Come preannunciato vi propongo la mia intervista con lo scrittore e sceneggiatore Alfonso Dama, una chiacchierata a 360° sullo "stato dell'arte" della letteratura di genere nel nostro paese. Ringrazio Alfonso F. Dama per la sua gentilezza e disponibilità. A tutti voi -come sempre- auguro una buona lettura.
Nick: Benvenuto su Nocturnia, caro Alfonso F. Dama, grazie per aver accettato di partecipare a questa intervista, è un piacere averti ospite. Per cominciare ti andrebbe di presentarti ai lettori di questo blog?
Alfonso F. Dama: Certo. Innanzitutto il piacere è soprattutto mio, sono davvero onorato di essere qui. Seguo il tuo blog da anni, anche se ho interagito poco, ma lo ritengo fra i migliori del settore. Dunque, sono Alfonso Dama (la F sta per Frank, ma la uso solo su facebook e in altri rarissimi casi), nato a New York (Brooklyn) svariati anni fa... ho perso il conto... (risatina timida). Sono un appassionato di libri, musica e astrofisica da quando ero alto meno della mia scrivania. Vado matto per il caffè, i fagioli, le missioni spaziali e... le belle donne... (ehm!)... Quando mi si chiama “scrittore”, ancora oggi mi giro per vedere se ho qualcuno alle spalle. Una volta andai a denunciare lo smarrimento della patente e un appuntato, dopo che gli diedi le generalità, mi chiese “lei è quello che scrive libri?” Mi prese un coccolone, pensai: ma che mi stanno tenendo d’occhio? A casa smontai il telefono!
Nick: Quali sono stati gli scrittori (italiani e stranieri)e le opere che ti hanno maggiormente influenzato? Se vuoi puoi citare anche i programmi televisivi, i film e i comics e tutto quello che ti viene in mente.
Alfonso F. Dama: Penso che se ti elencassi tutto ciò che in qualche modo può avermi influenzato negli anni, fra lo stile, la prosa e anche un po’ le idee non basterebbe la memoria del server! Parlando di lettura, pensa che a dodici anni avevo già letto avidamente Pinocchio, Robinson Crusoe, Robin Hood (l’originale), Michele Strogoff, il Conte di Montecristo e una caterva di gialli e di fumetti, più qualche saggio storico. Se mia madre avesse avuto il vizio di segnarsi tutto, avrei letto pure le sue liste della spesa! Credo anche di essere stato uno dei pochi a leggersi per diletto “I promessi sposi” dopo la scuola, per godermelo in santa pace, senza riassunti, analisi e ansie da interrogazione. L’unica cosa che rammento con certezza è che quando cominciai a scrivere da adolescente ero sotto l’influenza di un autore di gialli inglese: Edgar Wallace. Uno dai ritmi e le tecniche molto cinematografici, tant’è che gli fu affidata la sceneggiatura dello splendido King Kong di Merian Cooper. Poi dopo scoprii la Christie, Carr, Ellery Queen e mi si aprì tutto un mondo.
Nick: Se non sbaglio hai esordito giovanissimo. Il tuo primo parto letterario, se ricordo bene, è un'opera gotica. Raccontaci dei tuoi inizi.
