ACCELLERANDO VERSO IL PRECIPIZIO- I primi due capitoli.
E' forse ora di tornare a scrivere qualcosa che mi piace, lentamente sto tornando a scrivere, però sento che ancora manca qualcosa. Nel frattempo in questi giorni è stato il compleanno del SURVIVAL BLOG.Il signor Girola per mesi ci ha fatto ballare tutti quanti immaginando un futuro distopico in cui un infezione, IL PRIONE LEE-CHIANG contagia la quasi totalità della popolazione mondiale trasformandola in "Gialli", creature assetate del sangue e della carne dei pochi sani rimasti. QUI e QUI trovate le informazioni su quello che fu il SURVIVAL BLOGper tutti noi.
Noi abbiamo ballato tutti quanti immaginando questo futuro.
E ci siamo anche divertiti.
Recupero qui i primi due capitoli delle storie del mio personaggio tali e quali a come uscirono nei commenti su IL BLOG SULL'ORLO DEL MONDO. A qualcuno piacquero, a qualcun altro fecero schifo.
A rileggerli adesso meriterebbero la pubblicazione? Probabilmente no. Ma è stato divertente.
Oh se è stato divertente.
Non li tocco,li rimetto in rete così com'erano. se v'interessa fatemi sapere cosa ne pensate nel bene come nel male.E se qualcuno di voi lo vorrà nei prossimi giorni ristamperò anche HOMECOMING il capitolo successivo. Questi particolari racconti seguono SEGNALI DAL BUIO già pubblicata QUI e saranno fondamentali per FIGLI DELL'APOCALISSE, il racconto antologico che sto preparando.
CREPUSCOLO.
Vicino MIRA (VE) Dopo il grande Contagio 10 \12\2015.
Sono riuscito a venir fuori dalla Villa.
Me l’ero ripromesso, ma gli ultimi tre giorni di pioggia non mi hanno aiutato.
Ieri invece splendeva il sole, anche se c’erano solo tre gradi sopra lo zero, e
questo clima glaciale dovrebbe mantenere intorpiditi i Gialli.
Uscire fuori significa soprattutto abbracciare Venusia, salutarla sapendo che
potrebbe essere l'ultima volta.
Lei riesce a strapparmi una risata, mi chiede sempre la stessa cosa: di
portarle delle sigarette, se le trovo.
La ragazzina, intanto, mi guarda dalla finestra della sua camera. Non ha mostrato segni di contagio, ma non mi fido ancora.
Uscire fuori significa poi anche attraversare il fiume con la mia barca
striminzita, nasconderla tra i canneti una volta arrivato dall'altra parte e
prendere il SUV che ho nascosto in un casotto.
E tutto questo guardandomi attorno in continuazione, con il freddo che non mi
dà tregua: è un compagno onnipresente.
Ora via, m'immergo con il SUV nel desolante panorama, campi incolti, strade
secondarie, resti di abitazioni bruciate; la cosa peggiore sono i resti di
corpi disseminati un po’ ovunque.
La prima fermata è una chiesetta di campagna. Prendo tutte le candele che
riesco a trovare: i pannelli solari dovrebbero bastare ma preferisco essere
sicuro fino in fondo.
Infine arrivo al paese.
Evito carcasse di auto, mi guardo attorno, osservo i palazzi della periferia,
da alcune finestre mi sembra di scorgere dei movimenti. Ho sempre evitato di
entrare nei condomini, troppi Gialli potrebbero annidarsi in quegli spazi
lasciati liberi dagli uomini. Ma un giorno potrei essere troppo disperato per
poter badare a queste sottigliezze.
La seconda fermata è al negozio di Caccia e Pesca, ho bisogno di munizioni ed
altre armi. Qualche razziatore mi deve aver preceduto, ma forse è stato ai
primi tempi della crisi, quando ancora a far gola erano solo i soldi. Solo per
questo motivo riesco a trovare munizioni ed una doppietta ancora utilizzabile.
Tutto può diventare utile.
Mentre carico "gli ultimi acquisti" nell’auto sento dei rumori, mi giro ed un
Giallo è sulla strada. Lascio la beretta e con la balestra lo punto. Faccio
appena in tempo a scoccare la freccia nell'occhio del Giallo che sono a terra
con le mani fetide di altri due mostri che mi hanno afferrato da dietro.
Non valgo niente in un corpo a corpo, ma il freddo dovrebbe aiutarmi. Con un
calcio allontano il primo: un ragazzino macilento con quello che resta di abiti
griffati addosso. Col secondo è un’altra storia, prima di infettarsi doveva
aver pesato almeno un quintale e il suo peso adesso mi sta schiacciando.
Riesco ad arrivare alla beretta, lo colpisco ripetutamente in testa col calcio
della pistola, e riesco così a togliermelo di dosso.
