LA BESTIA UCCIDE A SANGUE FREDDO (1971).

La clinica psichiatrica del professor Osterman si è specializzata nelrecupero di donne affette da disturbi della sfera comportamentale. Spesso però diventa anche un comodo modo da parte di mariti e famililiari per liberarsi di mogli troppo ingombranti o indipendenti. La ricca Cheryl Hume, una delle pazienti ricoverate comincia a subire, ricambiata, una forte attrazione per uno dei medici che la ha in cura. I fragili equilibri del luogo però vengono ben presto infranti da una serie di brutali omicidi. Tutti possono trasformarsi in vittime, tutti possono diventare dei sospettati.

 Quando ti rendi conto che l'eroe positivo di questa storia sarà quella inquietante faccia da schiaffi di Klaus Kinski ti viene il dubbio che in questo film ci sia qualcosa che non vada per il verso giusto.

Eroe positivo ma anche romantico, visto che che il  personaggio da lui intepretato, il dottor Francis Klay (e qui apro e chiudo una parentesi: un giorno o l'altro qualcuno dovrebbe realizzare un intero articolo sui nomi utilizzati dall'attore nelle sue pellicole) è anche protagonista di una semi-casta e quasi platonica storia d'amore con una delle donne ospiti della struttura.

Non che di romantico ci sia molto altro: la Bestia uccide a Sangue Freddo è tutto fuorchè una storia d'amore. Il film è anzi un concentrato, anzi un frullato di sadismo, morti violente, corpi femminili nudi, sangue e deviazioni sessuali. 

O meglio, di quelle che all'epoca la società del tempo considerava come deviazioni, dato che molte delle ospiti della Clinica in questione, oggi sarebbero (giustamente aggiungerei io)considerate solo come delle persone in cerca di poter vivere liberamente e naturalemtne la loro indipendenza e sessualità (scoperta della dimensione omosessuale compresa)

Girato nel 1971, per la regia, soggetto e sceneggiatura di Fernando Di Leo (1932-2003) il film rappresenta al contempo quanto di meglio e di peggio sia stato in grado di realizzare l'italico  Cinema bis, lo stesso regista, non sempre apprezzato quanto avrebbe meritato  e a lungo caduto nel dimenticatoio solo in anni recenti è stato oggetto di riscoperta e di rivalutazione, arrivando al punto di essere considerato oggi com eoggi uno dei migliori registi di thriller e noir della sua generazione. In questo caso specifico, Di Leo porta alle estreme conseguenze la cattiveria e le torture già mostrate dai vari Bava; Fulci o dal nascente filone Argentiano amplificandole al massimo livello. In questo film, le vittime sopratutto quelle di sesso femminile, muioiono molto e male. 

Altra idea ripresa dal thriller italiano è quella dell'assassino mascherato pronto a ricorrere quasi esclusivamente all'arma bianca per i suoi sempre più fantasiosi delitti. Cose non nuove, certo, già viste decine e decine di volte, a partire dal capostipite Sei Donne per l'Assassino, un prodotto derivativo quindi, non orginale, che ai suoi tempi scatenò anche tutta una serie di pruderie a causa dei numerosi nudi e delle violenze attuate. Visto con gli occhi di oggi la pellicola acquista un fascino forse malsano ma che va visto come testimonianza di un periodo che fu del nostro Cinema. Attenzione, non sto facendo rimostranze su quanto si stesse meglio in passato, non è mia intenzione, ma è secondo me un dato di fatto che oggi come oggi un film come La Bestia uccide a Sangue Freddo non si potrebbe più realizzare.

Non in quel modo, non con quella trama, non con quel'insistere su determinati dettagli.

Sempre come testimonianza di un'epoca che fu bisogna aggiungere che il comparto femminile del cast, quello che i critici bravi denominerebbero come "il gineceo",  presenta diversi tra i volti e le presenze più rappresentative del momento.  La co-protagonista della pellicola Cheryl Hume è interpretata dalla starlette britannica Margaret Lee, ex socia di Johnny Dorelli negli scetch televisivi su Dorellik e presenza costante di tanti Franco & Ciccio, in questo caso il suo però è un ruolo drammatico che più drammatico non si può. Un certo spazio se lo ritaglia anche la nostrana Rosalba Neri, una delle regine dei b-movie italiani: sguardo da sfinge, fascino irregolare ed atipico ed una fisicità talmente perfetta da risultare elegante perfino nelle scene e nelle situazioni più discinte. 

