INTERVISTA CON CRAIG SPECTOR.

Sono tornato! Le cose non vanno ancora benissimo fisicamente però oggi con una enorme gioia vi posso presentare l'intervista con lo scrittore Craig Spector, uno dei mostri sacri della narrativa horror, uno dei padri del genere splatterpunk che tanto ha rinnovato la narrativa di genere tra la fine degli anni '80 s e l'inizio dei '90s del secolo scorso. L'intervista è importante anche dal punto di vista umano. Spector, che è anche un valido sceneggiatore cinematografico è stato senza alcun dubbio uno degli intervistati più diretti e sinceri che abbia mai avuto. Ringrazio quindi Craig, grande scrittore, grande combattente e anche grandissimo amico per avermi concesso questa splendida intervista.
Se avete voglia di approfondire qui trovate la mia scheda su Spector.
A tutti quanti auguro una Buona Lettura! In fondo alla versione italiana troverete la versione originale in lingua inglese.

(For english version, please scroll down )

Nick:   Benvenuto su Nocturnia, è un piacere averti come ospite Craig.Le mie sono una sorta di "Interviste -Carriera", nel senso che cercano di ripercorrere buona parte della vita editoriale dei miei intervistati, anche nel tuo caso sarà così, quindi cominciamo dall'inizio: non so se ricordo bene ma mi sembra che in molte interviste passate tu abbia sempre dichiarato come l'horror sia stato un argomento che ti ha sempre interessato,  una cosa che ha sempre fatto parte della tua vita ma che almeno all'inizio non intendevi diventare uno scrittore professionista, ce lo spieghi meglio?

Craig Spector:  Ciao Nick, e Nocturnia, e grazie! Sì, è vero - l' horror è stato un qualcosa che mi ha incuriosito fin dalla più tenera infanzia, ma  è stato solo al compimento dei miei 22 anni quando ho avuto l'ispirazione per In Fondo al Tunnel che l'idea di "diventare" uno scrittore horror mi è venuta in mente .

Ho subito delle orribili scottature a causa di un incidente infantile- si trattava di ustioni da grasso di 2 ° e 3 ° grado su tutto il lato sinistro della mia faccia e avevo solo undici mesi, ero davvero piccolo, l'altra conseguenza di questo incidente è stato un intenso incubo ricorrente che mi ha accompagnato durante tutta la mia infanzia. Appena sono diventato un poco più grande, avrò avuto forse 8 anni, mia madre mi ha fatto leggere un breve racconto che aveva scritto sull'incidente, che aveva un titolo tipo My 11 Month Old Baby Pulled a Pun of Frying Chicken on his Head , o qualcosa del genere. Quando l'ho letto, sono successe due cose: ho scorto immediatamente la connessione tra i sogni che facevo, il mio subconscio e il trauma che avevo subito. E non ho mai più avuto incubi.

Sono cresciuto guardando i film dei mostri di Creature Feature (1)  in TV, ed anche  le vecchie serie di Twilight Zone e Outer Limits. Erano i primi anni '60,  avrò avuto forse 3 anni al massimo. Più tardi, sempre durante durante l'infanzia ho cominciato a guardare show come la Night Gallery di Rod Serling, e a leggere Edgar Allan Poe, ma anche Ray Bradbury e Kurt Vonnegut, ma lì avevo già 8 anni. Durante  la prima fase dell' adolescenza ho letto molti vecchi numeri di fumetti come Creepy e Eerie, contemporaneamente guardavo tonnellate di film horror, Hammer Horror, e così via.

Quindi penso di essere sempre stato "sintonizzato sulle frequenze più oscure", se preferisci: ero affascinato dai mostri e dal macabro. Fondamentalmente, sono stato un ragazzino molto strano, e un adolescente malinconico. Penso che tutto questo mi abbia però preparato a diventare uno scrittore horror in età adulta.

Nick:  Quali sono state le tue prime letture, gli scrittori ed i romanzi che ti hanno maggiormente appassionato e formato come lettore prima ancora che come scrittore? Naturalmente, essendo tu anche un ottimo musicista aggiungi pure le tue influenze musicali. (Se vuoi puoi inserire anche i film, i telefilm e tutto quello che ti viene in mente)

CS: Come ti ho detto, da bambino ho letto i lavori completi di Edgar Allan Poe e Ray Bradbury, Kurt Vonnegut  ... in seguito, durante la mia adolescenza, ho letto le opere di scrittori come Stephen King, Anne Rice, a cui aggiungerei Bradbury, Robert Anton Wilson e molti fumetti underground. Ho cominciato ad ascoltare i miei primi LP di musica rock, quando avevo 13 anni, e si trattava di cose come i Black Sabbath,  l'album Aqualung degli Jethro Tull, Alice Cooper,  l'album Led Zeppelin III e Who's Next degli Who. Praticamente tutto il rock vecchia scuola realizzato tra la fine degli anni '60 e i  primi anni '70.

Ho anche fumato un sacco di roba durante la mia giovanile adolescenza, cosa che mi ha stonato parecchio. Ritengo che questo abbia finito con l'influenzare sia la mia immaginazione che la mia percezione della realtà, che erano entrambe sempre spinte ai limiti. Cosa che mi ha sempre affascinato. Ero davvero un tipo parecchio strano perché ero una specie di delinquente giovanile molto spaccone ma avevo anche buoni voti a scuola- i miei genitori erano molto bravi come educatori, quindi questo mi metteva in una sorta di posizione privilegiata, ero praticamente intoccabile e potevo fare tutto quello che volevo. La maggior parte delle mie amicizie era costituita da persone poco raccomandabili (2) e criminali in erba, e così dovevo sempre nascondergli le mie pagelle.

Durante la mia crescita un film che mi ha molto colpito è stato Per Favore, non Mordermi sul Collo di Roman Polanski: che in seguito si è rivelato un po' come l'ispiratore per In Fondo al Tunnel. L'ho visto che avrò avuto 8 anni, e mi è piaciuto il suo equilibrio di toni macabri ed umorismo nero, e per come giocava e sovvertiva i luoghi comuni dei miti sui vampiri.

Nick:  Nel 1986 arriva uno di quei momenti che ti cambiano la vita, viene pubblicato il romanzo "In Fondo al Tunnel" ( in Italia lo conosciamo anche come "Maledizione Fatale") che scrivi assieme a John Skipp. Soffermiamoci un attimo su quel romanzo - che contribuisce a cambiare anche la letteratura horror. Ripercorriamo tutta la vicenda : Cosa ti ha ispirato l'idea iniziale, l'apporto di Skipp, i contatti con gli editori e la pubblicazione di quel romanzo

CS:  Wow, è stato davvero tanto tempo fa! Ho avuto l'ispirazione per In Fondo al Tunnel durante il mio ultimo semestre al Berklee College di Boston, nel Massachusetts. Il mio sogno era quello di diventare un musicista professionista. Un giorno io e la mia ragazza eravamo sulla "T" - la metropolitana di Boston - nella direzione dal Charles River Bridge di Boston fino ad Harvard Square a Cambridge, per vedere una doppia proiezione de Il Cacciatore e di Taxi Driver. Eravamo nell'ultima carrozza e io guardavo fuori dal finestrino posteriore il treno uscire dal tunnel sul ponte. Mi sono improvvisamente rivolto alla mia ragazza e le ho detto: "E se all'interno della metropolitana ci vivesse un vampiro ?"

Lei era piuttosto abituata a sentirmi dire cose strane, quindi si è limitata ad annuire col capo, come a fare "uh-huh." Ho iniziato a provare a razionalizzare l'idea. Ho immediatamente spostato l'idea a New York City, perché lì la metropolitana è più grande e più spaventosa, e ho aggiunto: "Pensaci: se è nato a  New York, quando è in metropolitana è perennemente sepolto nella sua terra natia, quindi non ha bisogno di una bara, può strisciare in un tunnel". Lei mi ha guardato - "Uh huh" Ho continuato: "Là sotto, all'interno di una metropolitana è sempre 'notte', quindi può uccidere 24 ore al giorno, e la gente non penserebbe certo ad un 'vampiro', penseranno piuttosto ad uno 'psicopatico assassino'". Lei mi ha guardato ed ha annuito; io allora ho continuato: "E se non si limitasse a lasciare solo due piccoli buchi nel collo della gente, ma li facesse a pezzi, tutti penseranno davvero ad uno"psicopatico". Ho fatto una pausa e ci ho pensato su: ricordati che eravamo nel 1982 - poi mi sono detto: "E se si trattasse di un punk, sembrerebbe già morto e nessuno noterebbe la trasformazione!"



Ta-da! Ho sorriso. La mia ragazza mi ha guardato: "Uh-huh". Il treno è arrivato e io e la mia ragazza abbiamo trascorso le successive cinque ore immersi nelle oscure visioni di Scorsese e Cimino, ma mentre ci dirigevamo verso casa quella sera, l'idea era ancora con me. Tutti gli ingredienti erano lì, anche il finale. Ma, di per me, non ero uno "scrittore", così quando sono tornato a casa ho chiamato il mio vecchio amico John Skipp, che si era trasferito a New York City e stava cercando di entrare nel mercato, aveva già venduto un paio di racconti alla Twilight Zone Magazine. L'ho trovato e gli ho detto che sarebbe stato un bel racconto, che avremmo potuto scriverlo e venderlo a Twilight Zone e farci sopra un paio di centinaia di dollari, sarebbe stata una cosa fantastica!

La sua prima reazione è stato qualcosa del tipo " Uh-huh, sono occupato". Stava lavorando alle sue cose, ovviamente. Ma John e io avevamo collaborato per anni su varie cose- scrivendo musica e suonando in gruppi, ecc. - quindi la base creativa c'era, era tutta lì. Ho continuato a tormentarlo per circa sei mesi, ogni volta che ci vedevamo: "Che ne dici di quella storia, e di quella storia che ne dici?"
Un fine settimana ero a New York in visita, e ho posto di nuovo la mia domanda, alla fine John ne avrà avuto abbastanza e mi ha detto:" Stasera scriveremo questa storia e avremo finito, così non dovrò mai più sentire niente di tutto questo! "Abbiamo preso in prestito l'appartamento di un amico lungo la Bowery, e restammo svegli tutta la notte con schedari e pennarelli Sharpie, annotando ogni idea che si presentava e disponendola sul pavimento. Un po 'come una gigantesca jam session.