Il povero coglione gesticola e cerca di rialzarsi ; gli ficco un colpo ed è
tutto finito.
Nel frattempo il ragazzino mi ha raggiunto... Sono ormai pronto al peggio, ma
come in uno scadente film di serie B, qualcuno afferra il Giallo da dietro per
la testa e due mani provvidenziali gli ruotano il collo, spezzandoglielo.
Guardo lo sconosciuto... e qui ho il primo shock. Chi mi ha salvato è un
Giallo, anzi una Gialla. Doveva essere stata anche carina, non bella ma
carina.
Ora i capelli, una volta biondi sono talmente sporchi da sembrare quasi verdi,
e i jeans ed il giubbottino primaverile sono lordi da far pietà. Sotto sotto mi
sa che muore di freddo.
La beretta è scarica, la balestra nello scontro di prima è finita lontano, mi
considero fottuto, ma la Gialla stranamente non fa cenno di volermi attaccare.
Non mi guarda né con l'espressione bovina dei Gialli stupidi, né con la brama
di quelli intelligenti.
In silenzio indica la mia macchina e poi un pacco di cartone in mezzo alla
strada, che quando sono arrivato non c'era; forse l'ha portato lei. Capisco che
vuole che vada a vedere quello che c'è dentro.
Niente di ciò che ho affrontato da quando è cominciato quest'incubo mi ha
preparato a quello che vedo dentro la scatola.
Sta cambiando tutto. Di nuovo.
Mi volto e cerco la misteriosa ragazza Gialla, ma lei è scomparsa; e mi ha
anche rubato il giaccone che avevo lasciato in macchina.
Se n'è andata all’improvviso e mi ha lasciato solo, solo con la mia scelta, solo con il fagottino che scalcia nella scatola.
I gialli stanno cambiando, si evolvono.
Non posso più permettermi di scappare, di nascondermi come un topo, devo
cercare altra gente, forse qualcuno degli altri blogger.
Il fagottino mi guarda, sorride apparentemente sano. Non posso fare a meno di pensare che in fondo una madre è sempre una madre.
Anche se contagiata.
IN UN MONDO DI CIECHI
Giorni dal 13 al 15\12\2015
Si provano tante sensazioni nel trovarsi dalla parte sbagliata della canna di
una pistola: rassegnazione, rabbia, stanchezza, paura; può capitare perfino di
sentirsi estranei a tutto quello che gira intorno. Ed io in questo momento le
sto provando tutte.
Ma andiamo per ordine..
Tutto ha inizio, come ho appena raccontato, con una strana Gialla che mi salva praticamente la vita e mi lascia poi da solo con un neonato. Apparentemente sano.
Era suo? Nato prima che fosse contagiata? Quello di qualcun altro che lei non
ha mangiato in un sussulto di umana coscienza? Non lo posso sapere.
Quello che so è che proprio allora sono cominciati i miei guai. La parte
peggiore, almeno.
Qualcuno forse avrebbe lasciato il bambino lì; qualcun altro, magari dei miei
amici blogger, lo avrebbe anche soffocato, per non doverselo portare dietro.
Ma io ho deciso diversamente.
E ho preso il neonato.
Tutto è successo una settimana fa, ed è da allora che non vedo mia moglie, la
mia casa e che non so neanche in quale parte del mondo mi trovo.
Le persone che mi hanno bloccato sulla via del ritorno mi hanno portato via
tutto: l’auto, le cose che avevo raccolto in giro.
Il neonato invece me lo hanno lasciato, perché, hanno detto che al "capo
piacciono tanto i bambini"; dovevo solo tenerlo io, perché se avesse pianto
loro lo avrebbero ucciso.
Sono finito su un camion telonato insieme ad altre persone: uomini, donne,
bambini. Molti piangono. Non c’è nessuna persona anziana.
Capisco il perché quando una donna mi dice che suo padre è stato ucciso sul posto, lì dove sono stati rastrellati.
"Non sarebbe stato utile a niente" le ha detto ridendo uno dei carcerieri in
mimetica, una ragazzina di una ventina d'anni al massimo.
Con noi c’è anche un’altra donna che condivide un poco del suo latte col mio
bambino; in cambio vuole il mio pullover per coprire suo figlio.
Il problema è pulire il neonato. È completamente coperto di sporcizia,
foglie secche, fango; non è per niente una bella situazione dal punto di vista
dell’igiene e noi non abbiamo neanche una goccia d’acqua.
Da dentro il camion sentiamo più volte esplodere colpi d'arma da fuoco, forse per
scontri con gruppi di Gialli sbandati. Il cibo è poco, il minimo per non farci
morire di fame.
Ad un certo punto l’autocarro si ferma, ci fanno scendere, e vedo altri
due camion pieni di prigionieri. C’è anche il mio SUV insieme a molte altre
auto, probabilmente anch’esse requisite.
