INTERVISTA CON JOHN AJVIDE LINDQVIST! -Realizzata da Max Ruzzante.

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Buongiorno a tutti. Per la prima volta su Nocturnia appare una intervista non realizzata dal sottoscritto, Nei giorni scorsi il bravo Max Ruzzante mi ha contatto chiedendomi se ero interessato a pubblicare una sua intervista con lo scrittore svedese John Ajvide Lindqvist, autore dei romanzi Lasciami Entrare e Il Porto degli Spiriti (QUI il sito personale dell'autore) . Sapete che di solito ospito pochi guest post e contributi esterni  però  l'intervista era molto bella (e ringrazio Max Ruzzante per la fiducia)  inoltre visto che nei prossimi giorni pubblicherò l'intervista che ho realizzato con Anders Fager, l'altro gigante del perturbante svedese  si sarebbe potuta fare un bel regalo doppio agli appassionati dell'orrore nordico. Se vi  piace questo contributo ricordatevi di fare i vostri complimenti a Max Ruzzante, che continua a detenere i diritti e che se vorrà potrà ripubblicare questa intervista ovunque lui vorrà.

Lindqvist è uno dei massimi autori europei contemporanei, non solo per quanto attiene al genere horror e una sua intervista è sempre un evento. Consideratelo un modo "Nocturniano" per festeggiare Halloween, adesso-come promesso lo Zio Nick si ritira in buon ordine per qualche giorno per lavorare alla traduzione dell'intervista con Fager, voi godetevi Halloween. per quanto riguarda quella di oggi vi ricordo che che al termine della versione in lingua italiana troverete la consueta versione in inglese.

Buona Lettura!

(For english version, please scroll down )

Versione Italiana

    Max Ruzzante:  Prima di diventare uno scrittore professionista ti dilettavi come prestigiatore di strada e per anni hai lavorato come cabarettista. C'è stato un momento o un evento particolare nella tua vita, che ti ha fatto capire che la scrittura era la tua vera vocazione?

    John Ajvide Lindqvist: Per alcuni anni avevo cercato di scrivere romanzi e racconti con l'intenzione di diventare uno scrittore con la S maiuscola. E' stato quando ho abbandonato quelle ambizioni e ho scritto una semplice storia dell'orrore chiamata "Communion" che per la prima volta ho capito che:"Wow, posso farlo, questo è facile". Con questo in mente ho deciso di provare a scrivere un intero romanzo e ho pensato: " Ok, il sobborgo dove sono cresciuto. Qualcosa di orribile accade lì". Alla fine questo è diventato Lasciami entrare.


      M.R: Quali delle opere che hai letto e che più ti hanno ispirato ritieni essere fondamentali e a quali autori ti senti più affine?

    Lindqvist: In primis la scrittrice svedese Selma Lagerlöf. Forse più difficili da notare, ma anche Samuel Beckett e Fëdor Dostoevskij. Adoro Gabriel Garcia Marquez, ma non è una vera influenza. Nel genere Clive Barker, e ovviamente Stephen King.

    M.R:  Sei stato ribattezzato "lo Stephen King scandinavo" per via delle tue opere dell'orrore e sei riuscito ad ottenere un grande successo con i tuoi libri anche a livello internazionale. Sei indiscutibilmente l'esponente di spicco della letteratura weird/horror nel tuo paese. Secondo te perchè non esiste una vera e propria scena dark/horror in Svezia a differenza del giallo poliziesco? E' una questione prettamente culturale o semplicemente è un genere di narrativa considerata (ingiustamente) minore?

    Lindqvist: Oh, no, ci sono molti scrittori horror in Svezia attualmente, solamente pochi di loro vengono tradotti. Prima di Lasciami entrare, il genere era per lo più underground, ma ora c'è un bel po' di horror pubblicato dalle più grandi case editrici qui, semplicemente non ottiene la stessa attenzione internazionale del "noir nordico". Ma un autore di nome Mats Strandberg ha diversi romanzi che sono stati tradotti.

    M.R:  Con Lasciami entrare, L'estate dei morti viventi e Il porto degli spiriti, affronti gli archetipi classici della letteratura horror; quelli del vampiro, del morto vivente e del fantasma, per certi versi reinventandoli, influenzati anche dal folklore scandinavo. Quali sono le caratteristiche peculiari della tua narrativa? Come definiresti il tuo stile?