Al mattino dopo, l'intero appartamento era coperto da piccoli fogli, e ci siamo resi conto di due cose: come prima cosa, che c'erano troppe idee da mettere in una storia breve e come seconda, che non esisteva davvero un mercato per la narrativa  breve sui vampiri, ma grazie al successo di romanzi come Intervista col Vampiro di Anne Rice e il Salem's Lot di Stephen King, esisteva un potenziale mercato per i romanzi sui vampiri - e la cosa poteva interessare agli editori.

Sono tornato a Boston - dovevo terminare il mio ultimo semestre. Circa sei settimane dopo, ho ricevuto un pacco per posta: era la prima bozza del primo capitolo, come l'avevamo ipotizzata. John aveva fatto il grande passo, ed è stato davvero fantastico!

Abbiamo iniziato a lavorare sul libro e, poco dopo essermi diplomato, mi sono trasferito da Boston a New York, e ho trovato un lavoro con la stessa ditta di corrieri per cui lavorava John - sono stato probabilmente uno dei primi corrieri su pattini a rotelle di New York. Io e John assieme alle nostre rispettive fidanzate e ad alcuni altri amici ci siamo trasferiti in una piccola casa nel Queens - eravamo giovani e ridicolmente poveri:lavoravamo come corrieri di giorno e poi andavamo a scrivere il libro. John ha anche lasciato il suo lavoro come chitarrista in una grunge-glam-theatrical-rock band ed io ne ho preso il posto, quindi ho finito col consegnare messaggi su pattini di giorno, e scrivere e suonare di notte. Avevo solo 22 anni. Ed è andata avanti così per i due anni successivi.

Nick:  Il Vampiro protagonista di "In Fondo al Tunnel" è completamente diverso da tutto quello che si era visto in precedenza, una figura punk più vicina ai moderni Serial Killers che allo stereotipi creati in passato ( non a caso lo stesso Joss Whedon ha dichiarato di essersi basato sul vostro romanzo per creare il personaggio di Spike) , Il tuo è stato un tentativo cosciente di ammodernare la figura del Vampiro, attualizzandola a quello che era "lo spirito dei Tempi degli anni '80'S oppure è stato tutto inconscio o casuale?


CS: Il libro era davvero molto in linea con lo spirito del suo tempo, però so che volevo sovvertire in maniera consapevole tutti i luoghi comuni sui vampiri, un po' come avevano fatto in Per Favore, non Mordermi sul Collo, ma in maniera più spaventosa. Volevamo che sembrasse "reale", come se la cosa stesse accadendo davvero, e che rendesse il tutto più grintoso e di "strada". E così, invece di essere morso e diventare come "Sua Maestà il Vampiro", Rudy era più simile a un bambino abbandonato sulla soglia della Porta dell'Inferno. Nessun manuale su"Come essere un Vampiro". L'unica cosa che sapeva sui vampiri era ciò che aveva visto nei film dozzinali sui vampiri  - non aveva idea di quali fossero i suoi poteri. Era più simile a un drogato, assetato di sangue che si stava sballando via via che il suo potere cresceva. Ma era stato anche un poco uno stronzo nella vita, e quindi diventare non-morti in realtà ha finito solo con l'amplificare la sua crudeltà di base

L'altra cosa è arrivata dalla nostra stessa esperienza di vita, in quanto abbiamo deciso come gli street messengers (i messaggeri di strada) fossero le persone perfette da essere abbastanza folli per capire che lo "Psicopatico della Metropolitana" fosse in realtà un vampiro ... così come potessero essere semplicemente loro gli unici pronti a dargli la caccia giù nelle metropolitane e nelle strade di New York, perché i corrieri conoscono tutta la città, fogne comprese, e sono collegati ad una sede di coordinamento centrale. Quindi questo pazzo gruppo di ragazzini s'improvvisa in una banda di cacciatori di vampiri, ma loro non sanno nulla su come farlo, tranne per quello che hanno visto nei film sui vampiri. Era un qualcosa di molto diverso per i tempi - nessuno lo aveva mai fatto prima, tranne forse che il film TV Kolchak the Night Stalker.

In Fondo al Tunnel finì per diventare un bestseller del New York Times, il che, se ci pensi, fu un vero e proprio maledetto affare per un paio di signori nessuno, quali eravamo noi all'epoca, riuscire as ottenere un grosso contratto con  un grande editore. Ed è anche una cosa divertente, perché all'epoca era una cosa scioccante che un vampiro indossasse una giacca di pelle nera; al giorno d'oggi, invece è scioccante per un vampiro non essere in una giacca di pelle. Quindi,a suo modo, ha sicuramente avuto un impatto sulla cultura. Ritengo che sia stato d'aiuto il fatto che Joss Whedon abbia ammesso di aver praticamente "rubato" Rudy per creare il personaggio di Spike in Buffy The Vampire Slayer, il che immagino sia un complimento, anche se sarebbe stato un complimento più bello se ci avesse mandato un assegno hahahahaha.

In sostanza, In Fondo al Tunnel ha rappresentato un distillato di tutto ciò che avevamo culturalmente assorbito - i romanzi dell'orrore, naturalmente, ma anche film, fumetti mainstream e fumetti underground, musica, televisione ... semplicemente, tutto questo. Ed è stato solo uno tra i tanti libri facenti parte di una vera e propria ondata di romanzi che non si ispiravano più da una tradizione solamente letteraria, e penso che questo l'abbia reso diverso. Penso che sia stata anche una specie di cosa generazionale - una nuova serie di giovani scrittori: Skipp & Spector, David J. Schow, Richard Christian Matheson, Clive Barker e tanti altri. - che stavano respirando vita nuova e che investivano tanta energia nel genere. Non si trattava di una posa o di un mero atteggiamento, era semplicemente ciò che eravamo.

Skipp e Spector all'epoca del loro sodalizio


Nick:  Visto il successo di quel primo romanzo, per alcuni anni quello tra te e Skipp ha rappresentato un binomio imprescindibile: avete scritto in tutto sei romanzi, curato antologie e sceneggiato film. Come vi dividevate il lavoro e Com'era la collaborazione tra voi due?

CS:   Quando era al suo meglio, il  metodo Skipp & Spector era altamente, intensamente collaborativo - molto simile a quello di una band che mescola e si scambia le voci. Tracciavamo tutto meticolosamente, scena dopo scena, parte dopo parte, poi suddividevamo le scene in capitoli ed entrambi ci mettevamo al lavoro, superandoci a vicenda mentre il libro progrediva. Ma l'altra cosa che abbiamo fatto - il che, credo sia insolito- è stato quello di "passarci" l'uno con l'altro ogni capitolo mano a mano che questi veniva terminato facendo contemporaneamente proseguire il resto del lavoro, in questo modo  riscrivevamo il capitolo già finito mentre lavoravamo al successivo capitolo "nuovo"; dopo aver terminato ci ripassavamo tutto il materiale e così continuavamo, fino al momento in cui l'intero libro, riscrittura dopo riscrittura dopo riscrittura  veniva completato. Di conseguenza, una prima bozza finale di un romanzo di Skipp & Spector era l'equivalente di una terza o quarta bozza (o perfino di più) rispetto ad una stesura normale, semplicemente perché ci eravamo passati tutte e due tante di quelle volte lavorandoci dall'inizio alla fine.

Arrivati ad un certo punto, uno qualsiasi tra noi due, avrebbe potuto avere l'idea o la migliore ispirazione possibile per un dato capitolo e utilizzarlo per redigere la prima bozza finale. A volte il risultato era così definitivo da richiedere una riscrittura minima o perfino nulla; in altri casi ci avremmo dovuto  lavorare molto sopra. Tutto quello che c'era da fare, bastava che la Storia lo richiedesse. Ho sempre pensato che l'unico termine vietato in questo processo creativo fosse la parola "Mio"- rivendicare la proprietà privata sopra un determinato capitolo avrebbe rappresentato la morte del nostro lavoro in collaborazione: semplicemente sarebbe andata bene se i lettori si fossero resi facilmente conto delle differenze tra un capitolo scritto da Skipp ed uno scritto da Spector. Siamo riusciti bene in questo compito per molto tempo, praticamente durante tutti i dieci anni nei quali abbiamo lavorato insieme.

Tieni bene a mente che, quando abbiamo cominciato a lavorare su "In Fondo al Tunnel", anche se l'idea iniziale era stata la mia, io ero più che felice di essere l'artista della "seconda fila" lasciando la "prima fila" a John, per dirla in termini musicali (3).Dopotutto, come ho già detto prima lo scrittore esperto tra noi era proprio lui. Io non avevo intenzione di diventarlo: per me, quando abbiamo cominciato, si trattava solo di un'idea interessante e di un progetto a se stante. Quindi in una maniera molto pratica ho imparato da John mentre lavoravamo, e poi mentre la mia voce emergeva in maniera più consapevole ho cominciato a fare le cose a modo mio. Il primi due libri con la firma Skipp &Spector hanno rappresentato per me una sorta di apprendistato, si può dire che ho raggiunto la mia "maturità" durante la stesura di The Scream. E, ironicamente, forse è stato proprio dopo The Scream che le differenze tra noi hanno cominciato ad emergere nella nostra partnership di scrittura.

In definitiva, però dopo aver lavorato a così stretto contatto per più di dieci anni, erano nati attriti e desiderio di fare qualcosa d'altro. Penso che tra noi due sia stato John quello che abbia avuto per primo la voglia di andarsene per conto proprio; certamente quelli che non volevano che ci fermassimo erano i nostri agenti ed i nostri editori, dal canto mio i, legittimanente, volevo che raggiungessimo la fama di autori importanti prima di separare le nostre strade.
Era diventato un qualcosa di automatico. Arrivati ad "Animals", l'ultimo libro che abbiamo scritto in coppia le uniche cose che ci tenevano insieme erano gli obblighi contrattuali ed il filo spinato. Così, alla fine anche io ho sentito l'impulso di andare avanti da solo: avevamo fatto un bel percorso, ma era arrivato il momento di pensare ad altro. Un tempo ero solito scherzare sul fatto che la coppia Skipp- Spector " Aveva cominciato come un rock-band....e proprio come una rock-band si era sciolta".
Ma si è trattato di una rottura piuttosto caotica, quasi come un brutto divorzio.