E lì, per la prima volta, vedo raffigurato uno strano segno su camion e Jeep,
come corna di cervo stilizzate; sembrano disegnate col sangue. Ricordano il
simbolo di Belfagor, di cui parla il Vampirologo, ma queste sembrano diverse:
sono racchiuse in un cerchio schematizzato con tre folgori.
Mi sto rendendo conto che il numero di questi miliziani è veramente un
problema. La maggior parte non sembrano militari professionisti, molti sono già
ubriachi appena terminato il turno, la sensazione che mi danno è quella di un
eterogenea accozzaglia di rifiuti della società che adesso approfittano della
situazione.
Così è passato il primo giorno.
All'alba del secondo fanno scendere i deboli ed i malati. Non li avremmo più visti.
"Il Capo vuole solo le prede più forti" dice uno dei carcerieri con un luccichio negli occhi.
Gli chiedo cosa intendono fare di noi ma la risposta è che me ne sarei accorto da solo.
Avevo già notato che la sera quando ci fermiamo, questi uomini si ubriacano e solo tre di loro rimangono sobri.
Fortunatamente non hanno ancora scoperto il taccuino su cui tengo il resoconto di quello che sta succedendo.
Devo provare a scappare perché non ho nessuna intenzione di scoprire cosa intende fare il "Capo" con noi.
E forse ho trovato il modo.
IN UN MONDO DI CIECHI. II Parte.
16\12\2015.
Il Camion su cui ci troviamo è sempre l'ultimo della fila ed è anche il più vecchio, quello che ogni volta rischia di fermarsi, obbligando i nostri carcerieri ad una riparazione.
Ho parlato del mio piano con i compagni di prigionia: siamo in sedici nel
camion e qualcuno di loro mi aiuterà.
Finalmente la fortuna è dalla nostra e il camion si ferma. Qualcosa si è rotto
nel motore e ci fanno scendere.
I miliziani iniziano a parlottare tra loro, evidentemente non vogliono perdere tempo, perché li sento dire:
"Il capo aspetta la MERCE".
È questo che siamo? Merce? Come le patate, le cipolle o un pezzo di ricambio
per il camion?
Alla fine quello che sembra essere il responsabile del convoglio decide: gli
altri due camion con il loro carico di prigionieri devono avviarsi per primi
verso la destinazione; la maggior parte delle Jeep e delle macchine requisite
devono seguirli .
Rimarranno solo due Jeep e i miliziani del camion a sorvegliarci finché il
nostro trasporto non sarà aggiustato. Sono solo cinque miliziani, cinque uomini
armati di tutto punto a sorvegliare sedici di noi.
Insieme alle altre auto che partono vedo scomparire per sempre il mio SUV . E
con lui tutte le cose che ero riuscito a raccogliere.
Decido che quello è il momento. Faccio segno agli altri. Il neonato per il
momento rimane con Anna, la donna del latte Maria, la più giovane, si avvicina con fare ammiccante al carceriere più anziano, quello che la importuna ogni giorno. Gli dice che dovrebbe fare i propri bisogni e le chiede di accompagnarla lontano dagli altri in modo che nessuno possa vederla. Luca, il ragazzino di quindici anni, cade a terra fingendo di sentirsi male, e subito
suo padre, un ex giostraio, si precipita su di lui urlando a più non posso. Due carcerieri vanno
verso di loro sbuffando. Io invece ne punto un altro, rimanendogli discretamente
vicino. Un solo miliziano rimane con il mitra puntato contro le donne.
I due contractor sono su Luca e suo padre; il giovane continua ad urlare
come un ossesso.
Tutti sono distratti, tutti sono in gioco.
Dura un attimo.
Da lontano arrivano le urla del soldato che si è allontanato con Maria: dopo
averlo circuito la ragazza deve avergli infilato le unghie negli occhi o
qualcosa del genere.
I miliziani si girano in quella direzione. Io mi avvento addosso a quello a me
più vicino; Luca butta delle manciate di terra negli occhi degli altri due
mentre suo padre sfila la pistola dalla fondina di uno dei due.
L'aguzzino che avrebbe dovuto sorvegliare le donne punta il mitra contro di
noi. Non fa in tempo ad usarlo perché le donne gli sono addosso con la forza
della disperazione per tutte le umiliazioni subite durante la prigionia: lo
strattonano, l'uomo riesce ad esplodere due colpi ma poi finisce a terra con
l'orda che infierisce su di lui. Il padre di Luca spara ai due mercenari, Maria
da lontano usa ripetutamente come un maglio il calcio dell'UZI sulla fronte del
suo aguzzino, che ormai è una irriconoscibile poltiglia di sangue.
