La prima parte di questo dossier è stata pubblicata QUI.
"L’uomo è l’oggetto più misterioso e sconcertante scoperto dalla scienza."
Angel Ganivet.
"Il mistero non è un muro, ma un orizzonte. Il mistero non è una mortificazione dell’intelligenza, ma uno spazio immenso, che Dio offre alla nostra sete di verità."
Antoine de Saint-Exupery.
Nel momento stesso in cui Igor Alekseevic Dyatlov ed i suoi otto compagni lasciano le innevate case di Vizaj in un certo senso è come se abbandonassero anche i sentieri della storiografia ufficiale per addentrarsi in un territorio ben più nebuloso.
Ben presto ogni contatto con loro viene perduto.
Inizialmente nessuno si preoccupa quando non giungono notizie da parte del gruppo.
Non si preoccupa certo Yuri Efimovic Yudin nel frattempo tornato a Sverdlovsk, lui ha la massima fiducia nei confronti dei suoi compagni tutti escursionisti esperti. Non si preoccupano nemmeno i familiari dei nove ragazzi, loro possiedono la massima fiducia nei loro congiunti.
Nemmeno i membri dell' associazione di atletica di cui i nove ragazzi fanno parte si preoccupano.
Dopotutto nella Russia del 1959 non esistono molti mezzi di comunicazione, non esistono i cellulari a cui siamo abituati oggi; la zona dove il gruppo si è diretto è una delle più isolate di tutto il territorio sovietico e dopotutto ritardi nei tempi programmati vengono considerati normali per spedizioni come quelle organizzate dal giovane Igor Alekseevič Dyatlov
Una foto scattata dall' esercito e dalla polizia sovietica durante la ricerca della spedizione di Dyatlov. |
Però i giorni passano invano e quando anche il termine concordato del 12 febbraio trascorre senza notizie allora e solo allora i parenti dei nove giovani cominciano a farsi domande.
Nel frattempo nella zona degli Urali si moltiplicano le segnalazioni relative alla comparsa di misteriose luci arancione in quei cieli. Arrivano dalla gente del posto, arrivano da stranieri residenti in loco; perfino un altro gruppo di escursionisti sostiene di averle viste. Si tratta di gente che non c'entra niente con il gruppo di Dyatlov, gente che proviene da un'altra zona della Russia ma che per una serie di coincidenze hanno pernottato ad una cinquantina di chilometri da dove sarebbero dovuti trovarsi Dyatlov ed i suoi.
Segnalazioni di questo genere andranno avanti per mesi.
E questa invece è una delle ultime foto scattate dalla spedizione Dyatlov, il ritrovamento delle macchine fotografiche del gruppo permetterà poi di ricostruire buona parte degli eventi avvenuti. |
Bisognerà però aspettare fino al giorno 20 febbraio prima che i dirigenti del Politecnico si decidano ad inviare una prima spedizione di ricerca. Ma si tratta di volontari, professori e studenti dello stesso istituto.
Che non trovano niente.
Solo in seguito si aggregheranno esercito e polizia per una operazione in grande stile.
Che invece trovano qualcosa.
Non dove si aspettavano che fosse.
Non quello che speravano
- UNA TENDA NEL BOSCO.
E' il 26 febbraio del 1959 quando nella zona ad ovest del pendio del Cholatčachl viene ritrovata la tenda utilizzata dai nove escursionisti.
E qui cominciano gli elementi strani.
La tenda risulta tagliata.
Tagliata dall'interno.
Prima brevi incisioni di una quarantina di centimetri l'uno e poi una lunga apertura, quasi come se qualcuno dentro avesse prima voluto praticare dei brevi tagli per controllare qualcosa all'esterno e poi come se gli occupanti fossero voluti fuggire in tutta fretta.
Un' atteggiamento illogico soprattutto per degli escursionisti esperti.
Inoltre le tracce sulla neve dimostrano come se gli occupanti della tenda fossero fuggiti in tutta fretta alcuni di loro a piedi nudi, uno addirittura con una sola scarpa addosso.
Di sera. Con una temperatura media di 30 gradi sotto lo zero e con una tempesta di neve in avvicinamento.
Ed è ancora solo l'inizio....
- I PRIMI CINQUE.
I soccorritori decidono di seguire le impronte.