Questa per me è ormai storia passata, un qualcosa avvenuto diverse vite fa. John ha continuato a fare le sue cose ed io ho fatto le mie, il che ha incluso la stesura del mio primo romanzo da solista, A Question of Will ( Aka To Bury the Dead) e a quasi un decennio di lavori per la televisione. Ho fatto tanti progetti diversi per la Tv, la maggior parte dei quali è finita "nell'inferno dello sviluppo di Hollywood"- scrivi molto, sei pagato tantissimo, ma non superi la fase dello sviluppo- Ho scritto thriller, horror, un adattamento di un romanzo bestsellers Young Adult per la serie antologia The Wonderful World of Disney (si tratta di Spindel's End una versione moderna e dark della fiaba della Bella Addormentata, stavolta però è la Principessa a salvare il Regno) e.....perfino di un disaster movie di quelli della vecchia scuola a la Irwin Allen. Si trattava di film per la ABC-TV, ambientato su una stazione sciistica situata vicino ad un vulcano in eruzione. Era un tentativo di capitalizzare il successo di pellicole ad alto budget di quel periodo come Dante's Peak e Volcano, ironicamente proprio quel progetto ha attraversato indenne tutte le fasi della lavorazione, dallo sviluppo alla produzione,in tempi record fino a Boom! Trasformarsi in un film

Quello si che è un progetto pazzo- un giorno torno a casa e trovo quindi messaggi sulla mia segreteria telefonica...."Dove sei?" "Chiamaci!"....."Abbiamo bisogno di te"...."Sei assunto!"...."Richiamaci!" Mi volevano assumere perché avevano bisogno disperatamente di una riscrittura, perché ero bravo, veloce ed affidabile e perché avevo già lavorato prima con i produttori di quel film. Li ho incontrati una volta e mi hanno subito messo al lavoro, il film era stupido, con alcune ambientazioni insensate, ma si trattava di un grande evento: mentre stavo lavorando la società di produzione mi ha inviato un gigantesco cesto ricolmo di frutta con un bigliettino che recitava: "We Love You!"
Li ho richiamati ringraziandoli ma gli ho detto che se mi avessero amato davvero mi avrebbero mandato un cesto pieno di caffè e sigarette. Ho scritto cinque versioni in due settimane dormendo a malapena. Ho consegnato la prima metà della sceneggiatura quando loro erano già in elicottero fuori Vancouver a scegliere le location ed io stavo ancora lavorando sulla seconda parte. E' stata una cosa folle, ma è stato un grande insegnamento su come la macchina di Hollywood lavora quando vuole o ha bisogno di qualcosa. Inoltre -sono stato pagato, ho ottenuto il risultato e mi sono creato molti contatti e molti amici per future referenze.

Nick: Tra la antologie che avete curato ci sono le epocali. "Book of the Dead"( tradotta anche in Italia col titolo " Il Libro dei Morti Viventi ") del 1989 e "Still Dead: Book of the Dead II" (inedita in Italia) le due antologie, che hanno al loro interno sia racconti che riprendono le vicende dei film di Romero sia racconti che reinterpretano i topoi del genere in maniera molto personale. Le due antologie rappresentano un vero e proprio atto d'amore nei confronti dell'Universo di George Romero, in anni in cui "I Morti Viventi" non erano di moda come oggi. Cosa vi affascinava dei film di Romero e a distanza di tempo cosa ricordi con piacere di quell'esperienza e cosa invece non ripeteresti?

C.S:  I due volumi di Book of the Dead sono arrivati in una maniera molto naturale: eravamo entrambi grandi fan dei film Romero e del mondo che ha creato. Un giorno John venne da me e mi propose l'idea di un'antologia ambientata nell'universo degli zombi di Romero, contenente altre storie che raccontassero quanto avvenuto lì. Ho pensato che fosse una idea grandiosa, così abbiamo immediatamente chiamato i nostri agenti, i quali  hanno pensato che fosse una proposta fantastica, poi l'abbiamo presentato al nostro editore, il quale ha  pensato che fosse un qualcosa di grandioso, e così boom! - avevamo un accordo. Abbiamo messo insieme la lista dei desideri contenente i nomi degli scrittori di cui ci sarebbe piaciuto avere delle storie, li abbiamo contattati, e  anche loro hanno pensato che ne sarebbe potuto venir fuori una bella antologia e hanno cominciato a mandarci i loro racconti. La prima storia che abbiamo ricevuto è stata quella di Stephen King, cosa che ci ha praticamente garantito di realizzare un best-seller. La sua storia, Parto in Casa, è stata grande. Anche tutte le altre storie che ci sono arrivate si sono dimostrate altrettanto sorprendenti. Tutto è semplicemente avvenuto in maniera magnifica. E' stato come se avessimo toccato un punto nevralgico nella cultura ... ed era la prima volta che l'idea moderna sugli zombi appariva nella letteratura popolare, questo alcuni decenni prima che venissero realizzate cose come The Walking Dead.

Nick: Come è avvenuto il passaggio dalla narrativa alla sceneggiatura?

C.S: Non sono sicuro di aver capito la domanda, ma il materiale di partenza - il mondo immaginato da George nei film originali - era molto ricco e ha colpito un sacco di scrittori. E' risultato che tutti quelli a cui  avevamo chiesto di partecipare alle nostre antologie con i loro racconti amavano i film originali dei Morti Viventi- Night, Dawn, Day - e ne erano stati ispirati.Tutti hanno preso nuove direzioni sfrenatamente fantasiose rimanendo però fedeli al materiale originario, l'universo romeriano, per così dire. Quindi è stato tutto molto gratificante e , al tempo stesso, molto naturale.

Craig Spector (al centro in prima fila)
in veste di attore mentre interpreta uno zombie
nel film "Night of the Living Dead" di Tom Savini (1990)

Nick:  Rimanendo sotto quest'ambito. Tra le tue sceneggiature più conosciute c'è senza dubbio quella realizzata nel 1989 per il film "Nightmare 5- The Dream Child" ( in Italia lo conosciamo come " Nightmare 5- Il Mito" ) Com'è stato lavorare su una delle saghe cinematografiche più amate dal pubblico mondiale?

CS:  Wow, amico è stato davvero tanto tempo fa--- qualcosa come diversi anni fa (risata). E' stata un'interessante esperienza di "Hollywood Boot Camp". John ed io abbiamo sostenuto un' audizione battendo altri sceneggiatori grazie alla nostra interpretazione della serie, che coinvolgeva il subconscio collettivo junghiano....il nostro titolo originale era "The Dream Pool", un luogo dove i sogni di tutti ad un certo punto si incontrano. Abbiamo anche ipotizzato un parallelo tra l'infanzia di Freddie Krueger e quella di Charles Manson- abusato e abbandonato, cresciuto nelle istituzioni dalla scuola al riformatorio, fino ad arrivare alla prigione e alla sociopatia. Questo ci ha aperto la porta.

Avevamo dichiarato inoltre che le prime due cose che volevamo fare erano far radere al suolo con un Bulldozer la casa di Freddy e far diplomare tutti i personaggi alla Scuola Superiore. Per rendere così la serie più incentrata sugli incubi e sui sogni della vita e ciò che essi possono diventare. I dirigenti della New Line avevano come punti fermi il voler mantenere il personaggio di Alice e di farle avere una gravidanza (credo che all'epoca, una delle dirigenti della New Line fosse incinta). Così ci siamo divertiti ad immaginare una gravidanza indesiderata frutto della relazione tra Alice e Dan, la classica " ragazza dalla parte sbagliata della strada e il giovane con una borsa di studio universitaria per meriti sportivi". Di conseguenza Freddy che era ormai morto, a causa della sua distruzione nel film precedente, aveva l'occasione per tornare solo grazie ai sogni del feto di Alice. Avrebbe potuto rendere la sua gravidanza e la sua nascita così un incubo che sarebbe nato di nuovo un mostro.

Questo ci ha fatto assumere, perché suonava al tempo stesso adulto e spaventoso.Tuttavia una volta saliti a bordo, i tizi della New Line si sono sistematicamente rifiutati di accettare qualsiasi cosa gli proponessimo -non volevano far niente che potesse danneggiare il loro franchise più redditizio. In seguito abbiamo scoperto che avevano assunto senza dircelo anche un altro scrittore per stendere un'altra sceneggiatura in contemporanea alla nostra, oltretutto lo imboccavano con le nostre idee, fingendo che fossero le loro. Quando è avvenuto tutto questo, gran parte delle cose che avevamo sviluppato erano già sparite, l'unico dialogo rimasto era quell'"It's a Boy!" presente nel poster del film.

Poi abbiamo scoperto che non intendevano riconoscerci nessun credito, anche se tecnicamente eravamo i primi scrittori. Abbiamo minacciato di rivolgerci per un arbitrato al Sindacato degli Sceneggiatori (4). Inizialmente alla New Line hanno obiettato sostenendo che tutto il materiale era loro e che erano stati loro a fornire tutte le idee a noi. Il nostro avvocato allora li ha informati che io avevo registrato su nastro tutto quello che era stato detto durante tutte le riunioni in teleconferenza che avevamo tenuto sin dall'inizio.  A quel punto ci hanno offerto di utilizzare nei credits uno "Story by..." condiviso. A quel tempo eravamo giovani e non ancora iscritti al Sindacato, avremmo potuto ottenere molto di più, ma io all'epoca non lo sapevo ancora.

Ah beh, vivi e impara. Ancora oggi ricevo dei piccoli assegni grazie a quel film.

Nightmare 5 -Il Mito!
It's a Boy!


Nick: Quelli erano gli anni dello splatterpunk e tu ne sei considerato uno dei padri. Riguardo allo splatterpunk si è sempre detto tutto ed il contrario di tutto. Spiegaci tu quello che realmente avvenuto in quegli anni e cosa ha rappresentato davvero lo splatterpunk per voi scrittori coinvolti. ( In particolare m'interesserebbe sapere il tuo personale rapporto col genere)

CS: Ah,lo splatterpunk, il satanico club dei Moschettieri (5) degli anni '80s. All'epoca l'ho definito come : "Un punto di vista aggressivo, uno stile di vita ma anche una semplice fase che stiamo attraversando". Il che era abbastanza vero almeno per me. Si è trattato di una evoluzione molto personale, non ci siamo seduti tutti quanti allo stesso tavolo decidendo di formare un nostro club pieno di simboli di fratellanza come una stretta di mano segreta o altro. E' stato davvero - per me, comunque - solo una naturale conseguenza nell'evoluzione dell'orrore.

Sono felice di vedere l'impatto che il mio lavoro ha avuto sull' Horror ed anche il fatto che alcuni dei miei libri vengano oggi considerati come dei "classici moderni". Mi gratifica in quanto creativo. Ma alla fine nessuno davvero può dirsi  "proprietario"  dello splatterpunk, proprio come nessuno "possiede" l'horror. Dopo la fine del sodalizio Skipp & Spector, ho cominciato ad esercitare la mia mano con un certo numero di stili diversi - di solito dark o in qualche modo legati a questa tendenza, infusi di umorismo cupo o ironico - e ho lavorato per la televisione, per il Cinema oppure scrivendo altri romanzi, oltre a continuare a comporre e registrare musica e suonare in gruppo. Penso che se osservi il mio corpus di lavoro partendo dal periodo Skipp and Spector  fino ad arrivare ai miei romanzi in solitaria - A Question of Will (alias To Bury the Dead), Underground e Turnaround - potete notarne chiaramente le linee tematiche attraverso le righe. Sto solo inseguendo quegli stessi temi che ho rincorso praticamente per tutta la mia vita .