A.F. D: Mi accorsi presto della mia voglia di inventare storie. A sei anni non vedevo l’ora di imparare a leggere e scrivere e, dato che ancora mi mancava la “littera”, decisi di realizzare un cartone animato tipo Disney. Capii subito che non era cosa, però imparai a capire come li realizzavano. A 7 - 8 anni inventavo racconti all’impronta per una piccola platea di amichette e amichetti, seduti per terra tipo tribù di pellerossa. Le storie le ingarbugliavo talmente che dovevo interromperle sul più bello e il giorno dopo venivo inseguito per strada perché volevano il seguito. Ero il loro Netflix dell’epoca, diciamo, e il pubblico aumentava di giorno in giorno. Me la sono vista brutta! Avevo 15 anni quando cominciai “Il fantasma di Candemburg” su quaderni scolastici. Era un giallo gotico, ambientato in un antico castello, prima museo e poi venduto a un ricco americano e famiglia. Roba alla Edgar Wallace: l’assassino si faceva credere uno spettro usando trucchi e segreti che solo lui conosceva. Stavo scrivendo uno “slasher”, tipo Scream, senza saperlo!... (risata simpatica). Ricordo che il finale sorprese anche me, saltai letteralmente dalla sedia quando scoprii chi era il colpevole! Poi mia madre si convinse che facessi sul serio e mi regalò una Olivetti elettrica e una scrivania di legno che uso ancora oggi (la scrivania, non la Olivetti!) e con quella scrissi “Delitto in Ascensore”, un giallo tipo “camera chiusa” che spedii alla Mondadori. I redattori lo inserirono nel premio Alberto Tedeschi a mia insaputa. Anni dopo a Napoli, tornando dall’università, alla stazione comprai un giallo Mondadori e in appendice c’erano i finalisti di quella edizione del premio: mi venne un colpo quando lessi il mio nome mentre sfogliavo il libro nel treno. Una signora seduta di fronte a me mi chiese se mi sentissi male!
Nick: C'è una domanda che rivolgo sempre ai miei intervistati napoletani : quanto ha influenzato l'ambiente di una città sicuramente molto creativa come la nostra nella tua formazione culturale e quanto conta nel bene o nel male nella tua attività quotidiana? Te la rivolgo perché siamo entrambi napoletani (anche se tu sei nato a New York ed io abito in Veneto da anni ormai ). Quindi la rigiro volentieri anche a te.A.F.D: Ué, paisà... ah, magnifico! Beh, napoletani si nasce. Che sia a New York o a Marrakech, quando ce l’hai nel DNA non c’è nulla da fare, sarai sempre un napoletano doc anche se ti trasferisci su Marte. L’ambiente non mi ha influenzato molto: sia nella musica (sono un vecchio musicante e compositore) sia nello scrivere ho quasi sempre guardato altrove, ma sono convinto che se ho del talento, quel poco almeno che credo di ritrovarmi, viene tutto da lì, dal DNA napoletano. E dai miei genitori: mia madre aveva una voce lirica da soprano, da ragazza cantava nel coro di un convento di suore e aveva un senso musicale “divino” (è il caso di dirlo!). E da mio padre, che era stato artista di teatro, commediografo, cantante strepitoso, musicista e comico: fu uno dei compagni di gavetta dell’immenso Totò, in una compagnia di periferia (no, non sono così vecchio! Mio padre conobbe mia madre, molto più giovane di lui, alla veneranda età di 68 anni!). Devo molto a Napoli e alla sua atmosfera, i suoi paradossi, la sua simpatica, sorniona ironia.
Nick: Negli anni '80 s hai lavorato a lungo come sceneggiatore, cito, tra tutte, alcune collane: "Topolino"; "Tiramolla", "Il Corriere dei Piccoli"e "L'Intrepido". Descrivi e parlaci delle collaborazioni e delle storie che ti hanno dato più soddisfazioni (pagamento, feedback redattori e lettori e così via) e che ricordi come più significative.
