Il recente post su 4 Mosche di Velluto Grigio a quanto sembra ha avuto successo, segno che sull'argomento "Cinema di Genere italiano" (o se preferite, "Cinema Bis") c'è ancora tanto interesse.
Proviamo quindi a tornare sulla materia, affrontandola però da un punto di vista differente.
In passato ho parlato spesso delle "Facce da Telefilm", cioè di quegli attori, che magari non notiamo immediatamente, ma i cui nomi e volti ricorrono spesso nelle produzioni per il piccolo schermo.
Quindi, perché non provare a fare lo stesso tipo di discorso anche per il "grande" schermo?
Quindi, ecco a voi, un paio di esempi di "Volti da Film".
-FULVIO MINGOZZI (1925-2000)
Confrontandola con l'attuale pochezza sembra quasi incredibile pensare alla grande qualità e varietà di attori coinvolti nel nostro Cinema durante gli anni d'oro. Molto spesso si tratta di caratteristi, altre volte di attori talmente apprezzati da ben determinati registi, al punto di essere chiamati - magari anche per piccoli ruoli, magari anche per semplici comparsate - in tutti i film che quei registi si accingevano a girare.
Prendiamo il caso del ferrarese Fulvio Mingozzi.
Il nome probabilmente non vi dirà niente, però se in vita vostra avete visto anche solo "un" film di Dario Argento allora sicuramente avete visto la sua faccia.
Già, perché Mingozzi, che aveva comunque avuto una discreta carriera già a partire dai primi anni '60s ( tra le altre cose era apparso nel Kriminal del 1966) era talmente stimato dal regista romano al punto che questi lo chiamò praticamente in tutti i suoi primi lavori.
Ecco quindi che nel film del debutto argentiano L'Uccello dalle Piume di Cristallo, realizzato nel 1970 il buon Mingozzi interpreta la parte di un poliziotto, ruolo che riprenderà nel successivo Il Gatto a Nove Code: In 4 Mosche di Velluto Grigio, lo rivediamo invece nelle vesti del Manager musicale del protagonista. In Profondo Rosso (1975) Dario Argento si concede una divertita citazione affidando ancora una volta all'attore il ruolo di un agente e per rincarare la dose battezza il personaggio chiamandolo Mingozzi esattamente come il suo amico attore.
Due anni dopo, ritroviamo l'interprete nelle primissime sequenze di Suspiria: è infatti lo scortese tassista tedesco che accompagna Jessica Harper all' Accademia della Danza di Friburgo.
In Tenebre del 1982 è Alboreto, il custode del residence dell' Eur dove va a risiedere Anthony Franciosa nel suo sanguinario soggiorno romano.
Nel frattempo, Mingozzi non è stato certo con le mani in mano, nell'intervallo tra un film di Dario Argento e l'altro, l'uomo ha partecipato a decine di altre pellicole, tra spaghetti western; pellicole del terrore; poliziotteschi e commedie. Però il suo volto ed il suo nome continuano ad essere associati alle produzioni argentiane, quasi un marchio di fabbrica, un sigillo di continuità.
Sembra un binomio indissolubile, però ad un certo punto qualcosa succede.
Phenomena è l'ultima collaborazione tra i due, nella pellicola del 1985 Fulvio Mingozzi appare quasi nascosto in un minuscolo cameo, nel ruolo del padre di una delle vittime.
La scena facente parte di un finto servizio televisivo, appare quasi un malinconico commiato dell'attore e al tempo stesso la fine di un epoca e l'inizio del de profundis per la creatività di Dario Argento.
Molto probabilmente Fulvio Mingozzi era già stanco e cominciava ad avvertire i primi sintomi della malattia che avrebbe condizionato gli ultimi anni della sua vita.
La stessa malattia che ha finito a per portarlo alla morte nel corso degli scampoli dell'Estate del 2000.
- IAN MCCULLOCH (1939 -.....)
Che il Cinema italiano (almeno fino a parte degli anni '80's) fosse dotato di una ricchezza e di una varietà invidiabile è un dato di fatto.
I motivi erano tanti: la presenza di tanti geniali artigiani alla regia, produttori magari anche furbetti e cialtroni ma che erano in grado di fiutare l'affare giusto, la capacità di trovare soluzioni sia a livello narrativo che tecnico anche con bassi budget e tante altre combinazioni favorevoli.
Quel tipo di Cinema, tra le altre cose, attirava la presenza di attori di tutto il mondo, spesso si trattava di ex star americane che venivano nel belpaese a godersi gli ultimi scampoli di carriera ( o a sognare un non così improbabile rilancio), altre volte si trattava di attori europei chiamati dalle allora frequenti coproduzioni...ed è proprio grazie a quelle coproduzioni che le pellicole italiane potevano vantare ricche presenze di interpreti francesi, tedeschi, spagnoli ma anche greci, inglesi, olandesi, brasiliani ed austriaci ( e del resto, la cosa era reciproca visto che è possibile rintracciare la presenza anche dei nostri attori in molte pellicole francesi e tedesche degli anni '70s). A volte ancora si trattava di modelle internazionali che si fermavano a Cinecittà in cerca di ingaggi, o di amanti danarosi. C'era poi un 'ultima categoria che gravitava attorno a quel mondo, e cioè interpreti che una volta ottenuto un enorme successo nel loro paese in produzioni televisive o cinematografiche tentavano la strada del successo internazionale partecipando a produzioni di genere nostrane.