Per quanto riguarda invece lo "Splatterpunk" - beh, come quel bravo piccolo mostro di Frankenstein che era e che è, a un certo punto è semplicemente scappato a scatenarsi per la campagna

Nick: Come tutte le cose ad un certo punto, direi verso il 1993\94 anche lo splattepunk ha esaurito il suo ciclo. Molti si chiedono i motivi della sua fine. Personalmente la risposta che mi sono dato io è che editori e lettori avessero considerato lo splatterpunk come un fenomeno di moda e che quella moda fosse ormai terminata e che contemporaneamente molti tra voi scrittori coinvolti non vi divertiste più a scrivere quel tipo di cose. Come sono andati veramente i fatti?

C.S:   È finito perché era tempo che finisse, almeno credo. La cosa ha funzionato bene, quasi per un decennio, ma i tempi cambiano, e anche le persone lo fanno. Inoltre, nel periodo in cui lo splatterpunk si stava estinguendo, l'intero comparto delle pubblicazioni generaliste stava cambiando, questo perché il "centro" del settore è rimasto danneggiato a causa di tutti i cambiamenti societari che hanno scosso il settore stesso. Tutto è diventato più piccolo finendo per rinchiudersi in mercati di nicchia sempre più piccoli, e oggigiorno è molto difficile - più difficile che mai, davvero - per un nuovo scrittore arrivare al grande pubblico con numeri da "bestseller".

Nick:  Nel 1993 dopo la stesura del romanzo "Animals" si conclude anche la tua collaborazione con John Skipp, Quali sono stati i motivi della vostra separazione professionale?

CS:  Ancora una volta - è finito perché era tempo che finisse. Le persone cambiano. I tempi cambiano. Questa è la vita, non credi ?

Nick: Negli anni successivi ti dividi tra il lavoro di sceneggiatore, la tua attività di musicista e la scrittura di romanzi. Vorrei soffermarmi in particolare su questi ultimi. Leggendo cose come "To Bury the Dead (2000) o "Underground"(2005) si ha come la sensazione di un tentativo da parte tua di riappropriarti di una tua dimensione di scrittore. Di un modo per te di elaborare alcuni dolori e metterli sulla carta. E' una ricostruzione sbagliata la mia? E Quanto c'è di autobiografico in "To Bury the Dead"?

CS: Beh, certo,  una parte di queste cose sono presenti nelle mie opere in un certo qual modo, anche se non creo personaggi che siano semplici marionette che si muovono per il mio esclusivo piacere. È un qualcosa più simile a un negozio letterario personale - mi incido via parti di me stesso e delle esperienze che ho vissute, e le innesto su personaggi diversi. Penso che tutti i miei personaggi contengano un pezzo di me, persino gli stronzi. Forse gli stronzi più di tutti quanti gli altri (risata) - i cattivi ragazzi (o le cattive ragazze) quelli stravolti e senza speranza.

Ho sempre cercato di strisciare nella pelle dei miei personaggi e di vedere il mondo attraverso i loro occhi, sentirlo attraverso la loro pelle. Un altro modo di vedere la cosa è questo: io cerco di infondere vita nei miei personaggi fino a quando non nascono effettivamente e cominciano ad avere pensieri e sentimenti propri. So che questo è accaduto quando un personaggio va 'fuori copione' rispetto al contesto o si rifiuta categoricamente di dire quello che io pensavo dovesse dire nel contesto immaginato. A volte io e i miei personaggi litighiamo, e in quei casi è come se gli chiedessi: Cosa vuoi dirmi ? Cosa vuoi sapere? E poi, in un certo senso è come se mi rispondessero. Ecco quando succede questo, significa che quei determinati personaggi hanno preso vita.


Resurrection Road
Cover dell'album
musicale di Spector

Nick:Torniamo un istante alla tua attività di sceneggiatore: nel 2008 sei stato coinvolto nella sceneggiatura del film "Animals" tratto dal tuo romanzo omonimo. Non sempre i rapporti tra autori ed Hollywood sono idilliaci. Come sono andate le cose in questo particolare caso?

CS: È stata una lunga e interessante esperienza hollywoodiana, con risultati contrastanti. Sono stato contattato da un produttore associato con cui avevo precedentemente lavorato per adattare il romanzo The Tomb di F. Paul Wilson in un film chiamato Repairman Jack. Risultò che era un grande fan di Animals,  e che aveva sempre desiderato realizzarne il film. Così ci ho lavorato, quasi interamente sulla fiducia, per circa tre anni o giù di lì, fino a quando non siamo riusciti a raccogliere ifondi.

Sono stato l'unico scrittore del progetto, dalla fase iniziale fino alla post produzione. Sono passato attraverso infinite riscritture e molti, molti cambiamenti. Credo che la maggior parte della gente non si renda conto di una cosa cioè  che, come scrittore del materiale originale, sei una specie di genitore che dà il tuo bambino in adozione, e che una volta che hai fatto un accordo, sei fortunato anche solo se riesci ad ottenere il diritto alle visite. Potrà anche essere il tuo bambino, ma qualcun altro lo farà crescere. Ma io ero determinato ad andare fino in fondo.

È stata una grande esperienza in tutto, anche se purtroppo il risultato finale è risultato essere "minore della somma delle sue parti". Il regista ha abbandonato il lavoro o è stato licenziato proprio mentre stavamo entrando nella fase della post produzione, ed è successo proprio durante l'ultimo grande sciopero del Sindacato degli Sceneggiatori, quindi non ho potuto nemmeno parlare con i produttori per oltre 100 giorni. Quando mi hanno richiamato, erano sulla versione # 7 - l'ultima che avevo visto era la versione # 1 - ed era, francamente, un casino. Ho fatto quello che potevo per salvarlo e quindi dalla versione # 15 o giù di lì non c'era più niente della sceneggiatura che avevo scritto all'inizio, anche il film che abbiamo girato, era diventato ... qualcos' altro.
Così è la vita a Hollywood. Ah il glamour!

Ah beh!- alla fine, a pagare mi hanno pagato il lavoro l'ho fatto, la vita va avanti.

Gli Smash-Cut
il loro link You Tube è
QUI.

Nick: Hai fatto parte a lungo del gruppo musicale "Smash-Cut". Ti andrebbe di parlare di questa parte della tua attività ai tuoi lettori italiani che la conoscono poco?

CS:  Gli Smash-Cut hanno rappresentato un periodo meraviglioso nella mia vita: la band era composta da  Preston Sturges Jr (PG Sturges) alla chitarra e come voce, Richard Christian Matheson alla batteria e dal sottoscritto al basso e come voce. Eravamo tutti romanzieri, sceneggiatori e musicisti ma sopratutto eravamo tutti buoni amici. La chimica musicale che abbiamo ottenuto è stata una cosa rara e meravigliosa: abbiamo creato su grande scala. Preston è un cantautore prodigioso che ha scritto materiale sia per David Lee Roth che per Barry Manilow (!), e che aveva costantemente nuove idee per nuove canzoni che poi noi arricchivamo tutti assieme dal vivo. Abbiamo suonato insieme per circa dieci anni, e quando è arrivato il momento di registrare finalmente il nostro primo album, è arrivato un altro buon amico, Jason McKean,  per aiutarci a costruirlo e per farci da produttore. E' diventato davvero il "quarto membro" degli Smash-Cut. Ci siamo installati in un piccolo studio a Malibu e abbiamo registrato una trentina di canzoni in due fine settimane. Sono stati dei momenti fantastici.
.
Purtroppo, la band si è sciolta quando ho dovuto lasciare Los Angeles nel 2009 - il primo album è stato completato ma mai pubblicato. È là fuori sulla mia soundcloud e penso anche su youtube. Roba molto lunatica, blues, ricca di atmosfera.

Nick:  Descrivici il tuo processo di scrittura.

CS: In parole povere, strano e ossessivo. Scrivo fino alla conclusione del progetto, o fino alla scadenza (risate),  divento sempre più ossessivo mano a mano che scendo più verso il  fondo. Delineo e contorno le cose in maniera davvero completa, come se compissi una panoramica di 30.000 piedi della storia, e poi scendessi piano piano  fino al momento in cui i miei piedi non compiono un placcaggio sul terreno della storia. Ma il miglior contorno del mondo corrisponde poco più ad una brochure per viaggiare per un paese che non hai mai visitato, quindi cambierà sempre lungo la strada, in maniere grandi o piccole.

E naturalmente,  dopo che nel 2016 mi è stato diagnosticato un cancro al quarto stadio, le cose sono un po'cambiate. Ora, scrivo più lentamente ora, scrivo quando ne ho voglia. Mi considero un po' come un semi-pensionato, perché, a quanto pare, avere il cancro al quarto stadio già di per sé, è una specie di lavoro a tempo pieno, e sono abbastanza felice della mia originale condizione di "statista anziano dell'orrore".

In un certo senso è anche liberatorio, perché mi sento libero dal bisogno di essere commercialmente redditizio a tutti i costi, anche riguardo alla parte che finisce nella mia fetta della torta. Vedo tutto ciò che scrivo come un libro e un film, o un film e un libro. Del il mio ultimo romanzo, Turnaround, in realtà ne ho scritto prima la sceneggiatura per prima, e poi l'ho trasformata in libro.

Nick: Cosa ne pensi delle attuali tendenze dell'horror contemporaneo?

CS:  Onestamente? Non lo so. Vedo che ci sono alcuni scrittori di talento come Matt Hayward, Mercedes Yardley, Jessica McHugh - che mantengono le cose interessanti e che mi danno speranza.

Ma noto anche una tendenza davvero negativa, in gran parte dovuta alla politica identitaria, idea che ritengo terribilmente tossica, che viene peggiorata dai social media, con tutte le sue segnalazioni di virtù e tutte le sue meschine e amare lotte intestine. Ci sono alcune persone rumorose e alcune bocche là fuori che cercano di dire a tutti chi può scrivere cosa e come si dovrebbe o non si dovrebbe scrivere, o addirittura come si dovrebbe essere,  trovo che questo abbia una preoccupante influenza sul genere e sulla letteratura nel suo complesso. Ma per lo più mi mantengo lontano da queste cose.