    L: La mia formula è non avere una formula. Penso che la maggior parte dei miei libri siano abbastanza diversi. Non voglio che tu sappia già cosa aspettarti quando ne prendi uno nuovo. Detto questo, molti dei miei libri sono basati sul realismo, con un leggero elemento di realtà potenziata; un tono lieve e delicato di fiaba all'interno della realtà quotidiana. Per me, il tratto stilistico più importante è che il testo dovrebbe funzionare quando letto ad alta voce.

     

    M.R:  I tuoi libri generalmente hanno un forte senso del luogo: Musica dalla spiaggia del paradiso, L'altro posto e X (inedito in Italia), compongono la cosiddetta Trilogia dei Luoghi. Molto spesso i tuoi romanzi sono ambientati in posti dove sei cresciuto e che conosci intimamente. Quanto è importante nel processo creativo di una storia, partire da un'ambientazione a te familiare?

    L: Questo varia a seconda della storia. Quando uso un luogo esistente, cerco davvero di radicare la storia in quel luogo, con tutti i suoi dettagli. Ma alcuni dei miei romanzi (Il porto degli spiriti, Piccola stella, X) sono ambientati in luoghi inventati. Per quelle storie avevo bisogno di essere in grado di “controllare” l'ambiente, per così dire. Decidere per me stesso e per la storia, dove si trovano certe cose e cosa esiste in questo mondo. Dipende dalla storia.

    M.R:  La musica è una sorta di colonna sonora delle tue storie. I tuoi romanzi sembra quasi che "suonino" come dei concept album musicali:

    Quanto è importante per te la musica e quanto alimenta a livello artistico la tua scrittura?

    L: Quando scrivo qualcosa, di solito decido abbastanza presto quale sia l'equivalente musicale di quella storia. Quale canzone o canzoni voglio sentire? Quindi suono quella canzone o quelle canzoni più e più volte, a volte in sottofondo mentre lavoro. Quando ho finito di scrivere "Il porto degli spiriti" e ho controllato su iTunes quante volte avevo suonato "Lifelines" degli A-ha (che era la canzone di quel libro) ho visto che era esattamente 666 volte!

     

     M.R: Nei romanzi L'altro posto e Lasciami entrare, c'è molto di autobiografico. Hai mai provato disagio oppure riesci sempre a raccontare qualcosa di personale senza però sentirti messo a nudo? Hai mai utilizzato la scrittura come strumento per esorcizzare le tue paure e i tuoi demoni interiori?

    L: No, non ho problemi a usare elementi di me stesso, ogni scrittore lo fa. La versione immaginaria di me stesso in L'altro posto mi ha dato l'opportunità di approfondire qualcosa che è stata la mia passione per molti anni: la magia. Mi è piaciuto scrivere le parti che trattano di magia pratica. Forse uso la scrittura come esorcismo a quanto pare con molto successo, poiché sono una persona insolitamente felice e armonica. Non è in me, è nelle storie. Le persone che sanno quello che scrivo spesso rimangono sorprese quando mi incontrano. "Ma... sei perfettamente normale!"

    M.R:  Secondo te può esistere un'evoluzione stilistica nel modo di raccontare le storie dell'orrore rispetto a ciò che è stato scritto fino ad ora, o come genere è destinato a rimanere statico? A questo proposito quali sono gli elementi davvero imprescindibili? Il soprannaturale è considerato uno di questi?

    L: Mi vergogno a dirlo, ma so molto poco dello stato attuale dell'orrore letterario. Non ho letto quasi nulla nel genere. Vedo molti film però e, a giudicare da loro, il genere è molto in salute in questo momento. Ma proprio l'altro giorno, ho deciso anch'io di leggere alcuni romanzi horror attuali, come una piccolo ricerca.

    M.R:  Dopo gli adattamenti cinematografici tratti dalle tue opere quali Lasciami entrare del 2008 e Border – creature di confine del 2018 da te sceneggiati, sono in programma altri progetti riguardo a future trasposizioni delle tue storie? E poi qual è l’aspetto più difficile del processo di adattamento delle tue storie al cinema?