Lo scozzese Ian McCulloch apparteneva proprio a quest'ultima categoria.
McCulloch - i lettori di Nocturnia appartenenti alla mia stessa generazione lo ricorderanno - era un attore che godeva di una certa notorietà presso il pubblico televisivo degli anni 70s; per tre anni, dal 1975 al 1977 ) aveva vestito i panni di Greg Preston uno dei protagonisti de I Sopravvissuti ( Survivors ) la serie culto BBC a tema apocalittico a sbarcata parzialmente anche sugli schermi Rai.
Il personaggio di Preston, deciso e pragmatico al limite del cinismo era diventato ben presto uno dei beniamini del pubblico, ma per dissidi con la produzione nel corso della terza stagione (inedita in Italia) il suo ruolo era stato prima ridotto e poi totalmente cancellato dallo show). Inoltre l'attore nel corso dei tre anni di vita della serie si era progressivamente imbolsito diventando sempre meno credibile nel ruolo del prestante eroe.
Però a fine decennio il suo era ancora "un nome" spendibile e che poteva essere investito a livello internazionale.
E , negli anni 70 s cosa c'era di meglio a livello internazionale di un film italiano? Magari di un bell'horror?
Le cose però sarebbero andate in maniera leggermente diversa rispetto alle aspettative.
L'attore di Glasgow venne chiamato infatti da Lucio Fulci per un film entrato nella storia, ma che sin da subito subì diverse accuse di plagio da parte di Dario Argento e George A. Romero: Zombi 2.
Fulci, regista geniale ma dotato di un leggendario caratteraccio e di comportamenti ai limiti del sadismo, specie nei confronti delle attrici, non era certo una persona facile con cui lavorare.
In più si scontrarono due diversi modi di lavorare, due differenti maniera di intendere il professionismo.
Su Zombi 2 nacquero diverse leggende, numerosi gustosi aneddoti, molti dei quali raccontati dallo stesso divertito McCulloch.
Un primo segnale (ed anche un primo scontro ) arrivò nel momento dello sbarco in terra americana per girare alcune scene all'interno della città di New York. Ingenuamente McCulloch si recò negli uffici competenti per richiedere un permesso a fini lavorativi, ma, non solo gli venne risposto che non risultava a nessuno il fatto che si dovesse girare un film italiano in quei giorni a New York quanto subito dopo l'attore dovette sorbirsi le rimostranze di un arrabbiatissimo Fulci.
Infatti la quasi totalità delle scene girate nella Grande Mela, compresa quella famosissima del finale in cui gli zombi attraversano il Ponte di Brooklyn furono girate di nascosto, nelle ore dell'alba, senza chiedere nessun permesso.
In un altra scena, per salvare l'attrice Auretta Gay che, pur non sapendo nuotare, era stata costretta dal regista ad immergersi nelle acque dell'oceano l'attore britannico sbattè con la testa contro una bombola dell'ossigeno rimediando almeno quattordici punti di sutura mentre un sempre più nevrastenico regista sbraitava per via delle riprese rovinate.
Dopotutto il nervosismo di Lucio Fulci era anche parzialmente comprensibile, il regista romano proveniva da alcuni flop al botteghino, in più Fulci era giunto a questa regia solo dopo la rinuncia dell'amico Enzo G. Castellari. Quindi per lui Zombi 2 rappresentava l'occasione per il rilancio, la possibilità di poter riemergere, pur sapendo di poter contare solo un ridottissimo budget a disposizione.
Da quel giorno in poi però l'incolpevole Auretta Gay venne ribattezzata dal vendicativo regista con il soprannome l'avrebbe accompagnata per il resto della sua (breve ) carriera, e cioè "Caghetta Gay" !
Per quanto riguarda invece i rapporti tra Fulci e McCulloch, tutto sommato rimasero improntanti ad una sorta di "rispetto professionale", il film venne portato a termine e -polemiche a parte - divenne uno dei più famosi di Fulci.
Per quanto concerne Ian McCulloch, l'attore per un certo periodo, continuò ad orbitare nell'ambiente del Cinema Bis italico interpretando ancora un paio di horror (ricordo in particolare Zombi Holocaust girato da Marino Girolami e il Contamination di Luigi Cozzi, entrambi realizzati nel 1980) prima di tornare in patria.
Ancora oggi racconta con piacere la sua esperienza "italiana" e accetta con piacere le vesti di icona (sia pure per un breve periodo ) del nostro Cinema Bis.