Nick: Progetti futuri: a cosa stai lavorando adesso e cosa ci dobbiamo aspettare da Craig Spector nel prossimo futuro?

C.s: Più o meno lo stesso, ad intervalli irregolari. In questi giorni sto facendo molta più musica- a giugno del 2016 ho pubblicato un album da solista intitolato Resurrection Road, dedicato alla mia diagnosi di cancro e ai cambiamenti che questa situazione provoca a livello personale. L'ho pubblicato personalmente ed è attualmente disponibile su iTunes, Amazon, cdbaby.com e dozzine di altri siti sparsi in giro per tutto il mondo, sia per il download digitale sia nella buona vecchia versione in CD. Resurrection Road è tutto rock vecchia scuola, lo stile va dagli anni '70s ai '90s ed andrebbe ascoltato come un album, dall'inizio alla fine, un viaggio sonoro lungo 57 minuti.
Attualmente sto lavorando su un disco supplementare, intitolato Outposts, dal momento che la mia personale strada della resurrezione non terminerà mai: il mio particolare cancro non conosce remissione, non ci saranno mai giorni "cancer free", sono destinato a ballare con lui per il resto della mia vita.

Per quanto riguarda la scrittura, sono attualmente impegnato nel montaggio di un'antologia dark-fiction che ha come tema  la libertà di espressione, intitolata Freedom of Screech. Questa è stata una sorpresa, una specie di Cosa Ha Fatto Spector Durante una Vacanza  dal Suo Cancro al Quarto Stadio, che mi è capitata un bel giorno d'estate nel 2017. Si tratta della prima antologia a cui lavoro dai tempi de Il Libro dei Morti Viventi, tempi davvero molto lontani, ma sono riuscito ad attirare tanti grandissimi talenti  - gente come Norman Spinrad, Tom Monteleone, Elizabeth Massie, Matt Hayward, Jessica McHugh, Chet Williamson, Richard Christian Matheson e altri - quindi penso che ne verrà fuori un libro interessante.

Uno dei miei progetti - The Nye Incidents, una collaborazione tra me Whitlley Strieber (un NY Times bestseller ) ha ricevuto una opzione per essere trasformato in una serie TV, quindi vedremo come andrà a finire.

Per quanto riguarda altri libri, ho alcune idee in corso, ma mi sto muovendo moooooolto lentamente (risate), e mi sono trastullato con l'idea di una raccolta di racconti, un poco perché non ne ho mai fatta una ma ho sempre amato leggerle. Inoltre, la tradizionale saggezza degli editori sostiene che le raccolte di racconti non vendono e questo da solo basta a farmi venir la voglia di realizzarne una (risate).

Nick: Bene Craig è tutto, ti ringrazio ancora per esserti sobbarcato questa lunghissima intervista. Ti saluto rivolgendoti la classica domanda finale di Nocturnia: esiste una questione di cui avresti parlato volentieri, una domanda a cui avresti risposto con piacere e che io invece non ti ho rivolto?

CS: No, penso che  abbiamo praticamente coperto tutto (risata). Grazie per aver pensato a me - chiunque sia interessato può trovarmi su Facebook, o se vuole saperne di più sulla mia musica può andare su www.craigspectormusic.com.  (cliccate QUI) I nuovi amici sono sempre i benvenuti Ciao!

NOTE:
(1) Creature Feature è un titolo generico dato in America a quel tipo di  programmi contenitore che trasmettono vecchi film di genere come gli sci fi degli anni 50 s o gli horror della Hammer, i kaiju giapponesi o i classici film dei mostri Universal anni 40s.
(2) Il termine utilizzato in originale è dirtbags che in italiano funzionerebbe come "la feccia della feccia"
(3) In termini musicali si definisce "first chair" (prima sedia) la posizione dove viene sistemato il suonatore migliore di un dato strumento,esempio:il violinista migliore. Per "second chair"(seconda sedia) viene indicata la posizione dove -leggermente defilato rispetto alla prima sedia-viene sistemato il secondo miglior suonatore dello stesso strumento, esempio: il secondo miglior violinista di quella data orchestra. Nel tradurre avrei potuto utilizzare altri termini ma ho preferito inserire "prima fila" e "seconda fila" per mantenere il paragone utilizzato in inglese da Spector,
(4) La Mitica Writer's Guild of America,  il  sindacato degli sceneggiatori di Cinema e Televisione, quella che ha organizzato il famoso sciopero degli sceneggiatori del 2008, per intenderci. E' suddivisa in due diverse agenzie in base alla Costa di appartenenza, la East e la West.
(5) In originale Craig ha utilizzato il termine Mouseketeers che in America funziona come gioco di parole tra il termine Moschettieri e il modo con cui venivano definiti "gli amici di Topolino" cioè quei bambini che comparivano dotati di orecchie da topo nei programmi Disney americani degli  anni '50s 

INTERVIEW WITH CRAIG SPECTOR-THE  ENGLISH VERSION!


Welcome back! Today Nocturnia presents you a beautiful and complete interview with the American writer Craig Spector. Craig is one of the great authors of modern horror, a great screenwriter, a great fighter and above all a great friend of mine.
Craig gave a great interview to Nocturnia and his readers and I would like to thank him for this.
Happy reading to everyone!
For Craig's music click HERE (www.craigspectormusic.com)

And thanks again Craig Spector!

Nick:   Welcome on Nocturnia, is a pleasure to have you as my guest Craig.These mine are a kind of "Career - interviews", because it seeks to retrace most of my respondents' life, in your case it will be so, so let's start beginning: I do not know if I remember correctly, but I think that in many past interviews you've always said that the horror is a topic that has always interested you, which is something that has always been part of your life but in the beginnings you didn't mean to become a professional writer, can you explain it better?

CS: Hi Nick, and Nocturnia, and thanks! Yes it’s true – horror was something that intrigued me since earliest childhood, but it wasn’t until I had the idea for The Light At The End at the age of 22 that the idea of actually “becoming” a horror writer really occurred to me.

I was burned very horribly in a childhood accident – 2nd and 3rd degree grease burns across the whole left side of my face when I was eleven months old, just a baby, which gave me an intense recurring nightmare all through my childhood. When I was older, maybe 8, my mother gave me a short story she had written on the accident, with a title like MY 11 MONTH OLD BABY PULLED A PAN OF FRYING CHICKEN ON HIS HEAD, or something like that. When I read it, two things happened – I instantly saw the connection between dreams, the subconscious, and trauma. And I never had the dream again.

I grew up watching Creature Feature monster movies on TV, as well as the old Twilight Zone and Outer Limits series. That was the early 60s, I was maybe 3. Later in childhood I watched shows like Rod Serling’s Night Gallery, and I read Edgar Allen Poe, and also Ray Bradbury and Kurt Vonnegut, when I was 8. When I was a young teenager I read a lot of the old Creepy and Eerie comics, and watched tons of horror movies, Hammer Horror, etc.

So I think I was always ‘tuned to the darker frequencies’, if you will: I was fascinated by monsters and the macabre. Basically, I was a weird little kid, and a broody teenager. I think it all prepared me for being a horror writer in later life.


Nick: What were your first readings, writers and novel that have passionate and trained you as a player more than as a writer? Of course, because you are also a great musician, let's add your musical influences (And you want to add also movies, TVseries and all that comes to mind)

CS: As I said, I read the complete works of Edgar Allen Poe, and Ray Bradbury, Kurt Vonnegut as a child… later, in my teens, I read writers like Stephen King, Anne Rice, more Bradbury, Robert Anton Wilson, a lot of underground comix. My first rock album LPs, when I was 13 years old, were Black Sabbath, Jethro Tull’s Aqualung, Alice Cooper, Led Zeppelin III, and The Who’s Who’s Next. Basically late 60’s to early 70s old school rock.

I also smoked a lot of pot when I was a young teen, so I was stoned a lot. I think that affected my imagination and perceptions of reality, and where the edges were. I was always fascinated by that. I was a weird because I was kind of a stoner freak juvenile delinquent but also got good grades at school – my parents were big into education, so I figured as long as I made the honor role I was untouchable and could do what I wanted. Most of my friends were dirtbags and budding criminals, and I used to have to hide my report cards from them.

One film along the way that affected me was Roman Polanski’s Fearless Vampire Hunters: that later turned out to be somewhat inspirational to The Light At The End. I saw it when I was maybe 8 years old, and I liked the creepiness offset by the dark humor, and how it played with and subverted common tropes of the vampire mythos.

Nick: In 1986 comes one of those moments that changes your life, is published the novel "The Light at the End" (in Italian we know as "Maledizione Fatale" or "In Fondo al Tunnel") written with John Skipp. Let us dwell for a moment on that novel - which helps to change even the horror literature. Back over the whole affair: What did inspired the original idea, the contribution of Skipp, contacts with publishers and the publication of that novel

CS: Wow, such a long time ago! I had the idea for Light when I was in my last semester at the Berklee College of Music in Boston MA. I was planning on being a professional musician. One day my girlfriend and I were on the “T” – the Boston metro – heading over the Charles River Bridge from Boston to Harvard Square in Cambridge, to see a feel good double feature of The Deer Hunter and Taxi Driver. We were in the last car and I was staring out the back window as the train exited the tunnel up onto the bridge. I suddenly turned to my girlfriend and said: what if there was a vampire in the subways?

She was kind of used to me saying weird things, so she just nodded, like uh-huh. I started trying to rationalize the idea. I immediately transposed the idea to New York City, because the subway is bigger and scarier there, and said: think about it – if he’s a native-born New Yorker, when he’s down in the subway he’s perpetually buried in his native soil, so he doesn’t need a coffin, he can crawl off into a tunnel. She looked at me – uh huh. I continued: And it’s always ‘night’ in the subways, so he can kill 24 hours a day, and people won’t think ‘vampire’, they’ll think ‘psycho killer’. She looked and nodded; I kept on: And if he doesn’t just leave two neat little holes in people’s necks but tears them apart, they’ll really think “psycho.” I paused and thought about it – this was 1982, remember – then said: And if he’s a punk, he already looks like he’s dead, and no one will notice the transformation!

Ta-da. I grinned. My girlfriend looked at me: uh-huh. The train rolled on and we spent the next five hours or so being steeped in the dark visions of Scorsese and Cimino, but as we headed home that night, the idea was still with me. All of the ingredients were there, even the ending. But I wasn’t a “writer” per se, so when I got home I called my old friend John Skipp, who had moved to New York City and was trying to break into publishing, and he had sold a couple of short stories to then Twilight Zone Magazine. I pitched him and said this would make a great short story, we could write it and sell it to Twilight Zone and make a couple hundred dollars, it’ll be great!