Non devono però cercare a lungo che dopo, nemmeno cinquecento metri, all'ombra di un grande albero di cedro rinvengono i due corpi.
Si tratta di Yuri Dorosenko e di Yuri Krivoniščenko, i due appaiono stranamente scalzi e vestiti solo della biancheria più intima, niente giacche e pellicce, solo biancheria intima.
Accanto a loro si notano i resti di un fuoco, quasi un ultimo patetico disperato tentativo di riscaldarsi.
Non è tutto.
Si nota anche che molti rami del cedro sembrano come strappati, si ipotizza allora che questo possa essere dovuto all'azione di qualcun altro dei membri della spedizione che probabilmente nel buio della sera si è arrampicato sull'albero per ritrovare la strada verso la tenda.
Il momento del ritrovamento di uno dei primi cinque corpi |
Seguendo questa intuizione alcuni membri del gruppo di soccorso ripercorrono seguendo la via più diretta la strada tra l'albero e quanto resta della tenda.
In questo modo riescono a trovare altri tre cadaveri.
Uno è lo stesso Igor Dyatlov.
Per quanto riguarda gli altri due, vengono ben presto identificati come Rusten Slobodin e una delle due ragazze, Zinaida Alekseevna Kolmogorova
Tutti sembrano morti per ipotermia, solo Slobodin presenta una leggera lesione cranica, non così grave da essere fatale.
A questo punto i soccorritori sono già in grado di ipotizzare che qualcosa tra quelle montagne abbia spaventato i nove ragazzi spingendoli a scappare improvvisamente dalla loro tenda riscaldata per affrontare la intemperie esterne.
Già, ma cosa?
Il ritrovamento della tenda. |
Molto probabilmente il gruppo è rimasto unito almeno fino all' albero di cedro poi i ragazzi si sono separati nel tentativo di tornare indietro, la ferita alla testa di Slobodin potrebbe stare ad indicare che sia stato lui a tentare di arrampicarsi sull'albero.
Rimane però in piedi la domanda delle domande: cosa ha costretto un gruppo di escursionisti esperti a tagliare il telo della loro tenda per scappare in tutta fretta tra la neve e l'oscurità?
E perché alcuni di loro non erano nemmeno vestiti?
E all'appello mancano ancora quattro persone.
Fortunatamente dentro la tenda vengono rinvenuti in buono stato i diari e le macchine fotografiche dai ragazzi e questo permette di riuscire a ricostruire almeno in parte il viaggio.
- UN PICCOLO PASSO INDIETRO.
I diari di Dyatlov e compagni testimoniano di come le cose siano procedute in maniera normale -e secondo i programmi- almeno fino al giorno 31 gennaio con l'arrivo sul bordo dell'altopiano.
Anzi, quello stesso giorno, in uno stato di rilassamento e di complicità totale, i nove ragazzi avrebbero provveduto anche ad accantonare il cibo e gli equipaggiamenti in eccesso per servirsene durante il viaggio di ritorno.
E' a partire dl giorno successivo che qualcosa, chiamatelo destino, chiamatelo il capriccio della natura, gioca un brutto scherzo ai ragazzi venuti da Sverdlovsk: una tempesta di neve fa prendere ai nove giovani la strada sbagliata facendogli compiere una deviazione enorme dal percorso stabilito.
Portandoli vicino alla cima del Cholatčachl, la montagna dei morti.
Vista l'impossibilità di proseguire a quel punto Dyatlov avrebbe dato l'ordine di piantare la tenda per poi il giorno dopo, quando sarebbe sopraggiunta la luce, ritornare sul percorso prestabilito.
Qualcuno o qualcosa però aveva deciso diversamente.
I poliziotti presenti al ritrovamento dei corpi come prima ipotesi pensano ad un attacco dei Mansi.
Già in passato le bellicose tribù locali avevano impedito l'accesso dei loro territori a persone giunte da fuori, nel 1930 si erano addirittura spinti ad uccidere un ricercatore mandato dal governo sovietico mentre cercava di mappare una delle loro montagne sacre.
Però il Cholatčachl non è una montagna sacra, anzi è un luogo da cui gli stessi Mansi cercano di stare lontani.
Le loro leggende sono piene di storie terribili relative agli Almas, gli spietati Yeti russi, che vivrebbero proprio su quella montagna.