Io sono riuscito a strappare l'arma all'ultimo uomo ed ora gliela sto puntando
contro: avrà più o meno la mia età, e la faccia da impiegato di banca. Tutto
sarà durato pochi minuti e abbiamo perso due persone: una giovane donna ed un
ragazzino. Luca va verso Maria e dolcemente la ferma, le sfila la pistola; la
ragazza, più grande di lui, si abbandona tra le sue braccia e piange.
Anna, che è rimasta lontana dallo scontro, mi porta il neonato, che ho deciso
di chiamare Francesco, come San Francesco o come il ragazzino che è morto , se
questo può ancora significare qualcosa.
Devo sembrare ridicolo con un neonato in braccio e una pistola in mano.
"Adesso mi devi dire perché ci avete rapito e dove stiamo andando" chiedo all’uomo che tengo sotto tiro.
Mi guarda rapace, finge arroganza.
"E se non lo faccio?"
Gli indico i miei compagni di sventura, che si sono fatti intorno a noi.
"Se non lo fai, ti lascio solo con loro", gli dico.
EPILOGO.
17\12\2015. Mattina
Zoran, il padre di Luca, ha riparato il camion; la sua esperienza di giostraio si è rivelata fondamentale in questo frangente. Ho deciso che è meglio lasciare presto il
luogo dello scontro, perché gli uomini del "Capo" potrebbero tornare quanto prima, ed è meglio non farsi trovare.
Nel frattempo ho interrogato il nostro ex carceriere: le sorprese non sono
mancate e neanche lo schifo. È venuto fuori che siamo stati catturati dall'Armata, tutti fuoriusciti dal gruppo di Belfagor, di cui il "Capo" è stato il luogotenente. Ci stavano portando al "Centro", un luogo dove molti ricchi si sono rifugiati quando è cominciato il casino, tutta gente che si può permettere di tutto: dall'usare gli organi dei poveri disgraziati rapiti per rimpiazzare i propri, al cannibalismo.
L'Armata, secondo quello che sostiene il prigioniero, fornisce protezione
contro i Gialli e alimenti al Centro. I ragazzini come Luca ed i neonati come
Francesco sono riservati al "Capo" che predilige la carne "fresca e delicata".
Provo compassione per gli occupanti degli altri due Camion, ormai il loro
destino sarà segnato.Ripenso a Venusia, sarà preoccupata, ormai sono giorni che non sa più niente di me. Sono nel nulla della Pianura Padana, isolato. Nonostante le mie minacce il nostro prigioniero non vuole rivelare dov'è il Centro.
Ride:
"Vi troveranno, il Capo non vi lascerà scappare facilmente."
"In ogni caso tu ormai sei fuori dai giochi" gli rispondo "Ed è comunque di
meno di quelli che tu avresti fatto a noi.”
Per la prima volta l'uomo dimostra paura:
"Ma avevi detto che se ti dicevo tutto mi avresti lasciato vivo."
”Alle volte mento.” E gli sparo.
Esco fuori, le Jeep sono pronte, il camion anche. I due nostri morti sono
stati seppelliti mentre ho dato ordine di sistemare quelli dei mercenari in
modo da formare una sorta di disegno in terra: un bizzarro albero di Natale. Su
un cartone lascio un messaggio-avvertimento per il Capo:
MAI SOTTOVALUTARE LA MERCE.
In questo momento ripenso agli altri compagni di fuga di cui leggo in rete;
siamo stati, ognuno a modo nostro, ciechi: io con il mio idealismo; Hell con il
suo falso cinismo; Ariano e la sua pazzia, proprio lui, un tempo il più
sensibile di noi; perfino quel fanatico di Edu.
Tutti presi a tal punto dalla paura dei Gialli che nessuno di noi ha compreso
che in realtà più che da loro, il vero pericolo veniva dalla parte peggiore dell'"umanità": Il Capo, Belfagor, Il Marchese, quelli del Centro, i Politici
ed i militari che sono scappati abbandonando la popolazione, gli ex impiegati
di Banca che si sono messi a fare i cacciatori di prede umane... I Gialli non
sono quanto di peggio la specie umana ha prodotto, ma nonostante tutto non sono
ancora pronto per diventare come loro; e d’altra parte non voglio neanche
diventare come il Capo o Belfagor.
Guardo Francesco: merita di meglio; ed anch'io.
Così come lo merita Alex, Ferru e Matteo, persi sui loro monti. Siamo sopravvissuti. IO sono sopravvissuto, e un motivo c’è.
Voglio ancora vivere.
Anna mi guarda, tutti mi guardano.
"E adesso cosa facciamo?".
"Voi fate quello che volete, IO torno a casa da mia moglie".
FINE.
Dedico questi racconti all'amico TIM che a suo tempo mi ha dato una grossa mano.