Quella che invece appare monocorde e a tratti perfino svogliata è proprio la performance dello stesso Kinski, qui il grande attore tedesco adotta una recitazione ridotta al minimo sindacale, limitandosi a dotare il suo personaggio di alcuni tic nervosi come i frequenti mal di testa. per il resto pare agirarsi per buona parte della storia tra gli scenari e le strutture dell'isolata magione di campagna ( la location scelta fu infatti il Castello Chigi a Castel Fusano) lontana da tutto e da tutti quasi come se non si rendesse conto nemmeno di dove si stia trovando e di cosa stia facendo. Certo, trattandosi di Klaus Kinski basta poco per rendere interessante e per giustificare la sua presenza sullo schermo, anche quei pochi guizzi, quelle estemporanee soluzioni che ogni tanto si ricorda di elargire.

Aristide Massaccesi, un altro dei grandi registi del Cinema bis (meglio conosciuto anche come Joe D'Amato) in una vecchia intervista, interrogato a proposito dello stesso Kinski, col quale ebbe modo di lavorare in un paio di occasioni, lo definì -forse in maniera scherzosa ma senza mezzi termini- come "un grandissimo marchettaro", uno che per soldi avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi tipo di film (ed in certo senso è vero, l'intera cinematografia di Klaus Kinski sta lì a dimostrarlo). Ma nonostante questo (o forse proprio grazie a questo) si trattava comunque di un attore che finiva per dare sempre quel qualcosa in più, quella genialità che la maggior parte degli altri attori riuscivano solo a sognarsela.

Ed effettivamente capitano quei due o tre momenti durante i quali l'attore tedesco (ma di origini polacche) abbandona i suoi atteggiamenti svogliati e si ricorda della sua bravura concendendo così  un paio di zampate, piccole, disperse nel corso del timing ma le concede, anche se i ritmi volutamente lenti impostati da Di Leo all'inizio più di tanto non aiutano.

Ma di Klaus Kinski quello che si ricordano oggi più che le interpretazioni sono gli atteggiamenti sregolati e i colpi di testa sul lavoro come nella vita privata e questo spesso ha fatto in modo che le sue doti artistiche passassero in secondo piano.

Fernando Di Leo.
  

A questo punto mi tocca aprire una seconda e non preventivata parentesi: in rete ho trovato molto meno testimonianze sui film interpretati da Kinski di quante ne immaginavo,  certo sui vari blog e siti si possono recuperare delle recensioni sui film più importanti ai quali l'attore tedesco aveva partecipato, ma la stragrande maggioranza delle testimonianze si possono reperire ancora in cartaceo. Su riviste come quella Nocturno Cinema che spesso celebro, ovviamente, ma anche su pubblicazioni scomparse e dimenticate da tempo come Cine 70 e Dintorni o Horror Mania. Tra le pagine di tutte questi titoli è facile trovare all'interno dello stesso numero sia ricordi di registi come Giuliano Carnimeo che ne celebrava la grande disciplina, il mestiere, il mettersi a disposizione del film e del suo talento, sia testimonianze di colleghi, registi o aiuto registi come Mario Bianchi ne ricordavano l'estrema disobedienza e gli atti di insubordinazione ma anche di una continua mancanza di rispetto nei confronti di quelle maestranze italiane e spagnole con le quali spesso lavorava.  Quello che ne esce fuori è il ritratto di un irregolare, di un Giano Bifronte, che reagiva in maniera diversa in base al momento, al suo stato d'animo ed anche a come si presentavano le persone con le quali lavorava. Proprio un regista spagnolo con quale Kinski lavorò spesso  e con cui ebbe sempre un rapporto splendido, il mitico Jesus Franco, altro grandissimo irregolare dello schermo attribuì gli atteggiamenti dell'attore tedesco ad una specie di ribellione- a volte voluto a volte inconscio- verso un sistema di lavoro che non sempre rispettava le individualità personali e le inclinazioni dei vari interpreti. Va detto anche che buona parte dei lavori del "nostro" spesso -per tornare alle dichiarazioni di Massaccesi- nascevano da proposte estemporanee, con Kinski che ritagliava due o tre giorni del suo tempo per girare poche scene, un poco come avvenne nel tardo western Un Genio, due Compari, un Pollo del 1975 con protagonista Terence Hill, il film che rappresentò il testamento tombale dello spaghetti western, dove l'attore nord europeo appare per un breve frammento salvo poi scomparire da un momento all'altro. Questo però non era l'eccezione ma una sorta di regola del (chiamiamolo Cinema di Genere, Cinema Bis o Exploitation) settore, anche preso nella sua dimensione internazionale. Tanto per fare un esempio, quando nel 1963 il regista Roger Corman alle prese con la regia de La Vergine di Cera si trovò con l'esigenza di fare "metraggio" per avere una durata decente per la sua pellicola,  come soluzione non trovò di meglio che sfruttare un vecchio accordo con Boris Karloff facendolo lavorare come un dannato per soli due giorni (le rimanenze di quel vecchio contratto) e poi costruendo attorno alle sue scene un intero film con Dick Miller ed un giovanissimo Jack Nicholson.