Bisogna anche aggiungere che non vengono trovate altre tracce oltre quelle degli sventurati alpinisti, non si rinvengono tracce di combattimenti o di armi. Infine le foto sviluppate dai rullini di Dyatlov e di Krivoniščenko testimoniano solo di incontri cordiali e positivi con le tribù Mansi durante il viaggio dei nove giovani.
Certo, tra le foto sviluppate, ce ne sono almeno due che lasciano perplessi gli investigatori.
Ma su quelle torneremo in un secondo momento.
Quello che conta è che l'ipotesi di un attacco da parte di briganti Mansi viene definitivamente accantonato.
Un piccolo passo in avanti certo, ma questo lascia ancora più perplessi gli investigatori.
E rimane ancora da stabilire il destino dei restanti quattro membri della spedizione.
- ... E POI NON NE RIMASE PIU' NESSUNO.
Con il sopraggiungere del primo disgelo la situazione evolve ulteriormente.
Solo che questo invece di portare nuove risposte finirà per aggiungere altre domande.
E a complicare ulteriormente le cose.
Dopo oltre due mesi di ricerche il 4 maggio del 1959 vengono ritrovati anche i resti degli ultimi quattro ragazzi. I soccorritori li recuperano sotto quasi due metri di neve all'interno di un burrone creato dal letto di un fiume
Ma quello che spaventa i solitamente rudi uomini dell'esercito sovietico è il modo in cui sono ridotti i cadaveri.
Tutti i ragazzi sembrano stati uccisi da qualche trauma violento, ma manca ogni forma di segno esterno, le fratture sembrano essere state realizzate dall'interno.
Nikolaj Vasil'evič Thibeaux-Brignolles ( o Brignollel, secondo un altro tipo di translitterazione dal cirillico ) presenta un gravissimo trauma cranico, Aleksandr Zolotarëv e l'altra donna del gruppo, Ljudmilla Dubinina vengono ritrovati con la gabbia toracica praticamente esplosa. A quest'ultima poi sembra sia stata asportata con la forza anche la lingua e parte della mascella, ad un paio di cadaveri mancano anche gli occhi.
I cadaveri oltretutto indossano frammenti di abiti appartenuti ai compagni ritrovati in precedenza, certo, questo potrebbe essere facilmente spiegabile con col fatto che i superstiti in un estremo tentativo di sopravvivenza avessero cercato di coprirsi dal freddo con i vestiti dei loro compagni già morti.
Ci sono anche altri particolari inquietanti: numerosi testimoni descrivono la pelle dei morti come dotata di una strana "abbronzatura di color bruno molto intenso". Infine le analisi condotte sui vestiti dei morti e su tutta l'area del ritrovamento riscontrano una forte carica radioattiva.
Altre fonti descrivono la zona del ritrovamento tappezzata di rottami metallici.
M quest'ultimo particolare verrà in seguito smentito.
Così come verrà ridimensionato il livello di radiazioni presenti in loco.
C'è uno degli investigatori coinvolti, il controverso Lev Ivanov, una delle tante persone che si ritroverà la carriera condizionata dall'evento del '59, che scopre un 'altro particolare inquietante: azionando il suo rivelatore Geiger prima sui vestiti e poi su tutta l'area del ritrovamento Ivanov nota delle altissime concentrazioni di radioattività, difficilmente spiegabili in una zona così isolata.
Altre fonti descrivono tutta la zona come tappezzata di rottami metallici.
Ma quest'ultimo particolare verrà in seguito molto ridimensionato dalle successive ricostruzioni e, del resto, non se ne trova traccia nemmeno nei rapporti e nelle foto dell'epoca.
In seguito lo stesso Ivanov dichiarerà più volte di essere stato avvicinato da non meglio identificati funzionari della nomenclatura sovietica e di aver ricevuto pressioni per chiudere in fretta il caso.
Non c'entrerà niente ma poco dopo il ritrovamento dei nove cadaveri dopo mesi di presenze costanti le strane luci arancione sembrano scomparire dai cieli russi
Quello che è certo è che anche altri ricercatori trovano tracce di radioattività, non così alte come riportato da Ivanov ma le trovano.
- L'AUTOPSIA.
Entra in scena un medico, un patologo molto in gamba, un uomo che in guerra ne ha viste di tutti i colori e che non si lascia condizionare dalle stranezze.