A.F.D: Noto con piacere che non hai citato la Ediperiodici (risata a crepapelle), ma c’è stata anche lei. Quando fai la gavetta spesso imbarchi di tutto, spero solo di non aver rovinato la vista a troppi adolescenti crivellati di brufoli e stracolmi di ormoni acerbi (altra risata). Sì, dunque: il fumetto. I miei veri inizi sono stati quelli, in un certo senso. A circa 14 anni avevo già inventato qualche centinaio di storie, per lo più di “collane” da me create con personaggi a volte originali, a volte meno. Ne ricordo uno, Al Boy, un giovane squinternato, mezzo vagabondo alcolista che campava alla giornata. Veniva spesso usato dai criminali a sua insaputa, i quali lo sottovalutavano non sapendo che avesse una storia: aveva fatto parte di un corpo segretissimo super addestrato da spedire in Vietnam, ma era scappato con una hippy di cui s’era innamorato. E quando arrivava il momento cominciavano le sorprese e i guai per i brutti ceffi. La Disney Italia mi comprò alcuni soggetti di storie su Topolino e zio Paperone, ma se li sceneggiarono loro. Tiramolla fu una piacevole parentesi, scoprii che mi piaceva un sacco scrivere sceneggiature divertenti per bambini e dopo la Ediperiodici fu una sorta di purificazione (risatina sorniona). Per quanto riguarda Il Corriere e l’Intrepido, collaboravo con un disegnatore molto bravo di Portici, per cui scrissi dei western e una specie di horror sempre in stile western. Bei tempi. Grazie per avermeli ricordati. I compensi? Beh, l’Internazionale Ediperiodici e Disney pagavano bene. Anche Tiramolla. Gli altri i soldi veri li davano ai disegnatori, che però spesso erano dei veri artisti. Redattori ne ho conosciuti pochi: le case editrici stavano quasi tutte a Milano, non c’era internet e sì e no avrò avuto a che fare con segretarie e direttori di collana per telefono, quando la Telecom si chiamava SIP e gli apparecchi avevano la rotellona.
Nick: Sempre a quel periodo risalgono alcuni racconti a tema horror (mi sembra almeno due, o ricordo male?) pubblicati sulla rivista americana "Creepy". Ti va di rievocare quell'esperienza e quei racconti coi lettori di Nocturnia?
A.F.D: Quella di Creepy ha dell’incredibile. Leggevo i suoi fumetti che da noi venivano tradotti e distribuiti da una redazione italiana. A un certo punto indissero un bando, avrebbero pubblicato il miglior racconto pervenuto e l’avrebbero pagato centomila lire. Non per il centone (vabbe’ anche un po’ per quello, ero uno studente a spasso!), ma più per passione ne mandai uno anch’io. Vinse un altro tizio con un racconto che, se non ricordo male, s’intitolava “La Fame” o qualcosa del genere. Dopo qualche mese mi vedo recapitare un assegno di 350 dollari, con una lettera accompagnatoria, tutta in inglese, che menzionava il saldo dei diritti per il racconto “Moon in the Well” (La Luna nel Pozzo) e mi incentivava a spedire altro materiale. Telefonai alla redazione italiana per capirci qualcosa e mi dissero che avevano venduto il mio racconto alla redazione americana a cui era piaciuto molto. Ebbi anche la copertina. Ne spedii un altro, che non ho più purtroppo, e presero pure quello. Ma Creepy ebbe un periodo di stop e il secondo racconto restò nei loro archivi finché non fu pubblicato in un’antologia per “Creepshow”(zio Tibia in Italia, per intenderci), dove mi ritrovai insieme ad autori del calibro di Stephen King e John Saul! Che dire? Sono soddisfazioni, anche se poi la bolletta la paghi in ritardo e facendo magari altro (risata amara). “La Luna nel Pozzo” è uscito in Italia nell’antologia “Rantoli dal Buio” ed è disponibile anche sul mio blog.
Nick: Ecco, come autore hai cominciato col genere horror e poi sei passato anche alla fantascienza. Cosa ti piace e ti affascina maggiormente in questi due generi e cosa invece ti piace di meno?A.F.D: In realtà, come già accennato, ho iniziato col thriller. Più precisamente col giallo “classico”. L’horror venne dopo essermi infatuato di autori come King e Clive Barker. Mi lanciai nella produzione di una raccolta di novelle lunghe unite da un filo conduttore, dal titolo provvisorio “Incubi”, destinata a Sperling & Kupfer, ma che per varie vicende non è mai uscita ed è rimasta incompleta. L’idea della fantascienza nacque quando mi posi di fronte al famoso mantra “bisogna scrivere di ciò che si conosce”. Avendo io una cultura universitaria scientifica (fisica, astrofisica, geologia), pensai razionalmente che forse quello era il genere a me congeniale. L’adoravo, avevo letto molti libri, da Asimov a Bradbury, da Dick a Silverberg e poi Simmons e la Brackett che amavo alla follia. Così decisi di spedire qualcosa al premio Urania e cominciai il mio primo romanzo Sci-Fi. Le differenze fra horror e fantascienza? Beh, per quello che mi riguarda dico solo che come autore horror mi trovo meglio col racconto o al massimo con la novella lunga. Mentre con la FS vado molto più spedito, mi sento più a mio agio col romanzo. Il perché per me resta un mistero. Tuttavia, credo che gli incubi per spaventare e far riflettere riescano meglio se brevi. Il destino dell’umanità, invece, coi suoi paradossi è roba più complessa per essere sciorinata in “pillole”. Certo, dipende pure dal tipo di horror e il tipo di fantascienza. King è molto prolisso coi suoi mattoni da seicento pagine e il mito della fantascienza è nato proprio con le riviste di racconti. Quindi penso sia più un fatto mio, come autore.