    L: Penso che attualmente ci siano sei, o forse sette, progetti basati sui miei romanzi e racconti che sono in diversi stati di produzione. Il più vicino è un film norvegese di L'estate dei morti viventi che dovrebbe iniziare le riprese ad agosto. Io stesso, in questo momento, sto scrivendo una serie tv americana, la prima cosa che scrivo direttamente in inglese. Molto segreto, purtroppo. Per quanto riguarda il processo, la parte più difficile è tradurre il mio uso dei monologhi interiori in qualcosa di visivo o parlato.

     

    M.R:  Nella tua carriera di scrittore oltre a ben otto romanzi spiccano anche tre raccolte di racconti brevi e ben due sceneggiature cinematografiche: Quale pensi sia la forma narrativa a te più congeniale?   

     

    L. Ho anche scritto tre commedie per il teatro, ma la forma con cui mi trovo più a mio agio è la prosa, E'l'unica cosa che sento di paroneggiare completamente. Questa consapevolezza è arrivata due o tre anni fa. Ho scoperto che: " Ok, se ho un'idea, sopratutto per un racconto, non ho nessun problema a scriverla. Ormai so come si fa". Era una sensazione confortante.



Interview with John Ajvide Lindqvist- The English Version

    Max  Ruzzante:  Before becoming a writer, you had dabbled in street magic, and you had worked as a stand-up comedian for years. Was there a particular moment/event which made you realize that writing was your true calling?

Lindqvist: For some years I had tried to write novels and stories with the intention of becoming a Writer, with a capital W. It was first when I let go of those ambitions and wrote a straightforward horror story called "Communion" that I for the first time felt that: "Wow, I can do this, this is easy." With that in mind, I decided to try to write a whole novel and I thought: "Ok, the suburb where I grew up. Something horrible comes there". Eventually, this became Let the right one in.

 M.R:   Among the literary works that you read, which ones for you were essentials and inspired you the most?What writers do you feel connected to?

Lindqvist: First and foremost the Swedish writer Selma Lagerlöf. Maybe harder to spot, but also Samuel Beckett and Fyodor Dostoevsky. I adore Gabriel Garcia Marquez, but he´s not really an influence. In the genre Clive Barker, and of course Stephen King.

 M.R: You’ve been renamed “the scandinavian Stephen King”, thanks to your horror works, and you’ve achieved great success with your books internationally. You are unquestionably the leading exponent of weird / horror literature in your country . In your opinion, why isn’t there a real dark/horror scenario in Sweden, unlike the detective stories one?Is it a purely cultural matter, or is horror (wrongly) considered as a lesser genre? 

Lindqvist: Oh, no, there are a lot of horror writers in Sweden these days, only few of them get translated. Before Let the right one in, the genre was mostly underground, but now there´s quite a lot of horror being published by the larger publishing houses here, it just doesn´t get the same international attention as the "Nordic noir". But an author named Mats Strandberg has several novels that has been translated.

 M.R: With Låt den rätte komma in, Hanteringen av odöda and Människohamn you approached the traditional archetypes of horror fiction (the vampire, the living dead and the ghost), and reinvented them in some way, as they’re affected by the scandinavian folklore. What are the peculiar features of your storytelling? How would you define your style? 

 L: My formula is to not have a formula. I think most of my books are fairly different. I don´t want you to know what to expect when you pick up a new one. With that said, many of my books are grounded in realism, with a slight element of enhanced reality, a mild, mild tone of fairy tale within everyday reality. For me, my most important stylistic trait is that the text should work when read aloud.

 M.R: Usually your books have a strong sense of place: Himmelstrand – den första platsen, , and X-den sista platzen (unreleased in Italy) make up the also known as “Trilogi av platserna”. Your novels are often set in places where you grew up and that you know intimately. In your creative process, how important is starting with a place you’re familiar with?

L: This differs depending on the story. When I use an existing place I really try to ground the story in that place, with all it´s details. But some of my novels (Harbour, Little star, X) take place in made-up locations. For those stories I needed to be able to control the environment, so to speak. To decide for myself and for the story where certain things are located, and what exists in this world. It depends on the story.