Eppure quando il dottor Boris Vozrozhdenny esamina i corpi dei membri della spedizione Dyatlov rimane senza parole, secondo la sua ricostruzione i traumi ritrovati non possono essere ricondotti all'azione di esseri umani, i corpi hanno subito un' immensa elevatissima pressione compatibile con quella causata da un incidente automobilistico.
Il verdetto finale del patologo ?
Gli escursionisti sono morti per causa di una " irresistibile forza sconosciuta".
Credete che le cose siano già abbastanza complicate, giusto?
Sbagliato!
Ci sarebbe ancora qualcosa da aggiungere.
- LA PRIMA FOTO.
Si è parlato prima delle fotografie ritrovate nelle macchine fotografiche lasciate nella tenda da Dyatlov e compagni.
La maggior parte riportano scene di ordinaria amministrazione: il viaggio, l'organizzazione dei campi, i rapporti distesi tra i ragazzi, il reciproco cameratismo, la gioia negli occhi di chi pensa di avere ancora tutta la vita davanti...
Scene che a rivederle adesso conoscendo quello che sarebbe acceduto poi fanno male al cuore.
Eppure ce ne sono almeno un paio che da decenni fanno discutere gli esperti.
La prima di queste immagini riporta una "figura" tra gli alberi.
La contestata e controversa immagine scattata dalla spedizione Dyatlov |
Si è detto tutto ed il contrario di tutto riguardo a questa fotografia: c'è chi la considera un fake perché troppo simile a centinaia di immagini sgranate relative a cosidetti "criptidi", in questo caso di un Almas, l'uomo delle nevi russo, realizzate in tante, troppe occasioni e poi rivelatesi degli imbrogli; altri invece la considerano una decisiva prova dell'esistenza del medesimo.
I più si limitano a dubitare che questa foto sia stata realmente scattata dalla spedizione Dyatlov, altri ancora, forse i più ragionevoli e sensati, ritengono si sia trattato di una posa scherzosa di uno dei membri del gruppo realizzata per divertire gli altri ( e detto sinceramente è quello che credo anche io)
Si è detto di tutto e si è continuato a ripeterlo per decenni in questo senso, non ha aiutato la frase forse riportata su uno dei diari ritrovati all'interno della tenda, e se dico forse è perché buona parte del materiale relativa alla missione Dyatlov venne secretata per anni.
La nota, probabilmente redatta da una delle ragazze, è scritta in una grafia difficilmente comprensibile, tracciata con evidente fretta e rovinata dagli eventi atmosferici, eppure in anni recenti dei ricercatori hanno ritenuto di poterla tradurre.
Si narrerebbe di una tensione e di una angoscia crescente per aver risvegliato l'interesse di qualcosa di ancestrale così come nel diario sarebbe contenuta la paura di essere inseguiti da qualcuno o qualcosa.
La frase reciterebbe pressapoco così:
"Adesso sappiamo che l'Uomo delle Nevi esiste davvero".
Ma la soluzione dell'enigma si sarebbe rivelata ancora più complessa di quanto immaginabile e soprattutto si sarebbe dovuta andare a cercare in una direzione completamente diversa
"Continua e termina nella prossima puntata....."
Per ora sembra una via di mezzo tra Lovecraft e The Blair Witch Project. Vediamo il seguito...
RispondiElimina@ Ivano Landi
RispondiEliminaIl seguito darà le risposte all' enigma.
Quasi tutte le risposte più o meno ...:P
P.s
Semmai sono quelli di Blair Witch Project che si sono ispirati alla vicenda di Passo Dyatlov e non il contrario...;)
P.S. Non avevo dubbi su questo ;D
RispondiElimina@ Ivano Landi
EliminaPs
Immaginavo ;D
...più invecchio e più divento fifone... e quando leggo (o guardo) certe cose sento la mia razionalità che va a farsi un giretto e lascia il posto allo sgomento...
RispondiEliminaAttendo con ansia - e non per modo di dire - il finale!
@ Fumetti di Carta (Orlando Furioso)
EliminaMi credi se ti dico che tra tutte le vicende narrate finora questa è l ' unica in cui la spiegazione razionale data dagli esperti a posteriori non mi soddisfa del tutto?
Conoscendo la storia e le conclusioni del caso, mi limito soltanto a farti i complimenti per la qualità del pezzo.