His first reaction was uh-huh, I’m busy. He was working on his own stuff, of course. But John and I had collaborated on stuff for years – writing music and playing in bands, etc. – so the creative foundation was there. I just kept bugging him for about six months, every time I saw him: what about that story, what about that story?

One weekend I was down in New York visiting, and I asked again, and he had finally had enough: he said, we’re gonna write this story tonight and be done with it, and I’ll never have to hear about this again! We borrowed a friend’s apartment down the Bowery, and stayed up all night with file cards and Sharpie markers, writing down every idea that came up and laying it out on the floor. Kind of like a giant jam session.

By morning, the whole apartment was covered with little file cards, and we realized two things: one, there were way too many ideas to put into a short story, and two, there really wasn’t a market for vampire short fiction, but because of the success of Anne Rice’s Interview With The Vampire and Stephen King’s Salem’s Lot, there was a market for vampire novels – publishers might be interested.

I went back to Boston – I was finishing up my last semester. About six weeks or so later, I received a package in the mail: it was the first draft of the first chapter, as we had plotted it. John had taken the plunge, and it was really great!

We started working on the book, and shortly after I graduated, I moved from Boston to NYC, and got a job with the same messenger service John worked for – I was quite possibly one of the first roller skating street messengers in NYC. John and I and our respective girlfriends and a few other friends all moved into a tiny house in Queens – we were young and ridiculously dirt poor: messengers by day, and writing the book. John also left his position as a guitarist in a grunge-glam-theatrical rock band and I took over the slot, so I was skating by day, writing and playing by night. I was 22. And it was like that for the next two years.

Skipp & Spector

Nick:  The Vampire star in "The Light of the End" is completely different from anything we had seen before, a figure closer to modern punk Serial Killers that the stereotypes created in the past (in fact the same Joss Whedon has declared that it was based on your novel to create the character of Spike), was yours a conscious attempt to modernize the figure of the vampire, updating it to what it was "the spirit of the times of the years' 80's or was all unconscious or random ?

CS: It was very much a book in the spirit of its time, but I know I wanted to consciously subvert all the established tropes of the vampire mythos, kind of like the Fearless Vampire Hunters, but scarier. We wanted it to feel “real”, like this was really happening, and keep it very gritty and ‘street.’ And so, instead of getting bitten and becoming like “vampire royalty”, Rudy was more like a babe abandoned on the doorstep of Hell. No ‘How to Be a Vampire’ manual. The only thing he knew about vampires is what he saw in cheesy vampire movies – he had no idea what his powers were. He was more like a junkie, hungry for blood and getting high off it as his power grew. But he was also kind of an asshole in life, and becoming undead really just amplified his own basic shittiness.

The other thing came from our own life experience, in that we decided that street messengers were the perfect people to be crazy enough to figure out that the “Subway Psycho” was actually a vampire… and they were the only ones uniquely prepared to hunt him down in the subways and on the streets of NYC, because messengers know the city from the gutter up, and are connected to a central dispatch. So this crazy bunch of kids become vampire hunters, and they don’t know anything about how to do that either, except for what they’ve seen in vampire movies. That was very different for the times -- no one had ever really done that before, except for perhaps the TV movie Kolchak the Night Stalker.
Light went on to become a New York Times bestseller, which was a pretty big damned deal for a couple of nobodies to land a major book deal from a big publisher. It’s also kind of funny, because at the time it was shocking for a vampire to be in a black leather jacket; nowadays, it’s shocking for a vampire to not be in a leather jacket. So it definitely had an impact on the culture, in its way; I think it helped that Joss Whedon admits that he basically “stoleRudy to create the character of Spike in Buffy The Vampire Slayer, which I guess is a compliment of sorts, though it would have been a nicer compliment if he had sent us a check hahahahaha.

In essence, The Light At The End was a distillation of everything we had culturally absorbed – horror novels of course, but also movies, comics and underground comics, music, television… just, everything. It was one of a wave of novels not solely informed by a purely literary tradition, and I think that made it different. I think that was kind of a generational thing, as well – a new crop of young writers: Skipp & Spector, David J. Schow, Richard Christian Matheson, Clive Barker, etc. – who were breathing new life anda kind of badass energy into the genre. It wasn’t an act or a pose, it was just simply who we were.

Nick: Given the success of that first novel, for some years between you and Skipp was an inseparable pair: you have written a total of six novels, edited anthologies and scripted film. How did you divide your work and how was the collaboration between you?

CS: At its best, the Skipp & Spector method was highly, intensely collaborative – much like a band jamming and trading licks. We plotted everything meticulously, scene by scene, beat by beat, then divided up the scenes into chapters and each set to work, leap-frogging over each other as the book progressed. But the other thing we did -- which is unusual, I think – was to ‘flip’ each next finished chapter back to the other as we progressed, and then we’d rewrite the other chapter while working on the next ‘new’ chapter; having done that, we’d flip it back and keep going, until we had churned our way through the whole book, writing and rewriting and rewriting. As a result, a finished first draft of a Skipp & Spector novel was the equivalent of a third or fourth draft (or more) of a regular first draft, simply because we’d both been through it so many times working from beginning to end.

At any given point, one or the other of us might have a better sense or feel for the chapter and take that one to write the first draft. Sometimes the result was so dead-on that it required little or no rewrite; sometimes it took a lot. Whatever the story required. I always felt the one word that was off limits was ‘mine’ – asserting proprietary ownership of a chapter was the kiss of death for the collaborative process: it just wouldn’t work if you could readily see the “seams” between a ‘Skipp’ chapter and a ‘Spector’ chapter. We managed to do that for a long time, over the ten years we worked together.

Bear in mind, when we first started with Light, though it was initially my idea I was happy to play ‘second chair’ to John’s first chair’, in musical terms – he was more experienced, and as I’ve said before, I had no thoughts of being a writer when we started: it was just a cool idea and a one-off project for me, starting out. So in a very real way I studied John while we were working, and then did things my own way as my own voice more fully emerged. The first couple of Skipp & Spector books were something of an apprenticeship for me, I ‘came of age’ during the writing of The Scream. Perhaps ironically, it was after The Scream that the fault lines started emerging in the writing partnership.


Ultimately though, after working together so closely for ten years, there was friction and a desire to do something else. I think John wanted to leave first; certainly our agents and publishers did not want us to stop, and I wanted us to legitimately break through to certifiable ‘A-list’ status before going elsewhere. It had become something of a machine. By the last book, Animals, we were pretty much held together by contractual obligations and barbed wire. Finally, I felt the urge, too – we had a good run, but it was time to go. I used to joke that Skipp & Spectorcame together like a rock band… and broke up like a rock band.’ It was a pretty messy breakup, like a bad divorce.

That’s all ancient history now for me, like several lifetimes ago. John went on to do his thing, and I did mine, which included writing my first solo novel, A Question of Will (aka, To Bury The Dead), and working in television for about a decade. I did a lot of different kinds of TV projects, most of which ended up in Hollywood’s ‘development hell’ – write a lot, get paid very well, but it would never get out of development. I wrote thrillers, horror, an adaptation of a bestselling YA novel for Wonderful World of Disney (Spindel’s End, a modern, dark re-telling of the Sleeping Beauty fairy tale in which the princess saves the kingdom)… even an old-school Irwin Allen-style disaster movie about a volcano erupting at a ski resort for ABC TV, which was done to try to cash in on the big budget feature films Dante’s Peak and Volcano, and ironically rocketed through development to production in record time, and boom! Movie!

That was a crazy project – One day I came home to fifteen messages on my answering machine…where are you? Call us… we need you… you’re hired… call us back! They hired me because they desperately needed a rewrite and I was good and fast and reliable, and I had worked with the producers before. I had one meeting and they set me to writing. The movie was silly, in some places very silly, but it was a great gig: the production company sent me a giant gift basket of fruit while I was writing, with a little card that said, We Love You! I called them back and thanked them but said, if you really loved me you’d send a basket of coffee and cigarettes! I wrote five drafts in two weeks, and barely slept at all. I turned in Hour One and they were location scouting in helicopters outside of Vancouver while I was writing Hour Two. It was wild, but a great glimpse into how the Hollywood machine works when it wants or needs to. And again – I got paid, it got made, and I made a lot of friends and contacts for future reference.

Nick:   Among the anthologies that you have taken care,there are momentous. "Book of the Dead" (also translated into Italian with the title "Il Libro dei Morti Viventi) in 1989 and" Still Dead: Book of the Dead II "(unpublished in Italy) the two anthologies, which have within them both stories resume the events of the films of Romero both stories that reinterpret the traditional themes of gender in a very personal way. The two anthologies represent a true act of love for the universe of George Romero, in the years when "The Living Dead" were not fashionable as today. What did fascinated you about the Romero movies and after time and what do you remember with pleasure about that experience and what don't you do anymore?

CS: The two volumes of Book of the Dead occurred very naturally – we were both huge fans of the Romero movies and the world he created. One day John came over to my place and proposed the idea of an anthology set in the Romero zombie universe, the other stories that happened there. I thought that was great, and we immediately called our agents, who thought it was great, and we pitched it to our publisher, who thought it was great, and boom – we had a deal. We had put together of wish list of writers we’d like to have stories from, and every one of them thought that it was great, too, and sent us a story. The first story we got back was from Stephen King, and that pretty much guaranteed a best-seller. His story, Home Delivery, was great. All of the other stories that came in were likewise amazing. It just fell together beautifully. It was like we had tapped a nerve in the culture… and it was the first time the modern idea of zombies appeared in popular literature, several decades before things like The Walking Dead.

Nick:   How did the transition from narrative to the script?

CS: Not sure if I understand the question, but the source material – the world envisioned by George in the original film – was very rich and affected a hell of a lot of writers. It turned out that everyone we asked had loved the original Dead filmsNight, Dawn, Day – and were inspired. They took it in wildly imaginative new directions while remaining faithful to the source material, the Romeroan universe, as it were. So it was very gratifying and natural.

Nick:  Staying in this area. In your scripts best known is undoubtedly the one built in 1989 for the film "Nightmare 5- The Dream Child" (in Italian we know as "Nightmare 5- Il  Mito") How was working on one of the sagas more loved by the world audience?

CS: Wow that was a long time ago, man --- like several liftimes ago (laughs.) It was an interesting “Hollywood Boot Camp” experience. John and I beat a ‘cattle call’ of other screenwriters with our take on the series, which involved the Jungian collective subconscious… our original title was “The Dream Pool,” where everyone’s dreams at some point meet. We also hypothesized a correllary between the childhood of Freddie Krueger and that of Charles Manson – abused and abandoned, raised in institutions from reform school to juvie, to prison, and sociopathic. That got us in the door.