Nick: Nel 2012 per le Edizioni Della Vigna esce il tuo romanzo "Le Realtà Oscure". Influenze cyberpunk e Universi Paralleli nella trama. Dedica due righe a "Le Realtà Oscure".
A.F.D: Circa nel 1994 mi venne voglia di scrivere un fantasy, ma volevo anche partecipare al premio Urania che però ammetteva solo opere fantascientifiche. Pensai che avrei potuto fondere i due generi in qualche modo. In quell’epoca si cominciava a parlare molto di realtà virtuale, quindi pensai: e se ambientassi una storia fantasy in un mondo virtuale del futuro? Un mondo in cui solo i cibernauti sanno che è “falso” mentre chi ci vive non ne ha la più pallida idea? Così nacque “Le Realtà Oscure”. In verità la prima bozza. Poi una serie di anni che mi tolsero il fiato, tra lavoro, famiglia e altro, non mi consentirono di riprenderlo fino al 2002 o giù di lì. Pensa, sarebbe stato forse il primo romanzo interamente ambientato in un mondo parallelo virtuale!
Nick: Hai scritto anche dei lavori di divulgazione scientifica, in particolare sono molto incuriosito da "1977: Wow !" uscito per il quarantennale del famoso segnale che nel 1977 sembrò la prima evidenza di comunicazioni da altre intelligenze. Visto che presto dedicherò un post a quel segnale ti chiedo di darci una introduzione all'argomento con questa domanda.
A.F.D : Beh, quando si pensa al segnale “wow” la prima cosa a cui vola la mente sono gli alieni. In realtà si tratta di un mistero scientifico vero e proprio. Il fatto è che, a oggi, non è stato ancora spiegato. La sua peculiarità è che aveva tutte le caratteristiche tipiche di un segnale artificiale, nel senso che, sempre a oggi, non si conosce nulla che produca segnali di quel tipo che non sia un trasmettitore radio. Inoltre ormai è certo che provenisse dallo spazio profondo, non era un riflesso o roba simile. È proprio un bel mistero! Nel libro “1977: Wow!” cerco di fare chiarezza sulla questione in modo puramente scientifico, analizzando ipotesi e quant’altro senza tirare troppo la corda né in un senso né nell’altro. Il libro è stato comunque un’occasione per chiarire il punto di vista della scienza nei confronti di certi misteri e di certe domande, tipo se siamo soli o meno nell’universo e fino a che punto sia possibile analizzare fenomeni sconosciuti col lanternino della scienza moderna. Scriverlo fu una bella “rimpatriata” per me, un ritorno al mio vecchio mondo della fisica e dell’astronomia. Credo sia fino a questo momento l’unica trattazione completa, posta in forma di libro, dedicata al segnale wow, che io sappia.
Nick: Veniamo adesso a "Titano: Fuga dal Limbo". La prima stesura del romanzo risale al 2018 quando col titolo "Melma"arriva in finale al Premio Urania. Rievoca con la mente il momento in cui hai saputo la notizia di aver raggiunto quel risultato.A.F.D: Beh, l’unica cosa che mi viene in mente è che ero frastornato. Ricordo che un’autrice mi aveva chiesto l’amicizia su Facebook. Di solito prima di accettare do un’occhiata al profilo della persona, anche perché girano profili fake che cercano di fregarti in qualche modo. Così vidi che aveva pubblicato un post esultante in cui mostrava la lista dei finalisti, che comprendeva anche lei. Senza neanche scorrere la pagina capii subito come stavano le cose: fra quelle signore e quei signori c’era pure il sottoscritto! Ricordo che corsi in cucina a bere un sorso d’acqua e per errore ci mancò poco che non mi scolassi la bottiglia dell’olio per friggere!