Pratica comune quindi, anche se Klaus Kinski la portò alle estreme conseguenze, segnale non solo di una continua necessità economica ma di un disordine umano difficile da analizzare.

Disordine che si ripercosse anche nel privato: a lungo prima della sua morte, avvenuta nel 1991 in California, nella natia Germania si vociferò e discusse sul complicato rapporto che ebbe con le figlie. Una di loro: Nastassja (che ha lavorato spesso anche da noi) non si presentò nemmeno al funerale del padre, un'altra Pola lo accusò di violenze sessuali in una controversa biografia, quello che è certo è che qui stiamo parlando di un uomo che è ancora ben difficile inquadrare, un discorso tra colpevolisti ed innocentisti che è ben lungi dall'essersi concluso e che dimostra come ci sia ancora curiosità ed interesse nei confronti di un uomo e di un attore di talento ma molto molto problematico.

Quello che è certo è che, nonostante tutto, fu un attore amato, un nome richiesto e che lavorò molto.

Torniamo al film in questione.

Quello che ne esce fuori de La Bestia uccide a Sangue Freddo è quella di un bizzarro e non sempre riuscitissimo ibrido, a mezza strada tra il noir psicologico e il cinema gotico, al quale per non farsi mancare niente, abbiano poi aggiunto diversi momenti erotici e lo splatter che tanto cominciava ad andare di moda. indicativo in questo senso è il titolo internazionale dato alla pellicola e cioè: Slaughter Hotel. 

Onestamente Fernando Di Leo era in grado di fare molto di più e di meglio, ed infatti pare che non fosse molto soddisfatto di questo suo lavoro. Tanto per dirne una: una clinica specializzata in malattie mentali dove però risulta facilissimo trovare armi ed armature medievali in bella vista, un po come regalare fucili  ai clienti all'interno di una banca.

Tuttavia a distanza di anni possiamo dire di trovarci davanti ad un film imperfetto, non riuscito, ma con un suo perché, uno di quei guilty pleasure, che noi appassionati amiamo tanto concederci.

12 commenti:

MAX ha detto...

Avevo già sentito parlare del carattere difficile di Kinsky , dei suoi capricci forse qua da te in passato.
Non conoscevo il film , sembra interessante.
Come molto interessante e coinvolgente questo articolo anche per chi non è appassionato del genere.
Ciao

Nick Parisi. ha detto...

@ MAX
Su Kinski ne ho sentite veramente di tutti i colori...a questo punto sarei curioso di sapere l'opinione di tutti voi. Il film in questione è un frullatore di nudi e violenze, però si fa guardare. :)

Pietro Sabatelli ha detto...

Sembra un fusione di Una lucertola con la pelle di donna e Tutti i colori del buio, e per questo abbastanza interessante per me, e poi m'interessa anche scoprire Kinsky, perciò vedremo un po' ;)

Nick Parisi. ha detto...