We also stated up front that the first two things we wanted to do were bulldoze Freddy’s house, and graduate everyone from high school. Make the Nightmares more about the nightmares everyone has about the dreams of their lives, and what they might become. The New Line execs wanted to keep the Alice character and make her pregnant (I think one of the execs was pregnant at the time). So we played with the idea of unwanted pregnancy between Alice and Dan, a proverbial ‘girl from the wrong side of the tracks and college bound sports scholarship boy.’ And Freddy, because he’s dead and destroyed from the last movie, can only come back through the dreams of Alice’s unborn child. He was going to make her pregnancy and birth so nightmarish that he would be born a monster anew.

This is what got us hired, as it sounded all very adult and scary. However, once hired, the New Line folks pretty much systematically refused to let us actually do anything with these ideas – they didn’t want to do anything that might ‘hurt’ the cash cow of the franchise. We found out later that they also hired another writer to simultaneously write a script without telling us, and they were feeding him all of our ideas, as if they were their own. When it was done most of what we had developed was gone, and the only line of dialogue was the one of the poster: “It’s a boy!”

Then we found out they were intending to give us any credit, even though we were technically the first writers. We threatened to go to the Writer’s Guild to arbitrate. At first they claimed all the material was theirs, and they gave us the ideas. Then our attorney informed them that I had tape recorded all the conference call story meetings. They offered us shared “Story By” credit. We were young and not in the Guild yet, and could have gotten more, but I didn’t know that at the time.

Ah well, live and learn. I still get small residual checks to this day.


Still from "Nightmare 5- The Dream Child"

Nick: Those were the years of splatterpunk and you are considered one of the fathers. Regarding to splatterpunk, it has always said everything and its opposite. Please tell us what really happened in those years and what was really the Splatterpunk for you writers involved. (In particular, I would be interested to know your personal relationship with the splatterpunk)

CS: Ah, splatterpunk, the satanic Mouseketeers club of the 80s. I said at the time, “it’s an angle of attack, a way of life, and just a phase we’re going through.” Which was true enough for me. It was a very organic development, not like we all sat down and decided to form a club with a secret handshake or anything. It was really – to me, anyway – just a natural outgrowth in the evolution of horror.

I’m happy to see the impact my body of work had on Horror writ large, and that some of those books are considered “modern classics.” That’s gratifying as a creative. But ultimately, no one “ownedsplatterpunk, just as no one “owns” Horror. After Skipp &Spector, I moved on to try my hand at a number of different styles – usually dark or in some way bent, infused with grim or ironic humor – and I worked in television, feature film, and writing more novels, as well as continuing to compose and record music and play in bands. I think if you look at my collected body of work, from the Skipp & Spector days through my own solo novels – A Question of Will (aka To Bury the Dead, Underground, and Turnaround -- you can see clear thematic through lines. I’m just following the threads, as I have been pretty much all my life.

As for “Splatterpunk” – well, like the good little Frankenstein’s monster that it was and is, at a certain point it just shambled off to rampage the countryside.


Nick: Like all things at one point, I think around the 1993 \ 94, also the splattepunk has completed its cycle. Many ask the reasons for its end. Personally, the answer I have given myself is that publishers and readers had considered the splatterpunk as a fad and fashion that was now over and that at the same time many of you writers involved hadn't fun no more writing that kind of stuff. How did the facts really?

CS:  It ended because it was time for it to end, I think. It had a good run, almost a decade, but times change, and people do, too. Also, around the time splatterpunk was ending, the whole of mainstream publishing was changing, in that the ‘center’ got punched out because of all the corporate shakeups that rocked the industry. Everything Balkanized into ever smaller niche markets, and nowadays it’s very hard – harder than ever, really -- for a new writer to aggregate a ‘bestseller’-sized audience.

Nick: In 1993, after the writing of the novel "Animals" also ends your collaboration with John Skipp, What were the reasons of your separation?

CS: Again – it ended because it was time for it to end. People change. Times change. Such is life, you know?

Nick: In the following years you divide between the work of a writer, your work as a musician and writing novels. I want to focus in particular on the latter. Reading things like "To Bury the Dead "(2000) or" Underground "(2005) we have the feel of an attempt on your part to take ownership of your own dimension as a writer. As a way for you to work out some pain and put them on paper. Is it a wrong reconstruction mine? And How much of autobiographical "To Bury the Dead"?

CS: Well of course, that’s part of it in a way, though I don’t create ‘hand puppet’ characters for myself. It’s more like a personal literary chop shop – I carve myself and my lived experiences up for parts, and graft them onto different characters. I think all of my characters contain a piece of me, even the assholes. Maybe especially the assholes (laughs) – the bad guys (or girls) the twisted, hopeless fucked up ones.

I’ve always just tried to crawl into the skin of my characters, and see the world through their eyes, feel it through their skin. Another way of looking at it is: I try to breathe life into my characters until they come to life, and have thoughts and feelings of their own. I know this has happened when a character goes ‘off script’ from the outline or flat out refuses to say what I thought they were supposed to say in the outline. Sometimes we argue about it, and I end saying what? What do you want to say? And then, they tell me. That’s when I know, they’re alive now.

Nick:  Let's go back a moment to your activities as a writer: in 2008 you were involved in the screenplay for the film "Animals" from your novel. Not always the relationship between authors and Hollywood is idyllic. How did things go in this particular case?

CS: It was a long and interesting Hollywood experience, to mixed results. I was approached by a producer colleague I had previously worked with on adapting F. Paul Wilson’s The Tomb into a movie called Repairman Jack. Turns out, he was a major fan of Animals, and had always wanted to do it. So I worked on it, pretty much entirely on spec, for about three years or so, until funding could be raised.

I was the only writer on the project, from inception through post production. I went through endless the rewrites and many, many changes. One thing I think most people don’t realize is that, as a writer of the original source material, you’re kind of the birth parent giving your child up for adoption, and once you make a deal, you’re lucky if you even get visitation. It might be your baby, but someone else is going to be raising it. But I was determined to see it all the way through.

It was a great experience in all, though sadly, the end result ended up “less than the sum of its parts.” The director either quit or was fired right as we entered post production, which was right as the last big Writer’s Guild strike happened, so I couldn’t even talk to the producers for 100 days. When they called me back in, they were on Cut #7 – the last I had seen was Cut #1 – and it was, frankly, a mess. I did what I could to salvage it, and by Cut #15 or so it ended up being not the script I wrote, not even the movie we shot, it was… something else. Such is life in Hollywood. Ah the glamour.

Ah well – in the end, I got paid, it got made, life moves on.


Cover di "Resurrection Road"
Music by Craig Spector
.

Nick:  You have long been part of the music group "Smash-Cut". Would you like to talk about this part of your business to your readers that the Italians know little?

CS: Smash-Cut was a wonderful period on my life – the band consisted of Preston Sturges Jr (PG Sturges) on guitar and vocals, Richard Christian Matheson on drums, and myself on bass and vocals. We were all novelists and screenwriters as well as musicians, and all good friends. The musical chemistry that we had was a rare and wonderful thing: we just clicked in a big way. Preston is a prodigious songwriter who has written for both David Lee Roth and Barry Manilow (!), and he was constantly bringing in new song ideas that we would flesh out, live in the room. We played together for about ten years, and when it came time to finally do our first album another good friend, Jason McKean, came in to engineer and produce us. He really became the “fourth member” of Smash-Cut. We set up in a small studio space in Malibu and recorded @thirty songs over two weekends. It was an amazing time.

Sadly, the band ended when I had to leave Los Angeles in 2009 – the first album was completed but never released. It’s out there on my soundcloud and I think on youtube. Very moody, bluesy, atmospheric stuff.

Nick:  Describe your writing process.

CS: Simply put, weird and obsessive. I write to the project, or the deadline (laughs), and getting more obsessed the deeper into I go. I do really comprehensive outlines, like a 30,000 foot overview of the story, and then bit by bit descend into it until my feet are plated on the ground of the story. But the best outline in the world is little more than a travel brochure to a country you’ve never visited, so it always changes along the way, in ways great or small.

And of course, with my Stage Four cancer diagnosis back in 2016, things have changed a bit. I write slower now, I write when I feel like it. I’m kind of semi-retired now, because as it turns out, having Stage Four cancer is really kind of a full time job in itself, and I’m happy enough in my O.G. “elder stateman of Horror” status.

In some ways it’s liberating, because I feel freed from the need to be commercially viable, though a certain percentage of that is baked into my cake. I see everything I write as a book and a movie, or a movie and a book. With my last novel, Turnaround, I actually wrote the screenplay first, and then novelized it.

Nick: What do you think of current trends in contemporary horror?

CS: Honestly? I don’t know. I see some really talented writers like Matt Hayward, Mercedes Yardley, Jessica McHugh – they keep things interesting and give me hope.

But I also see a really negative trend largely because of identity politics, which I think is a terribly toxic idea, rendered all the worse by social media, with all its virtue signaling and petty, bitter infighting. There are some loud and mouthy people out there trying to tell everyone who can write what and how they should or shouldn’t write, or even be, and I find that a disturbing drag on the genre, and literature as a whole. But I mostly stay out of it.

Nick:  Future plans: What are you reading now and what can we expect from Craig Spector in the near future?

CS: More of the same, at odd intervals. I’m doing a lot more music these days – in June 2016 I released a solo album called Resurrection Road, charting my cancer diagnosis and the changes that puts a person through. I self released it and it’s currently available on iTunes, amazon, cdbaby.com, and dozens of other sites worldwide, for digital download or good old fashioned CD. Resurrection Road is old school rock, circa 1970s-90s, and meant to be listened to as an album, front to back, like a 57 minute long sonic sojourn. I’m currently at work on a follow up album, Outposts, since the resurrection road never really ends for me: my particular cancer has no remission, no ‘cancer free’ days, and I’ll dance with it the rest of my life.

Writing-wise, I’m currently at work editing a freedom of speech-themed dark fiction anthology called Freedom of  Screech. This one was a surprise, a kind of What Spector Did During His Stage Four Cancer Vacation, that just hit me one fine summer day in 2017. It’s the first antho I’ve done since Book of The Dead, way back in the day, but I’ve attracted some exciting talent – Norman Spinrad, Tom Monteleone, Elizabeth Massie, Matt Hayward, Jessica McHugh, Chet Williamson, Richard Christian Matheson, and others – so I think it’s going to be an interesting book.

One of my projects – The Nye Incidents, a collaboration with NY Times bestseller Whitley Strieber – has been optioned for development as a TV series, so we’ll see how that goes.