RispondiEliminaCi vediamo alla fine. :-)
@ Pirkaf
EliminaCome detto sopra mi auguro di riusxire a trovare lo stesso un paio di elementi - per te- inediti.
A presto allora per il finale. ;-)
@ Bara Volante
RispondiEliminaSpero di riuscire anche ad inserire particolari che non conosci.
;)
Faccio sempre fatica a credere che non ci sia una spiegazione razionale agli eventi. Però, in casi come questi...
RispondiEliminaCredo che una soluzione pseudo logia verrà trovata. Ma sarà quella vera?
RispondiEliminaIo sono aperta a soluzioni anche meno logiche :)
Ho resistito e non ho cercato niente in rete. Meglio aspettare il buon Nick!
Complimenti!
@ Elisa Elena Carollo
RispondiEliminaVerranno anche le spiegazioni logiche, alcune di queste - vedrai anche tu- sono condivisibili, altre sono parecchio forzate. Ne riparlereno presto.
@ Patricia Moll
RispondiEliminaComw dicevo esistono molte teorie relative al' incidente di Dyatlov molte sono decisamente poco credibili però.
Nella prossina puntata le esamineremo tutte.
Propendo per la via della logica, anche perché spesso la realtà è perfino peggiore di complotti e ipotesi "fantascientifiche", ahimè :P
RispondiEliminaNotevole il tuo lavoro, Nick!
@ Glò
RispondiEliminaL' ipotesi razionale di solito è anche quella giusta, in questo caso di ipotesi anche razionali ce ne sono tantissime.
A presto.
Nonostante quella foto mi sembri piuttosto farlocca, l'ipotesi dello Yeti è sempre la più affascinante. Le luci arancioni invece mi fanno temere una spiegazione più razionale. Il fatto che tutto sia avvenuto in Russia rafforza i miei timori...
RispondiEliminaChe meraviglia, ti ho letto mangiandomi le unghie dalla tensione: è meglio di un romanzo horror!
RispondiEliminaComplimenti per la tensione che riesci a creare ;-)
Quasi mi sfuggivano queste due perle.
RispondiEliminaAspetto il seguito senza fare ipotesi, mi piace farmi sorprendere.
Cristiana
@ Obsidian Mirror
RispondiEliminaTu sicuramente conosci la vicenda e sai che le luci arancio avranno una grossissima parte nel prosieguo della vicenda. E anche nella sua -parziale- soluzione.
@ Lucius Etruscus
RispondiEliminaGrazie a te e a tutti quanti quelli che mi hanno fatto dei complimenti, debbo dire che amo raccontare questo tipo di vicende poiché raccontano storie di persone realmente vissute e, allo volte mi capita di pensare cosa avrei fatto io al loro posto.
Di sicuro, non sarei sopravvissuto nemmeno io, anzi sarei morto molto tempo prima.
@ cristiana 2011
RispondiEliminaEh già, tu era un poco che mancavi.
Sono contento di averti fatto questa sorpresa. ;)
Anche a me fa proprio pensare a "The Blair Witch Project", peccato che questa sia invece una storia drammaticamente vera...
RispondiElimina@ Ariano Geta
RispondiEliminaPurtroppo la storia è talmente vera che in Russia se ne parla ancora nonostante siano passati tanti decenni.
In realtà questa storia non la conosco affatto, anche se di primo acchito qualcosa mi pareva di aver sentito. Le luci arancioni sono però un indizio troppo forte per poter essere trascurato...
RispondiElimina@ Obdsidian Mirror
RispondiEliminaAh! Chi sa perchè pensavo che tu conoscessi già la vicenda.
Ad ogni modo, ne riparleremo presto delle luci arancione!
Ecco perché di solito aspetto tutte le parti per leggere: ora sono curiosissima!!! Risolvi in fretta i problemi di PC zio Nik, che qui stiamo tutti ad aspettarti (con i brividini lungo la schiena).
RispondiEliminaBaciotti baciotti
@ Poiana
RispondiEliminaCercherò di tornare prestissimo sull'argomento e di svelare tutte le chiavi del mistero.
Grazie per la tua attesa.
Non vediamo l'ora...
RispondiElimina@ lasec
RispondiEliminaPrometto di non far aspettare troppo per scriverla.