Nick: "Titano: Fuga dal Limbo" presenta molte invenzioni della più classica fantascienza dei tempi d'oro: la Sfera Dyson, un sistema solare unito in un unico governo, l'effetto della bionica sui corpi umani e così via. Quanto contano ancora oggi i legami con la fantascienza del passato?
A.F.D: Onestamente non credo esista una fantascienza del passato e una del presente. La fantascienza segue da una parte i gusti del momento, dall’altra il progresso tecnologico, scientifico e sociale. Insomma, semplicemente si evolve, esattamente come fanno i tempi. Negli anni ‘40 o ’50 nessuno avrebbe potuto scrivere una storia come “Le Realtà Oscure”, ma semplicemente perché i computer comunicavano ancora con le schede perforate e usavano come memoria di massa delle enormi bobine a nastro. Come avresti potuto immaginare di generare con essi universi alternativi quantistici? Non ci si riesce nemmeno con quelli di adesso! Tuttavia il bagaglio della fantascienza classica non ci ha mai abbandonato, fa da base e spesso da substrato ai romanzi, al cinema, alle serie tv di oggi. Spesso mi accorgo che film e racconti moderni non fanno altro che riproporre schemi e intuizioni vecchi di cinquant’anni e più, molti film e serie sono tratti da racconti di Dick anni ’50, tra poco esce “Foundation”, tratta dal più famoso ciclo di Asimov. Del resto basta farsi un giro fra gruppi e community di appassionati: per l’ottanta per cento non si parla che di Asimov, Heinlein, Dick, Simak, ecc. Spesso ne sanno più sulla storia di questi autori che non su quella di gente che ha scritto roba di grido divenuta iconica sulle varie piattaforme streaming del momento.
Nick: Tra "Le Realtà Oscure" e "Titano" ci sono alcuni collegamenti, in particolare sono ambientate nello stesso universo narrativo: ci dobbiamo aspettare dei seguiti in tal senso? Se ti va parlaci anche in dettaglio dei legami tra le due opere.
A.F.D: Allora, credo sia il caso di fare una premessa: non amo cicli e saghe, in generale. Al massimo posso apprezzare una trilogia. Devo però dire che offrono vantaggi ad autori ed editori da un lato, che se la saga va forte ci campano parecchio, e ai lettori dall’altro perché piacciono un sacco e una sporta. Bene. Quando scrissi “Le Realtà Oscure” non mi passava neanche per l’anticamera del cervello di farne un ciclo. Fu “Melma” (Titano: Fuga dal Limbo) che mi fregò. A un certo punto mi accorsi che stavo creando una vera e propria saga. Ma non di quelle con gli stessi personaggi, famiglie, discendenti, eccetera. Piuttosto possiamo dire che “Titano” è ambientato in un futuro remoto in cui ciò che è narrato ne “Le Realtà” è diventato un sufflè di eventi “storici”, che però finiscono per avere un’importanza chiave nel guazzabuglio in cui viene a trovarsi il protagonista Salvius Sorrenti. Costui scopre quello che era accaduto secoli prima, insomma, e tale scoperta risulterà importante per il suo presente e quello che sarà il suo destino e non solo. Se ci sarà un seguito? Certo. Voglio però chiarire che nessun lettore per leggere un mio romanzo e apprezzarlo fino in fondo sarà mai costretto a leggere quelli precedenti: ogni libro è autosufficiente e autoconclusivo al cento per cento. Del resto sfido chiunque che abbia letto “Titano” ad asserire di essersi accorto che fosse un seguito di qualcosa. Se ne sono accorti solo quelli che avevano già letto “Le Realtà Oscure”.