@ Pietro Sabatelli
Il paragone è calzantissimo, anche perché stiamo parlando di un film uscito proprio nel periodo dell'esplosione del thriller argentino quindi trame e stili erano più o meno sempre quelli.
Kinski ha fatto di tutto al cinema anche film inguardabili così come veri capolavori...alle volte ci si perde all'interno delle liste dei suoi lavori.
Buona caccia quindi sono curioso di vedere i risultati della tu riceva.

Mariella ha detto...

Non ho una grande passione per Kinski (ti confesso che da bambina mi spaventava) ma la tua recensione è talmente intrigante che cercherò il film sulle piattaforme tv a cui sono abbonata! Ha tutto lo splatter che fa per me😉 come sempre, ottimo lavoro amico mio💙

Ariano Geta ha detto...

Kinski è probabilmente l'unico attore in grado di rendere interessante un film solo con la sua presenza. Sul fatto che a volte apparisse svogliato, altre volte sin troppo ispirato, e che abbia avuto una vita privata turbolenta a dir poco, beh, ci sono personaggi pubblici molto più rassicuranti di lui, all'apparenza, che invece hanno fatto di peggio.

Nick Parisi. ha detto...

@ Mariella
Qui di splatter c'è n'è a bizzeffe....anche di situazioni morbose che oggi farebbero tuonare la Boldrini a reti unificate sul mancato rispetto delle donne. 😉 È un dato di fatto che qui i personaggi femminili muoiano spesso e male, lo splatter non manca di certo in questo film.
Kinski da piccolo spaventava anche me. Oggi m' incuriosisce: penso che avesse un grande talento, spesso utilizzato male ma che come persona avesse diversi demoni interiori. Certo è che ha lasciato il segno nella storia del cinema mondiale.
Ciao.

Nick Parisi. ha detto...

@ Ariano Greta
Ah su questo punto concordo in pieno! Kinski lo ricordiamo di più rispetto a tanti altri perché nella sua vita ha fatto di tutto ed ha lavorato un po' con tutti: da Herzog a Leone, fino a Jess Franco. Ha girato western, horror, science fiction...ha lavorato in capolavori assoluti come pure immense schifezze. Il suo carattere è un bonus che arricchisce le leggende sul cinema del passato.

Obsidian M ha detto...

Kinski è un guilty pleasure che mi cattura sempre volentieri, anche se ormai ho capito che quasi tutti film dove lui recita sono delle boiate atomiche. Questo film di cui parli non lo ricordo ma alla mia età comincio a confondere tutto....

Nick Parisi. ha detto...

@ Kinski
Anche questo ha tanti difetti, però a differenza di molte altre pellicole qui perlomeno Kinski non fa una parte minore, ma ne è protagonista completo, poi il fatto che interpreti un personaggio tutto sommato positivo è una discreta differenza rispetto a tanti altri.

Belushi ha detto...

Un grande saluto prima di tutto Nick. Sono Belushi, sotto un altro account, di solito passo a Natale, ma anticipo la visita per augurarti una buona notte d'ognissanti, anche se un po' in ritardo. Fa piacere ritornare a leggere di Cinema Bis, e soprattutto di questo titolo, il film forse "meno controllato", se così si può dire, dell'amato Di Leo. Kinski è una garanzia di delirio assoluto, un grande marchettaro capace di ogni cosa, vedi il gustoso resoconto della sua avventure presso l'Empire si Charles Band, documentata da David Schmoeller in "Please Kill Mr.Kinski", sul set di "Crawlspace". Un grande saluto ancora, a risentirci presto, visto che, purtroppo, sono ritornato a scrivere stupidaggini.

Nick Parisi. ha detto...

@ Belushi
Ciao Mitico! Come va? Mi eri mancato! Guardare Kinski è un guilty pleasure assoluto, mi ha sempre colpito la discrasia tra il talento enorme che aveva e che spesso svendeva per soldi e il fatto che alla fine fosse un uomo davvero riprovevole. Nell'horror come nello spaghetti western ha dato sia il suo meglio che il suo peggio. Penso che ci tornerò ancora a parlare del grande tedesco. Ci vediamo presto vengo a trovarti.

Ricordando il passato

Ricordando il passato
 
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