 M.R: Music is some kind of a soundtrack of your stories. Your novels seem to “play”, like concept albums. How important is music in your life, and how does music artistically nourish your writing?

L: When writing something, usually I decide quite early on what is the musical equivalent of this story. What song or songs do I want it to feel like? Then I play that song or those songs over and over again, sometimes in the background while working. When I had finished writing "Harbour" and checked on iTunes how many times I had played "Lifelines" by A-ha (which was the song for that book) I saw that it was exactly 666 times!

 M.R: There’s plenty of autobiography in your novels Rörelsen – den andra platsen and Låt den rätte komma in. Have you ever felt uncomfortable, or can you always tell about yourself without feeling too exposed? Have you ever used writing as a way to exorcise your fears and inner demons?

L: No, I have no problem using elements of myself, every writer does that. The fictional version of myself in Rörelsen gave me oppurtunity to delve into something that was my passion for many years: magic. I loved writing the parts that deal with practical magic. Perhaps I use writing as an exorcism very successfully since I am an unusually happy and harmonic person. It´s not in me, it´s in the stories. People who know what I write often get surprised when they meet me. "But ... you´re perfectly normal!"

M.R:  In your opinion, could there be a stylistic evolution in horror storytelling compared to what has been written so far, or is this genre destined to remain static? In this regard, what are the most essential horror features? Should the supernatural element be considered as one of them?

L: I´m ashamed to say, but I know very little about the current status of litterary horror. I read almost nothing in the genre. I see a lot of films though, and judging by them, the genre is very healthy right now. But just the other day, I decided too read a few current horror novels, as a little project. 

 M.R:  After the film adaptation based on your novel Låt den rätte komma in, released in 2007, and the film adaptation based on your novel Gräns, released in 2018, both of which you wrote the script for, will there be other projects for future adaptations based on your stories? In your opinion, what is the most difficult aspect of the process to adapt your stories into movie scripts for cinema?

L: I think there are currently six, or maybe seven, projects based on my novels and short stories that are in different states of production. The nearast one being a norwegian film from Handling the undead that´s due to start filming in august. Myself, I´m right now writing an american teveseries, the first thing I write directly in english. Very secret, unfortunately. As for the process, the most difficult part is translating my use of inner monologues into something visual or spoken.

M.R: Beside your eight novels, three short stories collections and two movie scripts stand out in your writing career. What is the narrative form that suits you best?

I´ve also written three plays for the theatre, but the form I´m most comfortable with is prose. It´s the only thing that I feel that I completely master. This realization came two or three years ago. I found that: "Ok, if I have an idea, especially for a short story, I have no problem whatsoever to write it. By now, I know how to do this". It was a comforting feeling.

By Max Ruzzante 

BIOGRAFIA 

 

 

Max Ruzzante nativo di Milano è da sempre un appassionato di cinema e letteratura weird/horror. Ha collaborato e collabora come articolista e recensore per i blog di Weird Magazine, Horror Magazine, Letteratura Horror.it e Club Ghost. Autore di interviste e articoli per le riviste Hypnos e Zothique, ha partecipato come co-autore al saggio John Carpenter. L'antieroe del cinema americano (Weird Book, 2020). Attualmente sta collaborando a vari progetti sempre nello stesso ambito

4 commenti:

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Intervista molto interessante, con l'autore che rilascia risposta mai banali , scontate o di circostanza

" La mia formula è non avere una formula" Questa sua affermazione credo sia assolutamente un principio cardine per ogni forma artistica. E poi l'importanza della musica. Insomma un artista che ho proprio voglia di leggere. Grazie Nick per averla postata.

Nick Parisi. ha detto...

@ Daniele Verzetti il Rockpoeta
Grazie a te per aver apprezzato.

Ariano Geta ha detto...

Provo un po' di invidia per uno che dice di aver scritto un racconto horror pensando "è facile", per me anche i sottogeneri sono tutt'altro che facili.

Nick Parisi. ha detto...

@ Ariano Geta
Lo dici ad uno che è fermo da anni sul suo racconto horror e non riesce a concluderlo. ;)

Ricordando il passato

Ricordando il passato
 
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