Nick: Secondo la tua opinione di autore cosa conta di più per la riuscita di un buon testo fantascientifico: il concept originale o lo stile di scrittura? La costruzione dei personaggi o il world building? Facci la tua personale classifica.
A.F.D: Beh, sono tutte cose importanti. Quando immagini un “mondo” che sia del futuro, alternativo, o di un altro pianeta, se stai scrivendo fantascienza non bastano fantasia e immaginazione. È vero che il lettore ti viene incontro con la famosa “sospensione dell’incredulità”, ma poi al suo interno devi provare a essere credibile o quanto meno plausibile. Il concept, inteso come idea, poi è fondamentale non solo per cercare di essere originali, ma anche per rendere “nuovi” elementi che magari non lo sono, in modo che possano incuriosire chi legge senza farlo sbuffare. Lo stile dipende dalla maturazione, dalla sperimentazione, dalla crescita sia come lettore che come autore e non te lo regala nessuno. Fa parte di te, come pure la prosa, è il tuo segno distintivo. Ma quello che può davvero fare la differenza, quello che può rendere un testo “forte” sono i personaggi. Io lavoro molto su di essi. E attenzione: non solo sui protagonisti e i loro comprimari, ma anche sui gregari, quelli che vivono comunque una parte della vicenda pur senza influenzarne a fondo l’intreccio. Perché? Semplice. Quando usi il punto di vista di un personaggio, il lettore si deve calare in lui, deve “diventare” lui, sentire quello che sente lui, vedere ciò che vede, provare ciò che prova. Quindi deve essere “vero” più che solo credibile, ma deve essere vero anche ciò e chi gli sta intorno. Non basta limitarsi a caratterizzare. E questo vale per qualsiasi genere, non solo per la fantascienza. A volte il personaggio esce fuori dalla storia, diventa più importante della stessa. Tutti conoscono Poirot, Sherlock Holmes, Colombo, anche se magari non hanno letto o visto quasi nulla delle loro avventure. Per rientrare nella FS, se pensi a Star Wars cosa inquadra “di prima” la tua mente? Inquadra Darth Fener col suo elmone alla nazista e il respiratore, Yoda, Chewbecca, Luke Skywalker, Han Solo. Star Trek invece ti riporta a Spock, uno dei personaggi più incredibili della storia della fantascienza audiovisiva, al di là delle orecchie. Quasi nessuno pensa alla storia, agli sfondi narrativi o all’ambientazione.
Nick : Una domanda in senso più generale. Qual è lo stato della narrativa di genere in Italia?A.F.D : Questo dovresti chiederlo più a un direttore di collana. Dal canto mio, dal mio punto di osservazione, sto avendo l’impressione che sia in crescita, che si stia affermando. Sia dal lato della qualità che da quello della visibilità. Il merito va alle nuove generazioni di autori, ma anche a chi sta dando loro maggiori possibilità di mettersi in vetrina. Oggi molti editori ti leggono, sono più disponibili che in passato. E non solo quelli piccoli, di nicchia, come un tempo, ma anche colossi come Mondadori e altri. C’è più attenzione, più ricerca di novità, di talenti freschi. E credo che anche da parte di chi ha deciso di provare a scrivere ci sia più impegno: molti hanno capito che prima di mettersi davanti a una pagina del word devono leggere molto, imparare e analizzare, che non basta abbuffarsi di film e serie scadenti per inventare storie e scriverle. Tutto ciò non può che avere effetti positivi sulla narrativa del presente e, soprattutto, del futuro.
Nick: Quali tra i tuoi colleghi autori segui con maggiore attenzione ed interesse?
A.F.D: Presumo tu intenda colleghi italiani. Beh, devo dire che c’è l’imbarazzo della scelta. Uno che mi ha colpito fin da subito, per lo stile e l’originalità è Valerio Evangelisti. I suoi romanzi sono sul serio unici nel loro genere, basati su concept strepitosi e su una prosa davvero potente. Poi cito Tonani che ha avuto la capacità di prendere un genere di derivazione come lo steampunk e farlo suo in modo davvero sorprendente. E all’avanguardia ci sono le nuove scoperte, tipo Francesca Cavallero, Franci Conforti e qualche altro che, grazie alle loro invenzioni, stanno dimostrando come la fantascienza sia un genere vastissimo. Mi scuso con quelli che non ho citato, ma sono davvero parecchi che mi hanno colpito.