As for more books – I have some ideas in the works, moving verrrry slowly (laughs), and I’ve been toying with the idea of a short story collection, since I’ve never done one but always loved reading them. Plus, traditional publishing wisdom is that short story collections just don’t sell, and that makes me want to do one, just ‘cuz (laughs.)

The Smash-CutHere the songs


Nick:  Well Craig is all, thank you again for signing shouldered this long interview. I give you the classic final question of Nocturnia blog: is there any issue that you would have gladly talked, a question I would answer with pleasure and yet I haven't done?

CS: No I think we’ve pretty much covered it (laughs.) Thanks for thinking of me – anyone who is interested can find me on Facebook, or find out more about my music at www.craigspectormusic.com. New friends are always welcome. Cheers!

20 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

@ Bara Volante
Mi fa piacere che tu abbia apprezzato, anche perché cominciavo a chiedermi dov'erano finiti tutti gli "horror fans" che una volta seguivano questo blog. ;)

Marco L. ha detto...

Veramente monumentale questa intervista.
Noto che abbiamo praticamente le stesse basi letterarie e musicali.
Comunque non sono del tutto d'accordo su quanto afferma riguardo ai social. Io direi che quell'atteggiamento c'è sempre stato, solo che coi social è più evidente. E probabilmente più esasperato, questo sì.

Blogghidee - Ximi - ha detto...

Nick! Questa e' una intervista meravigliosa! Una storia nella storia, un vero e proprio racconto in cui ci si incuriosisce dei risvolti creativi innestati nella vita e nelle dinamiche reali della scrittura! Mi ha commossa come parla di se' con ironia e puntualizzando le fasi creative con aria disarmante: sembra facile creare una storia, la rende facile e a me personalmente, la lettura ha trasmesso voglia di fare!!! La tua scaletta fa crescere l'entusiasmo con un filo conduttore che spazia in tanti filoni ma tutto con un senso logico e dinamico. Sei troppo forte!
Due o tre frasi me le terrò da parte come ispiratorie. Come il "negozio letterario".
Complimenti!!!

Mary

Nick Parisi. ha detto...

@ Bara Volante
Aggiungerei che con i social è anche tutto più immediato. Quindi anche il litigio o la fake news.
Ai miei occhi comunque direi che l'aspetto peggiore sta nella diffusione, una volta la maggior parte delle persone comuni non si sarebbe nemmeno sognata di adottare certi comportamenti, al massimo si potevano trovare in certe conversazioni da bar...perché nel profondo si sapeva certe opinioni erano sbagliate così come si sapeva che determinati atteggiamenti erano condannabili adesso invece sembrano diventati tutti "leoni da tastiera".

Nick Parisi. ha detto...

@ Blogghidee-Ximi
Questa intervista ha una genesi lunghissima,era da circa due\tre anni che l'avevo proposta a Craig Spector, poi i suoi problemi di salute avevano fatto si che decidessimo di accantonare la cosa. Solo di recente avevo ripreso coraggio e avevo rimandato le domande allo scrittore, che come hai visto non si è certo tirato indietro. Spector ha coraggio e determinazione da vendere e lo ha dimostrato nell'intervista senza nascondere praticamente niente di sé.
Credo che sia davvero valsa la pena aspettare per questa intervista.


Ariano Geta ha detto...

Oh, che bello vedere uno scrittore che sovverte l'immagine "convenzionale" del tipo un po' intellettuale e sembra invece il chitarrista di una rock band!
Ma, visto il genere di questo autore e l'idea di un vampiro "punk" che vive a New York, quindi è l'ispiratore del fumetto (e del film) "Blade", o sono due cose diverse?

Nick Parisi. ha detto...

@ Ariano Geta
No caro Ariano, si tratta di cose molto diverse, il fumetto di "Blade" nasce negli anni '70s, all'inizio si tratta di un semplice comprimario nella serie di "Dracula" e solo in seguito si è affrancato come personaggio principale, nei fumetti era bianco ed era un cacciatore di vampiri per vendicare la morte della moglie e dei figli mentre al Cinema lo hanno trasformato in personaggio "afro" solo per motivi di politically correct, quindi è arrivato molto prima del libro di Skipp e Spector che semmai hanno ispirato molti altri vampiri degli anni 80-90 come i personaggi della serie "Buffy".

Craig Spector ha detto...

Grazie a tutti -- sarei lieto di rispondere alle domande qualcuno di voi potrebbe avere.

Cheers, Craig

Nick Parisi. ha detto...

@ Craig Spector
Grazie a te per questo commento, allora comincio biecamente io.
Mi piacerebbe che tu ci parlassi di quando nel 1990 hai partecipato come attore al film "La Notte dei Morti Viventi" di Tom Savini.

Thanks to you for this comment, then I begin.
I would like you to tell us about when in 1990 you participated as an actor in the film "The Night of the Living Dead" by Tom Savini
Cheers, Nick

Craig Spector ha detto...

Oh che è stato molto divertente - John ed io stavamo vivendo torna in Pennsylvania quando abbiamo sentito parlare di Tom Savini riprese il remake di notte. Ci ha invitati a venire fuori, così abbiamo saltato nella mia macchina e siamo andati a Pittsburgh, ed abbiamo trascorso le due settimane successive giocando zombie ogni notte!

Nick Parisi. ha detto...

@ Craig Spector
Grazie, rivedo quel film abbastanza spesso e ho sempre pensato che gli attori si siano parecchio divertiti durante le riprese. Ti invidio parecchio per aver lavorato con Patricia Tallman, che all'epoca (ma ancora oggi) mi piaceva molto.

Thanks, I see that film quite often and I always thought the actors had a lot of fun during the shoot. I envy you a lot for working with Patricia Tallman, who at the time (but still today) I liked a lot (beautyfull babe)

Lucrezia Simmons ha detto...

Mr Spector, I will certainly buy Resurrection Road as I am a huge fan of old school rock! Thank you for your interview, I have two questions: 1. Is music relevant in your writing process or do you write in silence? 2. Do you think that horror genre is still a bit neglected, compared to other forms of literature or are we way beyond that point? Thank you for your time.

Blogghidee - Ximi - ha detto...

I love this interview!!! Hi Craig! I'm sorry for my bad English 😂😬
This is my question for you: write horror books, what is the meaning for you of beauty?

I was struck by the way you deal with cancer, with courage and disenchantment! You are a warrior. Writing helps you in this circumstance of your life?
Thanks!!!

Craig Spector ha detto...

Hi Lucrezia, thanks and I look forward to your thoughts on Resurrection Road! Music is essential to my writing process, I almost never write in silence -- often there will be a particular song that jumps out as being *the* song to write a scene to, and I will play it on repeat for hours. As for horror being neglected, I think we are in a renaissance of horror these days -- there are many TV shows, and films, exploring dark themes, and even in literature... although it can be hard to tell in books because modern publishing is so very scattered compared to previous decades.

Craig Spector ha detto...

Hi Blogghidee - thank you! And please excuse my English to Italian translator from Google!

I write horror because I am fascinated by the dark and twisted things in the world since earliest childhood -- in some ways I think I was born tuned to the darker frequencies of life.

It has also helped me in curious ways in my fight with cancer -- in my case it happened upon me so suddenly I did not even have time to be scared. So now, I fight, for life itself.


***

Hi Blogghidee - grazie! E vi prego di scusare il mio traduttore italiano inglese di Google!

Scrivo orrore perché io sono affascinato dal buio e ritorto le cose nel mondo dalla più tenera infanzia -- in alcuni modi in cui credo è nato sintonizzato a frequenze più scuri della vita.

Essa ha inoltre contribuito a me in modi curiosi nella mia lotta con il cancro -- nel mio caso è accaduto su di me così improvvisamente non ho nemmeno avuto il tempo di paura. Così ora ho la lotta per la vita stessa.

Nick Parisi. ha detto...

Do io la traduzione della risposta a Lucrezia:

Ciao Lucrezia, grazie e attendo con ansia le tue impressioni su Resurrection Road! La musica è essenziale per il mio processo di scrittura, non scrivo quasi mai s in silenzio-spesso inserisco una canzone particolare che salta fuori come * la * canzone che mi premette di scrivere una scena a, e io la metterò su REPEAT per ore. Per quanto riguarda l'horror e il suo essere trascurato, penso che stiamo assistendo ad una rinascita del genere in questi giorni-ci sono molti spettacoli televisivi, e film, che esplorano temi dark, e questo avviene anche in letteratura... anche se può essere difficile da raccontare nei libri perché l'editoria moderna è così molto frammentata rispetto ai precedenti decenni.

marisa forzani ha detto...

Tutta l'intervista e' stupenda! Aggiungo ancora un plauso a entrambi sia Nick che Craig per il momento di confronto tra l'arte e la vita in tutte le sue sfaccettature, e sulla descrizione della fase creativa, in cui mi rivedo moltissimo quando scrivo o quando pitturo! Credo che Nick sia riuscito a darne un'esemplare traduzione!
Mi ha incuriosito moltissimo la versione della Bella Addormentata, c'è modo di leggerla? Come ben sai sono una amante delle fiabe e questa versione mi intriga.
Un caro saluto come Mary - finalmente 😉😊


Ivano Landi ha detto...

I miei complimenti a entrambi, intervistatore e intervistato. Mi ha fatto molto piacere leggere l'intervista anche per certe coincidenze con il mio vissuto. Anch'io, come Craig Spector, ho amato l'horror fin dal primo momento in cui sono stato in grado di leggere libri e fumetti e guardare film. E verso i dodici-tredici anni leggevo gli equivalenti nostrani di "Creepy" e "Eerie"... la rivista "Horror" della Sansoni per esempio. Credo di non essere diventato alla fine uno scrittore horror solo perché si sono sommate insieme molte altre influenze, alcune di natura perfino opposta.

Nick Parisi. ha detto...

@ marisa forzani
Lieto di conoscerti col tuo vero nome, credo che aldilà delle mie domande,il merito vada riconosciuto tutto a Craig, di interviste ne ho fatte molte ma ritengo che Spector sia stato uno dei miei intervistati più diretti ed espliciti, non è da tutti e per questo lo ringrazio ancora.

Nick Parisi. ha detto...

@ Ivano Landi
Un giorno sarebbe bello parlare delle esperienze e delle influenze di ciascuno di noi, magari mettendo a confronto le varie generazioni di lettori di questo blog.
In quanto all'intervista sono davvero convinto che sia stata una delle migliori mai apparse su Nocturnia.

Ricordando il passato

Ricordando il passato
 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...