Tuttavia rivedendo quel tipo di film che producevamo, gli attori europei che bazzicavano i nostri film e le coproduzioni tra nazioni che ne erano coinvolti e i vari generi e sottogeneri che venivano fuori, mi è sorto un leggerissimo dubbio: non è che eravamo più "in" Europa nel periodo compreso tra gli anni 50' e i 70's rispetto ad adesso?
E non è che forse c'era "più" Europa all'epoca ?
Io la risposta me la sono data.
E non mi è piaciuta.
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8 ore fa
12 commenti:
C'era anche molta più libertà artistica. La libertà di sperimentare nel cinema propria degli stati del blocco sovietico negli anni '70, noi oggi nella "democratica" Italia ce la sognamo.
@ Ivano Landi
Concordo ....e rimanendo nell' ambito italiano penso che ben difficilmente gente come Fulci e Petri riuscirebbero a fare i loro film nell' italietta di oggi.
I sopravvissuti! Ricordo vagamente ma ricordo.
Poi come dice Ivano è la libertà di espressione che è venuta a mancare. Anche la fsntasia direi. Tutti omologati ormai o quasi
Dal nostro cinema "di genere" hanno fatto man bassa fior di registi d'oltre oceano. Aaaaah post gustosissimo per golosoni del cinema. Alla grande Nick.
@ Patricia Moll
Purtroppo l'omologazione ha distrutto tante cose in Italia.
Per fortuna qualche segnale positivo, ultimamente , sta arrivando. Il caso di "Lo chiamavano Jeeg Robot" è esemplare. Certo è ancora troppo poco ma è un bel segnale.
@ massimiliano riccardi
Verissimo! Non è stato solo Tarantino, che peraltro non ha mai nascosto le sue influenze ed il suo amore per il Cinema di genere italiano, ma ce ne sono stati tantissimi di registi che si sono "ispirati" ai nostri film.
Ero troppo piccola all'epoca per ricordare questi artisti. Però la questione della maggiore libertà e della volontà di osare e dell'essere più internazionali, si avvertiva anche nella stessa programmazione televisiva, perfino nelle fasce dedicate ai bambini. E questo probabilmente fino agli anni '80 circa.
Magari non è un merito, ma è stato seguendo Tarantino che ho riscoperto una parte del nostro passato, certamente non troppo valorizzato nel tempo, anzi... pare quasi si voglia (far) dimenticare.
Secondo me si è pagato il prezzo dell'impossibilità di competere con le grandi produzioni americane. Girare un film horror o thriller a basso costo quando le major americane ci spendono sopra milioni di dollari diventa rischioso, tanto vale (dal punto di vista del produttore, sia chiaro) puntare sulla classica commediola che comporta meno rischi di fallimento, meno problematiche (non ci sono certo effetti speciali, truccatori, costumi da mostri et similia) e in molti casi costi addirittura più bassi. Naturalmente un film con Boldi o Pozzetto non può essere distrubuito all'estero, ed ecco che la provincializzazione del nostro cinema diventa endemica...
Splendida iniziativa per chi, come me, conosce poco il cinema nostrano dell'"epoca d'oro" ;-)
@ Glò
" pare quasi si voglia (far) dimenticare."
Ci hai azzeccato cara Glò, la sensazione è questa, per decenni, diciamo dagli anni '90 in poi c'è stato quasi un processo di "normalizzazione" e di appiattimento nel mondo della Cultura nostrana, da più parti è stato fatto di tutto per far credere alla gente che l'unico tipo di cinema e di letteratura "socialmente accettabile" fosse quella del realismo. O meglio di un finto realismo buonista, in cui dovevano sempre trionfare i buoni sentimenti, in cui i poliziotti erano tutti buoni ed onesti, il super prete della situazione- naturalmente santo ed onesto- risolveva ogni cosa facendo la morale alle persone. Ma se questo è successo è anche perché nel frattempo cambiava la Società.
La società degli anni 60/70 era estremamente imperfetta, fin troppo politicizzata per i miei gusti. Però era anche una società in cui si aveva ancora la voglia di indignarsi e di partecipare. E i film erano uno specchio esatto di quella società viva. Oggi invece pare che sia passata una sorta di melassa anestetizzante.
Purtroppo finché non si capirà che una grande cinematografia non è fatta solo dai Fellini e dai Visconti ma anche dai Bava, dai Fulci e dagli Elio Petri rimarremo nella melassa anestetizzante.
@ Ariano Geta
C'è stato anche questo, alla fine purtroppo è diventato una sorta di serpente che si morde la coda. Per fortuna ultimamente alcuni segnali buoni stanno arrivando, ancora piccoli ma è perlomeno un inizio.
@ Lucius Etruscus
In compenso però sei un grande esperto del Cinema americano, possiamo insegnarci reciprocamente qualcosa, credo. ;9
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