Nick: Progetti futuri, cosa ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro da Alfonso F. Dama e a cosa stai lavorando attualmente?
A.F.D: Attualmente sto lavorando al romanzo che credo (e spero) parteciperà al prossimo premio Urania, o a quello successivo nel caso non dovessi farcela per novembre. Intanto sta per uscire una novella lunga nella collana “Innsmouth” di Delos Digital. È una di quelle che facevano parte dell’inedito “Incubi” di cui ho parlato più sopra, riscritta e riadattata per l’occasione. Si intitola “Il Lago” e ha una peculiarità: quando la scrissi la prima volta, negli anni ottanta, mentre una sera rileggevo e correggevo alcuni fogli con l’ausilio di una vecchia lampada “Churchill”, una delle sue sequenze spaventò a morte persino me! Adesso che l’ho riscritta daccapo mi dà l’impressione che faccia ancora più paura. Ecco, siete avvisati (risata diabolica).
Nick: Siamo arrivati quasi verso la fine della nostra chiacchierata; ti rivolgo la classica domanda finale di Nocturnia: c'è una domanda che non ti ho fatto e alla quale avresti voluto invece rispondere?
A.F.D: Beh, a dire il vero credo che più che un’intervista tu mi abbia fatto una vera e propria TAC! Ergo, non sento certo la mancanza di altre domande. Ci manca solo cosa mangio, a che ora vado a letto e se mi piacciono di più le brune, le bionde o le mulatte... ehm, scherzo. In realtà mi piacciono le rosse! Rischerzo: pesce d’aprile anticipato... (risata da imbecille). In verità, al di là della mia eterosessualità, mi piace chi sa essere spiritoso e intelligente, che sia donna, uomo o nessuno dei due. O magari bianco, nero, oppure verde. E soprattutto chi è umano e sensibile, chi si prodiga per aiutare una persona in difficoltà o anche un animale randagio. Ecco, mi fermo qui. Il resto lo troverà, chiunque ne abbia voglia, nei miei deliri letterari. Nel ringraziarti caro Nick per questa splendida intervista, saluto te e tutti i lettori del tuo blog, con affetto e un abbraccio virtuale a tutti, sperando di non aver troppo annoiato nessuno. Alla prossima.
BONUS CARD: BIOGRAFIA.
Presa direttamente dal sito di A.F.D (QUI) ecco la bio dell'autore intervistato:
Alfonso F. Dama nasce a New York (U.S.A.) il 7/5/1961 e dal 1965 vive alle falde del Vesuvio. A quindici anni inizia a scrivere un gotico, “Il fantasma di Candemburg”, e una lunga serie di soggetti per comics. Negli anni ottanta collabora come sceneggiatore di fumetti a varie collane, fra cui quelle della Internazionale Ediperiodici, Tirammolla, Topolino, l’Intrepido e il Corriere dei piccoli. Nello stesso periodo scrive "Delitto in ascensore", giallo mai pubblicato che si classifica settimo all’Alberto Tedeschi della Mondadori. Subito dopo vince il premio Dominium per la letteratura internazionale non di genere con il romanzo “Le folli notti del camionista poeta”, cui segue il romanzo breve “Il canto delle lucciole” da cui viene liberamente tratto un musical che arriva anche in RAI. Sempre negli anni ottanta, pubblica due racconti horror sulla rivista americana "Creepy", e nei novanta passa alla fantascienza. Nel 2012 sono usciti il Sci-Fi “Le realtà oscure” (ed. Della Vigna) e l’antologia horror “Rantoli dal buio”. Nel 2018 è finalista al Premio Urania col romanzo "Melma", pubblicato nel 2020 da Delos Digital col titolo "Titano: fuga dal limbo".
