista nella redazione del TGR RAI. Si è laureato in ingegneria aeronautica al Politecnico di Milano, e a Milano è rimasto per un trentennio lavorando come giornalista nelle redazioni di Computer Idea e ComputerBild, e come freelance per svariate testate tra cui Nòva 24, Repubblica Sera, Pagina 99. Ha lavorato anche come traduttore letterario, il più delle volte in coppia con la moglie Silvia Castoldi, traducendo tra l’altro la trilogia Virga di Karl Schroeder per Zona 42. Come esperto di fantascienza collabora da vent’anni con la collana Urania Mondadori come selezionatore di testi e occasionalmente editor e revisore. Ha inoltre curato la rubrica Futurama per il mensile Repubblica XL, e nel 2019 ha curato l’antologia Fanta-Scienza per Delos Digital.

13 commenti:

Alessia H.V. ha detto...

È sempre bello leggere di persone che lavorano amando quello che fanno, con tutte le difficoltà possibili e immaginabili.
Mi sento molto affine a questi traduttori nonostante il mio settore sia diverso, è sempre una cosa che si fa per passione e per cui bisogna avere molta pazienza, tenacia e costanza.

Fra l'altro avendo studiato le problematiche relative alla traduzione di un testo, conosco abbastanza bene gli scogli contro i quali devono scontrarsi ogni volta e comprendo perfettamente quanto sia difficile!! Quindi hanno tutti la mia stima ed il mio supporto morale! xD

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Intervista molto interessante sia per le tue domande che per le loro risposte per nulla banali.

Nick Parisi. ha detto...

@ Alessia H.V.
Anche la mia ! ;)
Comprendo perfettamente quanto scrivi infatti uno dei prossimi esperimenti di intervista collettiva riguarderà gli illustratori. Altra categoria poco valorizzata. XD

Nick Parisi. ha detto...

@ Daniele Verzetti il Rockpoeta
Grazie per i complimenti. :)

Ariano Geta ha detto...

Da ex studente di Lingue e Letterature Straniere non nascondo che avevo anche un po' sognato una carriera del genere. Complimenti ai traduttori intervistati e a te che gli hai dato giustamente quello spazio che in genere non ricevono mai (a meno che non siano anche scrittori affermati).

Mariella ha detto...

Quanta fatica e passione dietro il lavoro di un traduttore. Quanta professionalità. Dobbiamo a loro tutte le "sfumature" degli autori più amati. Grazie a tutti gli intervistati e a te per questa magnifica intervista.

Nick Parisi. ha detto...

@ Ariano Geta
Il loro è un lavoro fondamentale ma sottostimato proprio per questo ho voluto dargli spazio ma senza di loro non ci sarebbero nemmeno la maggior parte dei libri.

Nick Parisi. ha detto...

@ Mariella
Grazie a te per aver apprezzato. ;)

Lucius Etruscus ha detto...

Le grandi menti pensano all'unisono: anch'io anni fa ho chiamato "Professione Traduttore" un ciclo di interviste similare, smosso dalla tua stessa curiosità per la professione più ingiustamente bisfrattata dell'editoria, scoprendo seri ed appassionati professionisti. (La conoscenza di alcuni di loro mi ha spinto a farli diventare personaggi del mio romanzo del 2014, ma questa è un'altra storia :-P )
È un piacere poi ritrovare Lia, che ho intervistato questa estate ;-)

Nick Parisi. ha detto...

@ Lucius Etruscus
Antonio Serra, uno dei padri di "Nathan Never" una volta disse ad un incontro: "Se credi di aver avuto una grande idea sappi che forse da qualche parte nel Mondo qualcun altro l'ha avuta prima di te!". Tu evidentemente l'hai avuta prima di me!. :) Mandami i link e li aggiungo in calce al post. ;)

Lucius Etruscus ha detto...

Per carità, chissà quanti l'hanno già usato: ho scoperto che almeno dal 2005 c'è un altro blog, "vita da editor", che l'ha usata. Sono contento che i traduttori siano più intervistati del previsto perché fanno un lavoro titanico in pratica senza alcun riconoscimento, e farli conoscere è sempre cosa buona e giusta ;-)

MAX ha detto...

Complimenti anche da parte mia per l’intervista ai traduttori.
Molto interessante.
Forse hanno più soddisfazioni dei tanti nuovi scrittori che spuntano come funghi che devono faticare non poco per cercare di farsi conoscere .
In un mondo come quello dell’editoria che per me resta sempre legato al vecchio detto: cioè che in Italia ci son più scrittori che effettivamente gente che legge.
Ma può darsi mi sbagli.
Poi ho visto la classifica dei libri più letti nel 2019 sul sito della Mondadori e fra i primi venti ci son diversi italiani...quindi i libri tradotti sono proporzionalmente meno.
Se poi come ho letto sopra riguardo a quelli di fantascienza rischiano a causa di scrittori “mediocri” di essere relegati /ghettizzati ,come genere, la cosa diventa ancora più difficile.
Forse sbaglio ma credo che la differenza nelle soddisfazioni anche economiche, perché vivere bisogna. per un traduttore lo faccia il suo committente.
Se è una grossa casa editrice probabilmente la strada è meno in salita.
Penso.
Ciao

Nick Parisi. ha detto...

@ MAX
Scusa il ritardo nella risposta, ma in questi giorni sono oberato di impegni personali .
Indubbiamente hai ragione sugli scrittori: io personalmente sono convinto da sempre che in Italia ci siano più scrittori che (purtroppo) lettori. Quando ho cominciato a muovermi nel fandomdi fantascienza e dei fumetti all'inizio degli anni '90s una fanzine (quindi ti parlo di riviste non professionali ) vendevano più o meno tra le cinquecento e le mille copie. oggi vendere mille copie (mille copie ricorda) viene considerato come un risultato interessante da editori di medio cabotaggio. Ti rendi conto? :(
Il problema è che in italia si legge troppo poco, la Cultura -e per me anche la fantascienza e l'horror sono cultura, vedi l'importanza di romanzi come "Fahreneit 451"-non viene adeguatamente valorizzata ed invece leggere (non importa cosa, ognuno dovrebbe e potrebbe trovare da leggere in base ai propri gusti) è importante perchè insegna a pensare con la propria testa, a farsi domande, ad essere curiosi nei confronti della realtà che ci circonda, ad essere individui attivi.
Ciao a presto.

Ricordando il passato

Ricordando il passato
 
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