14 commenti:
Autore - che non conoscevo - decisamente interessante. "Tiramolla" me lo ricordo bene, qualche volta l'ho letto da bambini. Riguardo altri editori con contenuti non proprio da bambini, non mi pare di averne letti... ;-)
@ Ariano Geta
Io invece ammetto di aver letto qualcosa della Edilperiodici, sia quando per un breve periodo hanno provato a fare delle riviste horror sia la loro produzione per adulti, quando appena ventenne mi ritrovai a fare il servizio civile e nella camerata degli obiettori certe testate altamente culturali non mancavano mai..... ;) Eh, si il Buon Vecchio Zio Nick si dichiara colpevole...:P
Complimenti Alfonso sei e sarai sempre un grande.tua fans lia
Grazie Lia.
Alfonso complimenti vivissimi , per quel che fai, per quello che hai fatto, e che farai , ma al di la di questo, per la leggerezza e la simpatia con cui lo fai e questo ti rende davvero interessante ed originale, e spinge persino a "leggerti" una persona pigra come me.
Bravo Alfonso ,continua..
Nessuna noia, anzi è una delle interviste più appassionanti che abbia letto. Ogni risposta trasuda di una passione sconfinata per il proprio lavoro. E non sentivo nessuna necessità che arrivasse a una conclusione se non perché volevo mettermi anch'io a scrivere qualcosa ;-)
@sidermiasrl e Ivano Landi: grazie ragazzi, mi avete commosso! 🙏
@ sidermiasrl
Benvenuto su Nocturnia.
@ Ivano Landi
Grazie anche da parte mia per aver apprezzato.
Un autore che mi sembra molto originale e particolare rispetto ad altri, uno scrittore davvero interessante come si evince anche dalla tua intervista che ha saputo evidenziare questo aspetto. Complimenti Nick, riesci sempre con le tue interviste a far uscire l'anima e le varie sfaccettature emotive e non di chi intervisti.
@ Daniele Verzetti il Rockpoeta®
Grazie a te per aver apprezzato.
Beato lui che è nato a Nuova York, anche se la passione per le belle donne gli deve essere costato il "ah, italiano: pizza, mandolino, mafia, sporcaccione!" 😝
Modesto e simpatico per l'aneddoto che lo ha portato a staccare il telefono 😁
Ahhh la Ediperiodici... li dovevo rubare al giornalaio vicino alla mia scuola media (di suore), dato che non me li avrebbe venduti. Bei ricordi che rivivo grazie al blog Zero in Condotta 🐷
Bello anche l'aneddoto su Creepy! Non ho trovato informazioni su Rantoli nel Buio, da una ricerca veloce. Mi ha incuriosito perché mi è tornato in mente
il professor Rantolo. Probabilmente è una citazione (magari ora viene fuori che Alfonso ha a che fare con questi fumetti).
In effetti gli hai fatto proprio una TAC 😆
@ Ema
Ah beh, per i luoghi comuni sugli italiani, specie sui meridionali non serve nemmeno andare a New York, certe volte basta andare al centro di Chioggia... :P
Lascia stare la Edilperiodici che ha contribuito molto all'educazione "culturale" di tanti tra noi...ahahahahah
@Ema
Grazie del commento e per aver letto con interesse l'intera splendida intervista di Nick.
No, non ho avuto mai problemi né qua né negli USA: sarà forse perché sono molto lontano dal dare l'idea dell'italiano mandolinaro e sporcaccione, per non parlare di mafioso (non sono nulla del genere!), anzi! 😉
Non conosco tal professor Rantolo, ma rimedierò. Per quanto concerne "Rantoli dal buio", lo trovi in quasi tutte le librerie on-line, anche su Amazon, e credo sia ordinabile pure in quelle molecolari (fatte di materia comune).
Sì, sono modesto e quasi sempre simpatico. Il "quasi" è d'obbligo, nessuno è perfetto.
Mi raccomando, non mollare il Nocturnia di Nick, è sempre sorprendente... 😉
A bientot.
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